• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cultura > Giulio Cavalli, chi? Un giullare del ‘500 sul palco del Napoli Teatro (...)

Giulio Cavalli, chi? Un giullare del ‘500 sul palco del Napoli Teatro Festival

Eppure mi sono fermato a guardarlo. A guardare questo giullare saltare da una parte all’altra del palco viene da pensare che qualcuno l’abbia sradicato al ‘500 per consegnarlo al XXI secolo.
 
Di Giulio mi colpiscono la sua vitalità, le sue grida (o le sue telefonate) alle 7 del mattino. Mi colpiscono i suoi occhi blu, che a volte si circondano di rosso quando il fumo delle mille sigarette di seguito diventa una nebbia densa. Le rulla veloci, in serie, una dietro l’altra mentre la sua mente assembla ricordi e li trasforma in testi.
 
Vederlo su un palco a Napoli mi ha fatto male. Come fanno male i giullari che ci pongono davanti i nostri limiti. Le sue parole sulla monnezza, le righe in cui Vassallo spiega agli inquirenti il ciclo di smaltimento illegale dei rifiuti escono dalla sua bocca con la semplicità con cui si raccontano le fiabe ai bambini. Grida che il re è nudo mentre un sorriso si spande sul suo volto e fissa il pubblico che rimane inchiodato alle proprie responsabilità.
 
Ha gridato nel cuore della capitale del sud. Ha guardato i cittadini e ha ricordato che l’emergenza rifiuti non è finita, che la monnezza che ricopriva la città è stata nascosta sotto un fazzoletto, che l’incidenza dei tumori continua a crescere e che la camorra continua a fare affari.
 
Mai uguale a sé stesso racconta, di volta in volta, storie nuove, deride chi si riempie il petto tronfio del proprio potere. Ha paura ma non ha paura di avere paura. La sua forza risiede qui, in questa intollerabile libertà che lo avvolge. La libertà di dire ciò che pensa, la libertà di deridere mafiosi e camorristi a casa loro. Di parlare da sotto il loro balcone e di ricordargli l’orrore che hanno seminato, come ha fatto a Torino, sotto il balcone dei Belfiore, ricordandogli dell’omicidio del giudice Caccia… Ma questa è un’altra storia…
 
L’apocalisse rimandata è stata un’ora e venti di spettacolo in cui si è come una nave nel mezzo di una tempesta, sbattuti tra toni ascendenti, smorfie e pensieri. E’ stato come entrare in un tourbillon di emozioni, in cui sembra che non ci sia un filo conduttore, invece è tutto lì, chiaro, davanti i nostri occhi. Si chiama futuro, si chiama voglia di un paese “normale”. 
 
Giulio Cavalli è un giullare del ‘500 ma i giullari non vivono sotto scorta, non sono costretti ad avere tre agenti che li seguono ovunque. In un paese normale Giulio farebbe “teatro civile”, in Italia rischia la vita.

Commenti all'articolo

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares