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C’eravamo troppo amati

Il vecchio insegnamento che le cose, o le persone, si apprezzano di più quando le si hanno perdute calza a pennello per la pièce teatrale "C'eravamo troppo amati", che vede in scena la solida coppia Michele La Ginestra e Michela Androzzi, diretti da Roberto Marafante. Ma il merito va anche alla traduzione e all'adattamento del testo originale firmato dai francesci Pierre Palmade e Muriel Robin, ad opera dello stesso La Ginestra.

La partenza stenta a ingranare ma dopo un po' il ritmo prevale e si viene completamente coinvolti nella storia. Oltre un'ora di spettacolo che parte dal presupposto che il matrimonio può diventare la tomba dell'amore, che è comunque destinato a sopravvivvere ma stritolato dalle contingenze del mondo che ci circonda. E l'ossigeno proviene dalla trasgressione. Già, perché i nostri due protagonisti ritrovano loro stessi, e il motivo che li ha indotti a giurarsi di trascorrere una vita insieme, proprio nel momento in cui hanno deciso di frequentare altre persone. Paradossi dell'amore.

Degna di nota la scenografia, semplicissima ma efficace. Due sedie che nascondono un cassetto e un supporto che, gestito dagli stessi attori, diventa prima il tavolo di un bar e poi il tavolo della casa dei genitori di lei dove i due trascorrono il Natale senza far sapere loro di essersi separati, inventando esilaranti storie inverosimili solo per proteggerli da un dolore. Stessa cosa per il telaio di una porta che all'occorrenza da ingresso può diventare la piantana di una lampada. In questo modo si ha la possibilità di cambiare frequentemente scena per un susseguirsi di azioni che compongono un racconto che si articola attraverso gli anni, donando alla narrazione un ritmo incalzante.

E poi c'è la canzoncina! Matteo, il protagonista, compone per la sua "troppo amata" Isabella un motivetto che diventa la colonna sonora di tutto lo spettacolo e che parla di un "coniglietto brutto brutto", tormentone che fai fatica a scordare anche nei giorni successivi allo spettacolo.

Si ride molto in "C'eravamo molto amati", ci si identifica nella storia dei due protagonisti, ma le battute non sono mai scontate. La bravura di La Ginestra nell'aver adattato il testo sta, oltre che nell'aver inserito riferimenti alla realtà italiana, nell'aver conservato la leggerezza senza rinunciare all'insegnamento. Nessuno sale in cattedra ma l'universalità di una storia come quella raccontata ci spinge ad un esame di coscienza: lasciarsi è davvero l'unico modo per risolvere i problemi?

La fine dello spettacolo non ve la raccontiamo ma possiamo dirvi che è tutta racchiusa in quell'imperfetto del titolo, così chi se lo fosse perso al Moderno di Latina potrà rimediare andando a Roma nel mese di Aprile al Teatro de' Servi.

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