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Roberto Benigni e l’unità d’Italia

Di Lucio (---.---.---.135) 23 febbraio 2011 15:56

Il fatto che tu sia Ligure ed esprima una sensibilità meridionalistica che nemmeno molti meridionali che conosco dimostrano, è solo un ulteriore punto a tuo favore. L’aspetto che più mi ha indignato nell’esibizione di Benigni a Sanremo è proprio questa totale mancanza di sensibilità e, soprattutto, la disonestà intellettuale di un giullare (non lo dico in senso dispregiativo, anzi: nel Medio Evo i giullari di corte non erano semplicemente buffoni, giocolieri, cantastorie, poeti, attori, acrobati e saltimbanchi, e come tali addetti ai piaceri e ai divertimenti dei sovrani e del loro seguito di cortigiani, ma erano gli unici ad avere la "licenza" di criticare e sbeffeggiare il potere, dunque erano una sorta di antagonisti del potere) e di un artista che è stato premiato con l’Oscar proprio per la sensibilità manifestata nel film "La vita è bella" rispetto al tema dell’Olocausto, e che in altre occasioni si è rivelato sensibile ed aperto ad altre situazioni di sofferenza ed ingiustizia. Aggiungo che nell’esibizione sanremese la satira mordace e corrosiva di Benigni ha risentito delle briglie imposte dai vertici RAI, tuttavia questa “attenuante” non mi impedisce di criticare Benigni per le sue improvvide affermazioni storiche, anzi per le sue gravi dimenticanze storiche. A cominciare dal fatto che non ha mai sottolineato il carattere aggressivo e coloniale dell’unificazione nazionale, almeno per quanto riguarda il processo di annessione e conquista del Regno delle Due Sicilie, il successivo massacro delle popolazioni meridionali, l’estorsione e il saccheggio delle ricchezze del Sud. A mio modesto avviso, Benigni ha fin troppo esaltato il ruolo della casa savoiarda, mentre ha descritto i Borbone quasi fossero un cancro storico. Eppure, re Carlo di Borbone fu molto amato dai Napoletani, riuscendo ad entrare in sintonia con il popolo e fu artefice di un periodo di grande risveglio economico e culturale per il regno di Napoli dopo secoli di dominazione straniera. Proprio nel periodo di massima crescita avuto con Ferdinando II di Borbone, il regno precipitò improvvisamente nella miseria e nella disperazione a causa dell’avidità e della rapacità dell’imperialismo britannico e piemontese, che in pochi mesi affossarono i risultati positivi che i Borbone erano riusciti ad ottenere nell’arco di un secolo. Si pensi solo all’istituzione della comunità di San Leucio, che alla fine del Settecento rappresentava un esperimento sociale ed economico all’avanguardia. Senza dimenticare i numerosi primati che il Regno di Napoli vantava in diversi ambiti: economia, industria, giurisprudenza, assistenza sociale, scienza, arte e cultura. Pertanto, come si può continuare a credere alla mistificazione risorgimentale che descrive il Regno borbonico come il più regredito d’Italia? Come si può spiegare il fatto che prima del 1861 non esisteva praticamente il fenomeno dell’emigrazione, mentre dopo la cosiddetta "unità d’Italia" sono partiti quasi 20 milioni di contadini meridionali, in pratica un esodo biblico? Questo esodo e questo massacro furono accompagnati da una campagna ideologica per screditare il Mezzogiorno, di cui ancora oggi si avvale la Lega Nord. Per la serie "oltre al danno, anche la beffa". Insomma, per farla breve (si fa per dire) chiarisco che non sono filo-borbonico, ma ciò non mi impedisce di attribuire alcuni meriti storici importanti alla casa reale borbonica, così come non mi impedisce di riconoscere i demeriti e le colpe criminali dei Savoia. Potrei andare avanti, anzi andare indietro e criticare Benigni anche per le sue inesattezze a proposito della storia antica. Infatti, se bisogna rimandare a settembre Benigni in materia di storia contemporanea, bisogna altresì ammettere che il giullare toscano non è stato ineccepibile nemmeno rispetto ad alcuni passaggi sulla storia antica. Roberto Benigni non è certo uno storico, ma un giullare eccezionale, un poeta satirico irriverente e mordace, un maestro sagace della comicità e dell’ironia surreale. Quando l’estro istrionico e creativo di Benigni è ispirato ed è libero di esprimersi, può raggiungere vette artistiche sublimi. Ricordo altri monologhi di Benigni indubbiamente migliori di quello esibito a Sanremo. Aver messo le briglie alla genialità caustica e dissacrante di Benigni è un po’ come se un allenatore avesse imprigionato l’immenso talento calcistico di Maradona, costringendolo a giocare in difesa. Ho reso l’idea? Lucio Garofalo


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