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A "Che tempo che fa" il Prof. Duccio Troller sull’orlo di una crisi di nervi

Il personaggio di Antonio Albanese in Che tempo che fa.

A "Che tempo che fa" il Prof. Duccio Troller sull'orlo di una crisi di nervi

Il nostro professore Duccio Troller si materializza sul palco dotato di un’andatura particolare, a glutei contratti, che gli permette di preservare il suo posteriore dalla ”intrusione” delle circolari ministeriali. In soli dieci minuti di dialogo surreale con il conduttore Fazio nel programma televisivo Che tempo che fa (Rai3), Antonio Albanese regala agli spettatori un’idea allucinata, deformata ma vera della scuola italiana.
 
Una scuola da “quarto mondo”, in cui è necessario conservare i gessetti nelle narici per non farseli fregare, in cui sporadicamente torna la corrente elettrica, classi da 37 alunni abituati a fare l’appello e lezione in piedi, mentre i genitori hanno il triste compito di comprare la carta igienica per i bisogni dei propri figli. Il grottesco insegnante In preda ad una serie indeterminata di tic nervosi, sintomi dei suoi problemi esistenziali ed economici (è costretto a vendere un rene per pagare i debiti con la badante del padre) racconta i suoi colloqui con i genitori o gli esami di fine anno della scuola media “Giosuè Carducci”.
 
Gli pseudo-dialoghi, più vicini a monologhi schizofrenici, partono con un tono di voce calmo e rilassato per poi concludersi in un parossismo da crisi nervosa incontrollata. Il personaggio, magistralmente delineato da Albanese, con le sue manie di persecuzione è stretto tra gli attacchi di tutti i componenti del mondo scolastico e non, essi lo aspettano al varco per distruggerlo.
 
Dalle storie del beckettiano Troller emerge un affresco infernale di ingiustizie: alunni ignoranti e banali promossi per evitare ricorsi delle famiglie sempre schierate in difesa del loro figlio, e al contrario studenti intelligenti e perfetti bocciati solamente per “sentirsi vivi”. Pur di salvare sé stesso, Troller è ben felice di ottenere una vigliacca rivincita sull’anello più debole: l’alunno o il genitore mite e quindi facilmente ricattabile. Il gergo “didattichese” usato dal prof è effettivamente quello dei verbali dei consigli di classe e dei giudizi di fine anno, che l’attore evidentemente conosce benissimo. Frasi frequenti come: ”l’alunno riesce ad orientarsi nel colloquio solo se guidato“ sono forma burocratica senza contenuti, formule incantatorie per ipnotizzare il pensiero critico.
 
L’intelligenza comica di Albanese osserva tutti senza pietà. Nel suo sguardo non c’è un accenno di assoluzione per nessuno: dirigenti di ogni livello, bidelli e insegnanti, genitori e alunni, tutti accomunati dallo stesso deserto umano e culturale. Uno squallore simile al trash tele-politico e sociale oggi prevalente. La scuola è solo una manifestazione parziale di un Tutto in decomposizione.
 
Al termine di ogni apparizione televisiva Troller esplode in un furore oltraggioso, per un momento si libera dall’atteggiamento compunto dell’insegnante frustrato vomitando rancore e sincerità contro l’orrore della macchina-scuola. Gli spettatori si aspettano che Duccio possa ribellarsi con dignità… ma è un’illusione. Il Prof. si ricompone chiedendo scusa a tutti, pure alle mattonelle del pavimento, pronto a ricominciare il suo sporco gioco al primo squillo di campanella.
 
Nel lucido racconto di Albanese, la tragicommedia della scuola aprirà il suo sipario ogni giorno, travolgendo generazioni di italiani, trascinandoli in un gigantesco gorgo da cui nessuno o per complicità diretta o per quieto vivere emergerà incolpevole o assolto. Non ci pare che ci sia una via di scampo neppure per il nostro Duccio.

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