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Rendimento protetto, investimento perfetto

Torna a fischiare sulle nostre teste il proiettile d'argento del rendimento garantito dallo stato per moltiplicare gli investimenti nell'economia "reale" del paese. Qualcuno ha detto azzardo morale?

L’Italia, come sappiamo, è un paese ricco di fonderie di proiettili d’argento. Quella soluzione miracolosa, in grado di sbloccare uno stallo e toglierci tutti dalle ambasce del vincolo di realtà. Questi proiettili d’argento sono spesso fusi da personaggi che ambiscono a diventare o ridiventare consiglieri del Principe (nel senso del potere politico). In tal modo, con un po’ di costanza e qualche evento pubblico, lo spin continua a spinnare e i deejay della miracolosa soluzione restano in pista.

DUE PROIETTILI D’ARGENTO O DUE ZOMBIE?

In economia sono soprattutto due, i maggiori proiettili d’argento fusi da oltre un quindicennio a questa parte. Uno è il contrasto d’interessi, per gli amici “facciamo come gli americani” o anche “scarichiamo tutto”, e l’altro la garanzia pubblica per spingere i timidi investimenti e i non meno timidi risparmiatori italiani, sempre più legati ai nostri patriottici titoli di stato.

Il contrasto d’interessi, in questo periodo, viene riproposto dal centro studi Itinerari previdenziali e dal suo fondatore, Alberto Brambilla, come pars construens di analisi del sistema previdenziale che paiono in complesso convincenti. Scusate, forse dovevo scrivere destruens, nel senso che la proposta di contrasto d’interessi arriva a buttare in vacca la pregevole analisi. Che peccato.

Riguardo invece alla garanzia pubblica sugli investimenti, meglio se quelli di fondi pensione e casse ordinistiche, si tratta di antica tradizione che rinverdisce a ogni “nuova” stagione della politica italiana. Spulciando l’archivio di Phastidio, ho trovato un riferimento nel lontano 2019, per opera dell’allora sottosegretario all’Economia, Pierpaolo Baretta (ve lo ricordate?).

Poi ci sono state le idee risolutive dell’altra grande problem solver di questo paese, spesso incompresa: Milena Gabanelli. I risparmiatori non investono perché hanno paura dell’incertezza, ma se mettiamo la garanzia statale accorreranno e gli investimenti esploderanno. Eh, che nostalgia.

Una nostalgia fortunatamente destinata a durare assai poco perché, come tutti i proiettili d’argento, che per qualche malpensante come il sottoscritto sono in realtà delle idee zombie in attesa di degna sepoltura, ecco che arriva qualche demiurgo a rivitalizzarle e rilanciarle.

D’altro canto, tale è l’amore dei nostri legislatori per la garanzia pubblica che, lo scorso anno, vi fu persino la proposta di indennizzare i sottoscrittori dei leggendari Pir che fossero malauguratamente incappati in perdite. C’è un bonus per ogni esigenza, come vedete.

L’altro giorno, sul Sole, in una intervista intitolata “È il momento di puntare sugli investimenti“, il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, a cui appartiene l’immortale massima “i soldi si prendono dove ci sono” tra le altre cose ha detto che bisogna coinvolgere tutto il risparmio degli italiani, non solo quello previdenziale:

Sarebbe utile, coinvolgendo le fondazioni e tutto il sistema bancario, un ragionamento che riguardi tutto il risparmio del Paese. E quindi mi chiedo se anziché ricorrere a una logica di privatizzazioni per fare cassa non sia il momento di pensare, anche in questo caso garantendo i rendimenti, a specifici veicoli finanziari per utilizzare tutto questo risparmio in funzione degli investimenti e dello sviluppo del Paese, invece di lasciare che le banche lo investano all’estero.

Ecco. Bisogna impedire che le banche portino il risparmio all’estero, come bisognava impedire che Air France portasse in Francia i turisti stranieri diretti in Italia. Avete notato quell’importante precisazione “garantendo i rendimenti”, che serve a scacciare il concetto assai capitalistico di “rischio” degli investimenti?

ARRIVA LA CDP, YAWN

Riecco lo zombie, pardon, il proiettile d’argento della garanzia pubblica sugli investimenti. La sua ultima incarnazione, alla quale Landini si riferisce esplicitamente nell’intervista, è quella disegnata ormai anni addietro dal presidente del fondo pensione di categoria dei metalmeccanici italiani, l’economista progressista Riccardo Realfonzo, posto in quel posto anche e soprattutto dalla grande fiducia che egli ispira alla Cgil, di cui coordina la “consulta economica nazionale”.

Pensate: sono già passati tre anni da quando mi sono occupato della proposta. Oggi ve la reitero, con enfasi operativa sulla “garanzia pubblica”. Leggiamo quindi direttamente dalla proposta di Realfonzo e del Fondo Cometa come realizzare questo “fondo per investimenti diretti con protezione del rendimento”.

Attivare una garanzia pubblica sugli investimenti alternativi illiquidi come private equityprivate debt e, addirittura, venture capital, quello posizionato al vertice della piramide rischio-rendimento. Vi faccio grazia del preambolo sulla fuga all’estero degli investimenti, che poi sarebbe il concetto di diversificazione, e arrivo subito al sodo: il veicolo pubblico, quello che garantisce i risparmiatori. In due modi:

Una prima soluzione consiste nell’istituzione di un fondo rotativo ad opera di CDP che a scadenza integrerebbe i rendimenti a favore dei fondi pensione in tutti i casi in cui essi fossero inferiori al valore soglia e che al contrario risulterebbe alimentato in tutte le circostanze in cui i rendimenti fossero superiori a tale valore. 

Il “valore soglia” potrebbe identificarsi, secondo il professor Realfonzo, nella remunerazione annua del trattamento di fine rapporto (Tfr), che è pari a 1,5 per cento più i tre quarti dell’inflazione. Un hurdle rate privo di senso, se applicato agli investimenti, perché negli anni di inflazione elevata tenderebbe (in modo involontariamente corretto) a concentrare l’attenzione su quelli a maggior rischio e negli anni di prezzi freddi tenderebbe a investire su tutto. Ripetete con me: un tasso-soglia pari al Tfr c’entra con la scelta degli investimenti come i cavoli a merenda.

A parte ciò, ecco in scena la solita Cassa Depositi e Prestiti. O meglio, una delle sue innumerevoli gemmazioni con le mani statutariamente più libere, come CDP Equity. Che fa, dunque, il nostro braccio pubblico? Destina dei soldi da un fondo per gli investimenti in “economia reale” italiani e, se quegli investimenti vanno male, cioè sotto il tasso-soglia, ci mette la differenza. Viceversa, se gli investimenti battono il tasso-soglia, CDP si intasca la differenza.

C’è un rischio di azzardo morale, in questo schema? Direi proprio di sì. Che parte dal filtro degli investimenti perseguibili, legato al tasso di rivalutazione del Tfr. Che -ohibò- non è strumento di selezione degli investimenti. Pensate a un caso di inflazione al 2 per cento, quindi a un tasso del Tfr pari a 3 per cento (1,5 più i tre quarti di 2). Pensate che valanga di “investimenti” nella leggendaria “economia reale” diverrebbero finanziabili, con l’asticella così bassa! Anche una startup di toelettatura per cani, che il mondo invidierebbe al genio italico e che l’ottusa avidità del settore privato, così ossessivamente focalizzato sul breve termine, ha ignominiosamente ignorato rifiutando il finanziamento.

Se gli investimenti andassero male, il fondo rotativo verrebbe prosciugato, e fine dei giochi. Se invece andassero bene, CDP incasserebbe la differenza che eccede il tasso del Tfr, eventualmente con una maggiorazione premio, e ricostituirebbe le munizioni. E i risparmiatori? A loro andrebbe il tasso del Tfr. Non pare un incentivo molto allettante rispetto a un investimento tradizionale di borsa, a occhio.

C’è anche una seconda opzione pubblica, che poi è una semplice variazione sul tema, e prevede di creare due classi di investitori, i fondi pensione e CDP:

La tutela degli investimenti della prima classe di investitori, i fondi pensione, prevederebbe che al momento della liquidazione finale, a scadenza dell’investimento, l’assegnazione a loro favore dipenderebbe dal valore del rendimento generato. L’assegnazione sarebbe pari al 100% dell’investimento effettuato e comunque fino al valore soglia definito nel caso di rendimenti negativi o comunque inferiori al valore soglia, evidentemente con minore rendimento per l’investitore della seconda classe (CDP); viceversa, in caso di rendimento superiore al valore soglia definito, l’assegnazione a favore dei fondi pensione sarebbe pari al capitale maggiorato sino al valore soglia più una percentuale dell’extrarendimento, con maggiore assegnazione, in questo caso, per l’investitore CDP. 

Stessa cosa: se va male, CDP si svena. Se va bene, i risparmiatori vedono solo il rendimento del Tfr con al più un piccolo premio. Pensate al florilegio di meravigliose idee di investimento da finanziare. Incluse quelle a cui è impossibile assegnare un rendimento atteso, come i cosiddetti investimenti sociali.

Il tutto partendo dalla premessa che i capitali privati non siano capaci di identificare un’opportunità d’investimento. Ma perché? Che domande: perché sono privati, soprattutto della capacità di discernimento che, invece, è tipica del pubblico. O no? Ah, no?

TRA AIUTO DI STATO E AZZARDO MORALE

Landini felice batte le mani: “prendiamo i soldi dove ci sono”, cioè dai risparmiatori italiani, e riaffermiamo il primato del pubblico, mettendo una garanzia di rendimento. Che servirebbe esattamente a castrare il potenziale di redditività dei progetti più rischiosi. Azzardo morale a parte, s’intende. E a parte anche la verosimile lunga lista di proposte d’investimento in aziende in crisi e decotte, quelle per le quali il sindacato decide che “c’è grossa domanda, se solo ci fossero gli investimenti”. Ecco, quelle. La cura a eclatanti casi di fallimento del mercato, come amano dire i nostri economisti progressisti.

E nessuno parli di aiuti di stato: il professor Realfonzo ha detto che il fondo rotativo è di “dimensione finita”, quindi sfuggirebbe alle censure europee. Non mi è chiara la logica: mettere a disposizione una data quantità di denaro pubblico per una garanzia rappresenta comunque un aiuto. Altrimenti sarebbe un po’ come una gravidanza in modica quantità. Ma io non sono un economista bensì solo un avido investitore privo di visione.

Piccolo diabolico particolare: se si investe in strumenti ad alto rischio, come private equity e venture capital, le brutte notizie (i dissesti) statisticamente arrivano prima di quelle buone (gli exploit), quindi la dotazione pubblica rischia di finire prima che la festa cominci. Se invece parliamo di credito, ad esempio con mini-bond, il processo è più semplice perché minore è la possibilità di fare credito a entità in dissesto.

Ma questi sono dettagli: l’importante è che il proiettile d’argento venga amorevolmente coltivato, e divenga un missile balistico. O magari ballistico. Quello che dimostrerà che lo stato finanziatore è l’unica salvezza per questi falliti capitalisti timorosi. E poi ci svegliammo tutti sudati.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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