Quale mandato
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Mettere al primo punto di un progetto politico la “rinuncia” (taglio)
delle prebende da parlamentare è un modo “sagace” di precostituire una sorta di
giustificazione “per il giorno dopo”.
In due parole.
SE delle molteplici promesse
elettorali si percepiranno solo alcuni effetti circoscritti e SE la ventilata ripresa
socio-economica registrerà dei tassi modesti (non all’altezza delle aspettative
ingenerate), allora tornerà utile, oltre ad elencare resistenze e ostacoli
sopravvenuti, poter sottolineare il senso di responsabilità dell’essersi fatti carico,
prima, di spontanei atti individuali di “buona volontà”.
Peccato che gestire la
cosa pubblica è dar prova, con i fatti, delle reali qualità possedute: capacità,
competenza, equilibrio, ecc. Di più.
Disoccupati ed indigenti, in termini di sostanziali sacrifici e di
quotidiane rinunce, possono fornire ben più consistenti testimonianze.
C’è
dell’altro.
Analoghe considerazioni valgono per la netta rilevanza data a quel “vincolo
di mandato” che sancirebbe una sorta di catena attaccata alla candidatura e,
quindi, la piena acquiescenza dell’eletto agli indirizzi maturandi dal
corrispondente gruppo parlamentare.
Concetto a dir poco difforme dall’attuale
dettato della Costituzione che individua i partiti come “libere” associazioni
(art 49) e ogni membro del Parlamento quale “rappresentante” dell’intera
Nazione (art 67).
Ergo. Certi presupposti d’avvio echeggiano meccanismi
tipici anche di un Dossier Arroganza …