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Informazione e conflitti d’interesse: il futuro di questo paese

A cosa serve la fine del Berlusconismo se l'informazione non torna a riscoprire il suo ruolo? Perché con il nuovo Governo la stampa ha rinunciato alla sua funzione watchdog del potere? Per il giornalista-giornalista non fa differenza quale Governo si trova davanti: per chi sceglie questo mestiere la prima cosa da fare è dismettere i panni del tifoso e indossare quelli del reporter.

 
 

Quando fu eletto Obama fui molto felice ma mentre mi addormentavo mi fermai a riflettere e capii che per continuare a fare bene il mio lavoro dovevo pensare che mi stavo addormentando con un principe ma mi sarei svegliato con un ranocchio.
 
 - Seymour Hersh, Perugia IJF 2009
 
 
LEGGI L'INCHIESTA: Monti, il governo dei conflitti d'interesse
 
 
In questi giorni fiumi di parole sono stati scritti sul neo Presidente del Consiglio e sui membri del Governo. Se credete che i neoministri siano stati passati ai raggi X dai mezzi d’informazione è lecito sapere che erano raggi quantomeno "difettosi", che non hanno saputo cogliere la complessità, ad esempio, dell’ampio conflitto d’interessi di Corrado Passera.
 
Come mai in pochi sono andati a scandagliare il passato dei nuovi ministri – mentre dei loro predecessori ci è stato raccontato tutto –? Come mai nessuno ha scoperto le partecipazioni del Ministro dello Sviluppo in aziende sanitarie?
 
In realtà proprio scorrendo i curricula del Governo ci rendiamo conto che la pervasività dei suoi membi e i legami con l’establishment economico–politico–editoriale ha creato una cortina. Ma il ruolo dell’informazione non deve essere quello di svelare i conflitti? Le battaglie contro questi conflitti d’interesse sono giuste sempre o sono anch’esse ad personam?
 
Credo che l’insegnamenteo di Seymour Hersh sia ancor più valido in un’Italia la cui l’informazione riproduce, troppo spesso, le dinamiche dello stadio. Prendere le distanze da questo modello, osservare e riportare i fatti in maniera asciutta può solo far del bene ai lettori e al nostro paese. Perché la fine del "berlusconismo" deve essere la fine dell’Italia dei talk show, in cui non vinceva chi dava l’informazione corretta ma chi gridava più forte. Un’Italia in cui, nello stesso programma, si potevano sentire tre dati differenti sulla crescita del PIL.

Perché non chiediamo correttezza? Perché non pretendiamo rigore? Perché l’informazione abiura il proprio ruolo di cane da guardia del potere?
 
Credo che se ciò avvenga è perché, in fondo, fa comodo. Chiedere rigore vuol dire essere rigorosi, chiudere un occhio vuol dire essersi "comprati" la possibilità che altrettanto venga fatto con noi stessi. Pretendere corretteza vuol dire essere corretti.
 
Tutto questo non è facile, tutto questo sarà utopico ma l’utopia è la linea d’orizzonte che una nazione, un popolo, deve avere. Finché resteremo schiacciati tra la logica del particulare italiano – al quale si è aggiunta l’immanenza del capitalismo – noi saremo sempre perdenti perché non riusciremo a guardare oltre il nostro oggi.
 
Questo paese ha bisogno di rigore e cittadinanza. Rigore nei comportamenti dei politici ma anche di chi dovrebbe informare su quest’ultimi. Il rigore di chi non guarda il politico come un principe ma come un rospo. Poiché se si sceglie questo mestiere – si badi bene, non ce l’ha prescritto il medico di essere giornalisti – la prima cosa da fare è dismettere i panni del tifoso e indossare quelli del reporter.
 
Per il giornalista–giornalista non dovrebbe esserci differenza tra un Presidente del Consiglio ed un altro perché non è un tifoso, ma un cronista che racconta e svela i segreti del « palazzo ».
 
Per il giornalista–giornalista il conflitto d’interessi di Passera - e degli altri ministri - va raccontato con la stessa perizia con la quale andava raccontato quello di Berlusconi.
 
L'Italia, oggi, ha bisogno di uno slancio culturale ancor prima che economico, e finché non ci libereremo dai legacci del provincialismo e del servilismo non ritroveremo la nostra grandezza.
 
 




LEGGI ANCHE: Dichiarazioni patrimoniali, quello che i ministri non dicono

 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.243) 23 novembre 2011 20:10

    Caro Francesco fareste meglio a sprecare un po di tempo e energie per aprire un dibattito sul perché l’Italia deve avere un livello di corruzione - ab origine - inferiore solo a quello greco o russo e come si può porre fine a ciò.Fare i giornalisti in Italia significa seguire uno schema fisso: quelli di estrema sinistra "abbaiano" contro il centro, la destra e la sinistra moderata, quelli di destra "abbaiano" contro ... quelli di centro "abbaiano contro ... quelli della sinistra moderata "abbaiano" contro ... Tutto questo abbaiare fa della nostra stampa la sessantacinquesima nella graduatoria sulla libertà di stampa nel mondo. Neanche voi sfuggite a questo schema.

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