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23 Maggio 1992: Falcone non ti dimenticheremo mai!

Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola. Giovanni Falcone

Il 18 maggio 1939 doveva essere proprio una bella giornata. Una di quelle giornate in cui nascono le speranze: è raro che accada, ma quel giorno è avvenuto così. Purtroppo le speranze non durano in eterno e le puoi ritrovare a fianco di un’autostrada smembrata. E’ successo così a Giovanni Falcone, il 23 maggio 1992. Un magistrato, un uomo, la speranza di questo paese. In un attimo svanito tutto ed è bastato premere un bottone. Dopo la creazione del pool antimafia, insieme a Paolo Borsellino, Falcone e i suoi collaboratori portarono avanti il lavoro di Chinnici istaurando il processo per mafia più importante della storia. Dal canto suo la “montagna di merda” (cit. Peppino Impastato), cercava di creare il vuoto attorno ai giudici del tribunale, tanto che Falcone e Borsellino dovettero ritirarsi all’Asinara per completare l’istruttoria. In quell’evento si vide il senso di giustizia che ha sempre avuto lo stato: infatti i due magistrati dovettero pagare di tasca loro il soggiorno.

Ma il 16 novembre 1987 diventa una data storica e insieme un momento fondamentale per il Paese, che per la prima volta inchioda la mafia traducendola alla Giustizia. Il Maxiprocesso sentenzia 360 condanne per complessivi 2665 anni di carcere segnando un grande successo per il lavoro svolto da tutto il pool antimafia. Poi un bel giorno arrivò un grande signore, Antonino Meli, che pensò bene di smantellare il pool antimafia. Il 21 giugno 1989, i sicari di Salvatore Riina misero un borsone contenente esplosivo, nella spiaggia antistante la villa di Falcone. L’attentato, però, fallì.
"Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere."
 
Il 23 maggio 1992 lo sappiamo benissimo cosa successe. La speranza venne eliminata. Giovanni Falcone, transitando sull’autostrada all’altezza dello svincolo di Capaci, venne fatto esplodere con 500 kg di tritolo. In un attimo svanì tutto: i sogni, la speranza, la giustizia e poi lui, un eroe, un uomo, Giovanni Falcone. Lasciato solo dallo stato in balia di quei mostri che governavano la Sicilia.
 
Con lui morirono anche sua moglie Francesca Morvillo, anch’ella magistrato, e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Di Cillo,Antonio Montinaro.
 
Due giorni dopo, mentre a Roma viene eletto Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, a Palermo si svolgono i funerali delle vittime ai quali partecipa l’intera città, assieme a colleghi e familiari e personalità come Giuseppe Ayala e Tano Grasso. I più alti rappresentanti del mondo politico, come Giovanni Spadolini, Claudio Martelli, Vincenzo Scotti, Giovanni Galloni, vengono duramente contestati dalla cittadinanza, che improvvisamente si era svegliata.

"Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana". (J.F.Kennedy)
 
Onore a lui e ai suoi veri collaboratori. Non finiremo mai di ringraziarlo.
Guai a chi dice che Falcone era un servitore dello stato, lui non era un mafioso!
 
«Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini». cit. Giovanni Falcone

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