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Siria, le verità di Brahimi

Di Persio Flacco (---.---.---.113) 3 luglio 2014 20:11

La versione di Brahimi è quella mainstream (del resto non l’avrebbero scelto come mediatore altrimenti) ma ciò non significa che la sua sia la versione conforme ai principi del diritto internazionale.

La Siria è uno stato sovrano. Questa osservazione è da una parte ovvia e dall’altra sorprendente se rapportata al senso comune creato dai mass media.

Se in uno stato sovrano si verificano sollevazioni popolari la comunità internazionale e gli altri stati dovrebbero mantenersi neutrali rispetto alle parti in conflitto. Le rivolte sono fatti interni che il governo legittimo ha diritto di risolvere con i suoi mezzi.

La comunità internazionale (cioé l’ONU) e gli altri paesi possono offrire la loro mediazione neutrale come contributo alla pacificazione, se lo vogliono. 
Oppure possono dover intervenire con i mezzi legali a loro disposizione per scongiurare minacce alla pace e alla stabilità mondiale e/o massicce violazioni dei diritti umani a danno della popolazione civile commesse da una o da tutt’e due le parti in conflitto.
Ponendo a confronto quello che dovrebbe essere il comportamento corretto della comunità internazionale e dei paesi terzi rispetto a ciò che è avvenuto in Siria (ma anche in Libia, in Ucraina, in altri paesi) si può apprezzare in pieno la malafede di Brahimi e di altri.

Innanzitutto vi sono indizi e prove che dimostrano il coinvolgimento di paesi stranieri nella progettazione e nell’esecuzione della rivolta siriana. Questo genere di azioni contro uno stato sovrano è illegale sotto ogni profilo, e chi le ha promosse è direttamente responsabile delle conseguenze.

A rivolta iniziata un certo numero di paesi stranieri hanno preso decisamente le parti dei rivoltosi sostenendoli politicamente, logisticamente e militarmente. Anche questo è illegale sotto ogni profilo, e chi ha assunto tale posizione è direttamente responsabile delle conseguenze delle sue azioni.

Brahimi dice di aver sperato che Bashar al-Assad si facesse da parte in modo ordinato. Non è compito di un mediatore ONU prefiggersi lo scopo di far cedere il potere ai rivoltosi. Il mediatore deve essere neutrale, tanto più se rappresenta l’ONU, altrimenti non è un mediatore: è una parte in causa.

La realtà è che il comportamento dei cosiddetti Amici della Siria e dello stesso ONU indica in modo inequivocabile che lo scopo era, ed è ancora, un cambio di regime in Siria. Senza badare al prezzo che la popolazione civile siriana ha pagato, sta pagando e pagherà in futuro per questo.

Tutto ciò a prescindere dal giudizio sul regime e sui rivoltosi.


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