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AgoraVox Italia: un anno dopo

9000 articoli pubblicati, 1500 citizen reporter, due milioni di lettori complessivi e 300.000 nel solo mese di Giugno, sono questi i numeri di AgoraVox Italia ad un anno dalla nascita.

Ricordo il primo settembre 2008 come fosse ieri. Gli ultimi accorgimenti, i bug che non mancano mai, gli articoli da impaginare e poi... E poi si apre.
 
Ricordo quel giorno ma ricordo anche tutte le persone che c’erano e ci sono ancora. Fare dei nomi significherebbe, certamente, dimenticare qualcuno. E non sarebbe giusto. Siete, siamo 1500 reporter di un nuovo giornalismo. Fatto dal basso, fatto da chi è vicino alla notizia.
 
E allora da vicino abbiamo raccontato le piccole-grandi storie. Storie comuni, di tutti i giorni, storie tristi: di mafia, camorra, ‘ndrangheta. Storie di fabbriche a Taranto e di morti che bianche non lo furono mai.
 
Abbiamo raccontato Bangkok in diretta, con i nostri connazionali bloccati in aeroporto che si scambiavano notizie con i loro parenti e amici in Italia, tramite noi.
 
Abbiamo raccontanto il terremoto, i soccorsi, la solidarietà, la ricostruzione... Ricordo quella notte lucidamente. Ricordo la telefonata che mi svegliò. E poi il fiume di notizie. Gli articoli dettati al telefonino perché non c’era né internet né elettricità ad aiutare chi era lì.
 
Ricordo le notizie che gli altri non danno: Cuffaro alla vigilanza Rai o la nuova legge sugli appalti pubblici che è valsa, al suo autore, il Premio per la Migliore Inchiesta sulla Pubblica Amministrazione.
 
Ricordo le mail, migliaia, che inondano la casella di redazione. Ricordo le inchieste da seguire e da finire, come quella su Niki Gatti o quella su un bando della Provincia di Napoli.
 
Ma soprattuto ricordo la passione. Di tutti. Le notti passate a impaginare, le telefonate veloci per verificare una notizia.
 
Ricordo i “compagni di questo viaggio” che, come cantava De Gregori, non dovrebbero lasciarsi mai.
 
Ricordo i due milioni di lettori che ci hanno seguito in quest’anno. Spero che saremo sempre di più. Sempre più cittadini che vogliono riappropriarsi di un ruolo attivo. E allora ripeto le stesse parola dette il 9 maggio:
 
In questi mesi chi ci legge si sarà accorto di molti cambiamenti. AgoraVox si è aperta, ha accolto opinioni diverse, si è fatta strumento di diffusione di un codice di comportamento libertario o pseudo libertario. Gli amici di Milano poi sono simpaticissimi, anche i creativi venuti da Bologna, i fricchettoni piovuti giù dall’India, queste ragazze inglesi e tedesche sono bellissime, verrebbe da piantare tutto e partire dietro a loro. Ma qui non siamo a Berkeley, non siamo a Woodstock e nemmeno all’isola di White. Siamo in Italia e non aspettano altro che il nostro disimpegno, il rientro alla vita privata. Voglio richiamare la vostra attenzione. Ma non voglio fare tutto da solo, bisogna che ognuno di noi torni al lavoro che ha sempre fatto cioè informare, dire la verità. E la verità bisogna dirla sulle proprie insufficienze sui proprio limiti.
 
Informiamo, parliamo, discutiamo, senza essere spinti da motivazioni “altre” se non la necessità di rimettere i pezzi al posto giusto, partecipare, attivamente, ad un’Italia in cui, spesso, i media non sono altro che la gran cassa delle dichiarazioni del politico, del palazzinaro o della velina di turno.

Ma l’indipendenza costa cara. Costa la distanza dei pubblicitari e degli "gli investitori" pronti ad aiutarti solo in cambio di "un occhio d riguardo". Cedere sarebbe la fine del citizen journalism e dell’idea di un’informazione diversa.

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