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Legge sugli appalti pubblici. Intervista all’on. Garavini "la legge è fatta, bisogna vigilare"

È quasi un appello quello dell’on. Laura Garavini, capogruppo del Pd in commissione antimafia, che accusa il governo di aver inserito in una legge di tutt’altro argomento l’ultimo di una serie di “provvedimenti dell’ultimo minuto”, che mette in serio pericolo la trasparenza e la legalità degli appalti pubblici.

La legge 201 del 22 dicembre 2008 ha suscitato parecchi malumori nell’opinione pubblica: che si possano appaltare lavori con un importo compreso tra i 100 e i 500 mila euro senza ricorrere a bandi e gare d’appalto, non è cosa di poco conto. O no?

È certamente un emendamento devastante inserito all’ultimo momento dal governo in una legge che peraltro parla completamente d’altro. Non viene legiferata in modo organico tutta la questione degli appalti o delle costruzioni di grandi opere: purtroppo, stanno predisponendo una serie di disegni di legge e decreti che si presentano per lo più come accozzaglie di punti e non invece come provvedimenti che trattano in modo mirato e completo una grande tematica, come questa degli appalti. È in serio pericolo la legalità e trasparenza.

Peraltro si rischia anche uno sperpero di risorse e contemporaneamente scarse prestazioni: a vincere non sarà d’altronde necessariamente la migliore azienda!

A parte il fatto che non è neppure obbligatorio invitare più offerenti: la scelta potrà essere del tutto soggettiva e legata a contatti, conoscenze o anche rapporti poco onesti. È vero, si va a danneggiare profondamente chi invece potrebbe concorrere in modo corretto ed onesto, attraverso ad esempio anche dei prezzi più concorrenziali.

Credevamo che una legge del genere destasse qualche sospetto e che ci fosse una dura lotta all’interno del parlamento almeno da parte dell’opposizione. Velocizzare i lavori sì, ma forse sarebbe opportuno accelerare le procedure burocratiche, non offrire con formule fiduciarie gli appalti pubblici.

Da parte del PD una reazione c’è stata, inserendo un emendamento in virtù del quale una stessa società non potrà superare nell’arco di un anno l’importo di 500 mila euro.

Una briciola però rispetto al resto della legge.

Si purtroppo soltanto una piccola consolazione. Ma non ci si può accusare di disattenzione: si tratta di decreti che poi vengono messi al voto e la maggioranza ha chiaramente i numeri per poter approvare determinati emendamenti. C’è poco da fare. Di certo, l’amarezza c’è tutta. Tuttavia queste sono le leggi della democrazia: rispetto al voto, nella misura in cui si è opposizione, si rimane comunque ignorati.

C’è stato almeno un allarme all’interno della commissione antimafia? La legge, come sostiene anche lei, apre le porte all’illegalità.

La tematica degli appalti è una delle priorità della discussione in commissione. Significa anche parlare di infiltrazioni a livello economico sui grandi investimenti: è uno dei principali punti che abbiamo messo all’attenzione della commissione come Partito Democratico negli interventi programmatici che abbiamo appena concluso in questi giorni. Peraltro in termini puramente legislativi, la proposta che porteremo avanti è quella di arrivare ad un testo unico e organico sulla questione, che preveda ad esempio una stazione unica appaltante almeno a livello provinciale e regionale. Insomma chiediamo una legiferazione più trasparente e capace di ostacolare tutti questi rischi legati al mondo degli appalti, anziché al contrario promuovere un emendamento di questo tipo, estremamente catapultato e del tutto decontestualizzato all’interno di questa legge. Porteremo in commissione antimafia questa esigenza in modo da non favorire infiltrazioni di stampo criminale.

La legge è in vigore, e adesso?

La legislazione è ormai così fatta. La soluzione temporanea è quindi quella di essere estremamente vigili, di essere molto presenti nel territorio come commissione antimafia, anche attraverso “antenne locali” della società civile. Di fronte a un tale provvedimento, veniamo chiamati a renderci ancora più disponibili, attenti ad eventuali segnalazioni, sostenendo al massimo i controlli in modo da individuare le situazioni a rischio.

Cristiano Di Pietro coinvolto in “Appaltopoli”, il Partito Democratico che non sta uscendo con un profilo molto roseo dagli ultimi avvenimenti. Gli italiani non hanno motivo di pensare che il profilo etico di PD e centro-sinistra in generale stia subendo un profondo declino?

Noi del Partito Democratico siamo molto netti e chiari: chi non ha e chi non risponde a precisi valori di correttezza non trova spazio all’interno del partito. Ci siamo dotati di un codice etico e di un manifesto dei valori. Le ultime vicende sembrano dimostrare il contrario, ma innanzitutto finché le persone coinvolte non saranno ritenute realmente colpevoli dei fatti, sono da ritenere innocenti. Se saranno dimostrate colpevoli, il PD si impegnerà affinché queste persone si dimettano. Non siamo certamente i tipi che mettono alla gogna la gente che viene solamente inquisita, a differenza di quanto fa Italia dei Valori: ognuno ha il diritto di difendersi. Politiche semplicemente finalizzate a chi urla più forte o a chi offende di più gli altri non sono garanzia di eticità. Non vogliamo fare grandi proclami o grandi campagne pubblicitarie, perché di questo si tratta fondamentalmente (con riferimento a Di Pietro, ndr). Noi crediamo seriamente nei valori dell’onestà e della correttezza, valori necessari in primis tra i politici.

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