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"Genova 01": una tragedia collettiva

Il sipario è aperto, non ci sono veli a coprire gli scarni fondali di un palcoscenico che lascia intravedere il retro di ciò che normalmente viene celato dietro le quinte. E' evidente insomma, anche ad un occhio inesperto, che in questa pièce non si ricorrerà a trucchi o artifici. Si comprende da subito la tensione e che quella che sta per essere agita sul palcoscenico del Cafaro di Latina è una storia vera. La storia raccontata dalle diverse voci di "Genova 01".

Genova 01, tratta dall’opera di Fausto Paravidino e sapientemente diretta da Stefano Furlan - cito le note di regia - "non vuole essere una ricostruzione fedele di quello che accadde in quei giorni, ma una cronaca dei fatti che tutti i protagonisti di Genova hanno potuto personalmente osservare, in un periodo di sospensione dei diritti umani".

Pochi elementi sulla scena a raccontare vicende che ancora oggi risultano poco chiare. Tre grandi contenitori di plastica a delimitare ogni volta luoghi diversi, luoghi più che fisici emotivi, nei quali lo spettatore viene trascinato quasi attonito, stordito dal riecheggiare delle urla delle vittime di quel massacro. I dimostranti, secondo alcuni, e secondo altri le forze dello stato. Il racconto non è asettico, il regista pare dare una sua visione personale di come si sono svolti quei fatti.

La prova attoriale è stata al di sopra delle aspettative e in scena Alessandra Gianolla, Lorenzo Scalia, Matteo Sacchi, Valentina D'Agostino, Sara Negrosini, Michela Sarno bravissima nei diversi ruoli che l’hanno vista protagonista: attrice, insegnante e ottima aiuto regista per questo spettacolo firmato naturalmente Latitudine Teatro. Il mio personale plauso oltre a lei va a Morris Sarra energico interprete dalla grande mimica facciale che ha saputo catturare col gesto fisico e con lo sguardo l'attenzione di tutti gli astanti. Più in generale da 10 e lode la prova corale che non solo ha convinto ma ha personalmente commosso. Uno spettacolo forte e denso non solo di emozioni ma di significato.

Tutti questi giovani ma bravi professionisti sono arrivati dritti come un pugno allo stomaco e veri così come lo sono stati quei tragici giorni di Genova che molti tendono a dimenticare come tante nefandezze che hanno contraddistinto alcuni passaggi della storia anche recente del nostro paese.

Tre giorni che questo spettacolo ha il pregio di ricordare, far risalire alla memoria che hanno portato dolore e causato la morte del giovane Carlo Giuliani.

Quei giorni, in cui le pareti che avevano accolto tanti studenti come quelle della scuola Diaz, si sono trasformati in trappola mortale per altrettanti giovani che lì volevano trovare un momento di dialogo e di confronto, giorni dove il luogo eletto per eccellenza della giustizia come può essere una caserma si trasforma nel luogo della follia come nel caso di Bolzaneto. Allora chiediamoci: uno spettacolo può destare le coscienze sopite e addormentate di un popolo stanco quale quello italiano? Io credo proprio di sì, il teatro molto spesso si spoglia di quella funzione più ludica e diventa luogo della riflessione dove la memoria dei fatti viene amplificata. Come in questo caso tanto dalle urla tanto dai silenzi assordanti.

Non ho difficoltà a riconoscere che domenica scorsa al Cafaro, la quarta parete invisibile che separa gli attori che sul palcoscenico animano la storia ed il pubblico che li sta a guardare, è stata abbattuta.

Non a caso infatti il regista Furlan decide di chiudere la messinscena con la recita di un passaggio di una tragedia di Euripide, affidata alla Sarno, perché attraverso il dolore più forte quello dell'omicidio di un innocente e attraverso la morte evocata, lo spettatore si avvia verso la catarsi cioè la purificazione dei sensi.

Così avveniva nell’antica Grecia, i fatti più efferati venivano proposti al pubblico all'interno degli agoni tragici, al fine di impressionare e fungere da monito a chi li guardava. Ecco che oggi come allora il teatro torna al centro della vita dell'uomo, perché è solo negli spazi deputati alla cultura che meglio di tutti si può riflettere su ciò che è accaduto per ricordare ma anche per non cadere negli stessi tragici errori. Merito va tributato alla rassegna "Lievito", promossa da Rinascita Civile in collaborazione con altre figure che stanno promuovendo la cultura qui a Latina come Gianluca Cassandra, Fabio D'Achille e Clemente Pernarella.

Nel finale la voce della Vanoni, ne "La storia siamo noi" sottolinea una volta di più l'intento come detto di scuotere e responsabilizzare gli individui chiamati ognuno a fare la propria parte e a dare un contributo reale allo scopo di migliorare il nostro paese. 

Non nego che la commozione è stata doppia quella sera, il pensiero è corso a Melissa morta il giorno prima all'età di 16 anni per lo scoppio di un ordigno composto da tre bombole di gas poste davanti alla sua scuola.

Tante le ipotesi al vaglio, tra cui quella della pista mafiosa… mi convinco ancora che lottare per la legalità abbia un senso... lo spero proprio!

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.63) 24 maggio 2012 11:50

    buon articolo, manca solo un accenno in più alla trama - a come è stato reso anche fisicamente il massacro - e se sono previste altre tappe, in altri luoghi d’italia.


    • Di (---.---.---.244) 25 maggio 2012 20:56

      Ciao!
      Una piccola precisazione: la foto pubblicata in questa pagina è della messa in scena di Fausto Paravidino, mentre lo spettacolo di cui si parla è della Compagnia Latitudine Teatro° di Latina e la regia è di Stefano Furlan.
      Non sono previste, attualmente, altre repliche.
      Ma domenica 27 maggio, alle 19.30, al Tetaro Cafaro di Latina la stessa compagnia e lo stesso regista proporanno "Il volo della farfalla", da "John" di Waijdi Mouawad. Qualora vogliate vedere come lavoriamo!
      smiley
      Saluti!
      Michela

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