Arte relazionale

Già all’entrata ti accorgi che c’è qualcosa di strano: un essere, difficilmente identificabile come sesso e come età (indossa infatti un’orribile maschera con denti serrati, digrignanti e indefinibili larghi vestiti) ti “porge” un volantino… o meglio, vorrebbe, forse… trema tutto, ha paura. Si avvicina, ma poi sembra arretrare, col braccio rigido e trattenuto; gli devi quasi strappare dalle dita quel pezzo di carta tremolante e stropicciato che reca la scritta “Fuori i buh !”.
Il luogo è quasi spettrale, era una scuola parrocchiale, poi un cinema occupato, ora assegnato a un centro culturale ritrovo per giovani con musica e iniziative varie. Alcuni chiacchierano all’esterno, sulle scale o davanti ai bagni cadenti. La luce è bassa e fredda. Leggo che vi sono tre sale nella installazione artistica, ecco la prima… suoni spettrali e latrati di cani guidano verso l’unica luce che proviene da schermi nei quali le immagini danno corpo ai suoni. Denti affilati e fauci aperte, occhi iniettati di sangue di bestie incattivite che continuano e continuano a ringhiare e abbaiare, e sembrano fissarti minacciose; ti aspetti che accada qualcosa e invece niente. Non vedi l’ora di uscire e passi all’altra sala. Anzi ci sei quasi spinto e trascinato. Qui alcune persone, che indossano una maschera identica a quella del tipo dell’ingresso, ti prendono e, fissandoti in modo che non ammette repliche, ti mettono in mano un fucile e ti “invitano” a girarti. Sei ora parte di un improvvisato plotone. Si accendono dei fari che illuminano un muro crivellato di colpi e vi sono delle sagome in cui intravedi uno sguardo vuoto. Sono specchi a forma umana e… in quella forma sei riflesso tu. Una raffica esplode e il fucile che hai tra le mani trema violentemente. Si fa buio. Improvvisamente e tu sei fuori di lì.
Un video in animazione in una sala di gente che non osa e non può parlare a causa della forte musica, descrive una situazione in cui due persone mangiano in una casa con un’unica finestra, bloccata da inferriate, che affaccia sul buio… mentre una televisione trasmette immagini inquietanti e i commensali mangiano senza gusto con fauci simili a quelle dei cani. Questo mentre, a un certo punto, il tavolo e il pavimento e la casa stessa viene inghiottita dal vuoto.
Questa era la terza sala e l’installazione di arte relazionale dal titolo “Fuori i buh” ora è finita ma, se vuoi, la puoi ripercorrere, studiare, puoi meditare sul tema della paura. Gli autori vorrebbero che questo potesse rappresentare anche una forma di cura per combatterla, per esorcizzarla, evitarla.
Allo stesso modo in cui puoi rivedere un quadro, o un film, una statua o uno spettacolo teatrale. Solo che qui non sei solo. Hai partecipato a un evento con altre persone a cui sei stato legato, in modo violento forse traumatico o involontario, ma, in qualche modo, relazionandoti con loro: con le vittime e con i carnefici... con coloro che ti hanno accompagnato perché, pensandoci bene, se un colpevole esisteva o se una vittima c’era, quella eri tu. Quindi relazionandoti anche con te stesso.
Non ho capito subito il valore di questo evento. Chiacchierando con l’amica che organizza queste cose, tale Lorena Benatti, che mi chiedeva cosa ne pensavo io, a un certo punto, mi sono lanciato a proporle di mettere i filmati sul web per promuovere un po’ questi eventi. E la risposta mi ha indotto ancor più a meditare: “Sai, non è che gli artisti ci tengano molto a diffondere i filmati, perché poi potrebbero non venderli”. Perché, li vendono? A che prezzo e a chi ?! Chi si vorrebbe mettere in casa un video inquietante, di pochi minuti… e per farci che? Non avevo, lì per lì, afferrato il valore, e ci sto ancora pensando, ma ora mi è chiaro il metodo. Che è poi lo stesso che pervade il tempo in cui viviamo e che da molto sto studiando, perché mi interessa il modo di comunicare sui nuovi media. Ma prima descrivo solo brevemente il secondo evento di Arte relazionale a cui sono stato invitato da Lorena. Il titolo questa volta era “Le tre scimmiette”. Tema i sensi; più esattamente l’udito e la vista… e la parola: non vedo non sento non parlo. In questa installazione, ancora in tre stanze della stessa ex scuola parrocchiale, tre rappresentazioni apparentemente assurde e impossibili: un balletto al buio; una poesia muta – recitata da un’attrice sordo-muta – e… una commedia drammatica recitata… in silenzio. Non voglio spiegare meglio di cosa si tratta, basti per ora solo questo, con l’invito a scoprirlo da soli. Domani per l’appunto ci sarà una terza serata (purtroppo in un’altra sede perché, nel frattempo, il centro culturale che ha ospitato le prime due è stato chiuso: vendeva, sembra, bibite senza permesso… cosa molto grave. Così hanno messo i sigilli). Comunque quello che ho visto è abbastanza per convincermi che si tratta evidentemente e senza mezzi termini di una vera avanguardia artistica. Di un movimento che supera l’opera in sé per allargarsi allo spazio e al tempo in cui viene rappresentato. E soprattutto alle persone.
Cos’è arte ? Quando… un’opera, un pezzo di musica, un disegno o un atto diviene Arte? Non l’avevo capito prima ma, lo ripeto: questa è arte! Una corrente, un’avanguardia, chiamatela come volete… è arte di relazione. Condividere oggi è la parola magica. La cosa più alla moda e sfruttata, sia dalle nuove generazioni che – e qui si deve sfatare questo luogo comune – anche dai più grandi (io sono tra quelli) è il social network . Facebook ad esempio, che occupa ormai tutti i notiziari, citato troppo spesso in modo negativo, per i tam-tam di feste incontrollate o per alcuni gruppi degenerati che incitano alla violenza. Ma questo è solo un aspetto marginale che non gli rende giustizia. La verità è che, grazie a questo mezzo, si trovano moltissime persone (quelle che vogliono farsi trovare) di cui si erano perse le tracce; di cui si erano dimenticati i numeri, i riferimenti, i contatti: persi nel tempo o nello spazio. Qui – nel web – rivedi le persone in viso. Trovi vecchi alunni o compagni di scuola, ne vedi i figli, nati nel frattempo, riesci a capire come se la passano. È uno strumento di comunicazione stupefacente a portata di ognuno senza spendere nulla. E si aggiunge ad altri che si chiamano forum, blog, messanger, groups, you tube, wikipedia, maps, delicious, twitter … Ecco, questo rende l’idea di che cosa stia attraversando oggi, ogni settore della società. È la rivoluzione della comunicazione più volte annunciata e anche l’arte ne è toccata: è mutata e sta evolvendo. Qui e altrove: nei programmi di intrattenimento che non sono più solo svago, nei programmi di salvaguardia che non sono più (se mai lo sono stati) disgiunti dalla valorizzazione, soprattutto di tutto ciò che fa parte del patrimonio pubblico: dell’informazione, del territorio, dell’arte, dello spettacolo, della cultura materiale… della televisione.
Si deve cavalcare il nuovo che avanza e inventare innovativi modi di impegnare (impegnare badate bene, non intrattenere o distrarre) il pubblico.
Si deve cavalcare il nuovo che avanza e inventare innovativi modi di impegnare (impegnare badate bene, non intrattenere o distrarre) il pubblico.
Lo chiamano web.2. In USA grazie al web si è affermato il nuovo Presidente che fa sperare il Mondo. Cosa possiamo e dobbiamo aspettarci dal web.2?
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