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Luigi Di Maio Premier e la Costituzione

“La mia posizione è molto semplice: basta premier non votati da nessuno o ancora peggio premier che hanno perso. Per il resto parlano i numeri. Il Movimento, la Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, il Pd hanno tutti proposto agli italiani un candidato premier. Quello del Movimento, ossia il sottoscritto, è stato votato da 11 milioni di italiani, quasi il doppio del secondo più votato con oltre il 32% dei consensi. Per cui il mio obbiettivo è garantire che la volontà popolare venga rispettata.” Così scrive Luigi Di Maio nel Blog delle Stelle, il magazine solo online del M5S.

di Rocco Artifoni

Se uno studente di giurisprudenza, durante un esame di diritto costituzionale, avesse espresso un pensiero analogo, sarebbe stato bocciato. Infatti, il ragionamento di Luigi Di Maio è infarcito di inesattezze e di errori.


1) Il “premier” in Italia non esiste. Basta una rapida lettura al dizionario di Wikipedia: “denominazione mediatica con la quale oggi si indica spesso, ma scorrettamente, il Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana”.
2) Dall’entrata in vigore della Costituzione, cioè dal 1948 ad oggi, tutti i cosiddetti “premier” non sono stati votati da nessuno. Il Presidente del Consiglio dei ministri viene incaricato dal Presidente della Repubblica. È il Governo che deve ricevere un voto di fiducia dal Parlamento. E tutti i Governi sono stati votati dai rappresentanti eletti dal popolo.
3) Non è vero che tutti i partiti hanno proposto agli italiani un candidato “premier”. La legge elettorale prevede che ogni partito indichi un “capo” del partito. Ma non è scritto da nessuna parte che il capo di un partito sia necessariamente un candidato “premier”.
4) Che Luigi Di Maio sia stato votato da 11 milioni di italiani è falso. Ogni elettore ha votato per un candidato nel collegio uninominale e per alcuni candidati nei collegi proporzionali. Di Maio era presente soltanto in due collegi in Campania. Nel collegio uninominale di Acerra Luigi Di Maio è stato votato da 94 mila elettori. Il Movimento 5 Stelle – non Luigi Di Maio – è stato votato da 11 milioni di elettori.
5) Per garantire il rispetto della volontà popolare bisognerebbe anzitutto rispettare e applicare la Costituzione. Per fare questo, bisognerebbe anzitutto conoscerla. A Luigi Di Maio consigliamo almeno un ripasso.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di GeriSteve (---.---.---.159) 3 aprile 2018 13:42

     DI MAIO PREMIER? NO GRAZIE !

     

    Grazie per le precisazioni: dovrebbero essere superflue e invece, di fronte alla arroganza e all’ignoranza di Di Maio, sono utili, anzi: necessarie.

     

    Lo scrive uno che ha votato M5S ed è ben convinto di non aver votato Di Maio e che non desidera affatto che Di Maio diventi Presidente del Consiglio dei Ministri, cioè: Primo ministro (NON premier).

     

    GeriSteve

  • Di pv21 (---.---.---.50) 4 aprile 2018 19:50

    Quale mandato >


    Mettere al primo punto di un progetto politico la “rinuncia” (taglio) delle prebende da parlamentare è un modo “sagace” di precostituire una sorta di giustificazione “per il giorno dopo”.

    In due parole.


    SE delle molteplici promesse elettorali si percepiranno solo alcuni effetti circoscritti e SE la ventilata ripresa socio-economica registrerà dei tassi modesti (non all’altezza delle aspettative ingenerate), allora tornerà utile, oltre ad elencare resistenze e ostacoli sopravvenuti, poter sottolineare il senso di responsabilità dell’essersi fatti carico, prima, di spontanei atti individuali di “buona volontà”.


    Peccato che gestire la cosa pubblica è dar prova, con i fatti, delle reali qualità possedute: capacità, competenza, equilibrio, ecc. Di più.

    Disoccupati ed indigenti, in termini di sostanziali sacrifici e di quotidiane rinunce, possono fornire ben più consistenti testimonianze.


    C’è dell’altro.

    Analoghe considerazioni valgono per la netta rilevanza data a quel “vincolo di mandato” che sancirebbe una sorta di catena attaccata alla candidatura e, quindi, la piena acquiescenza dell’eletto agli indirizzi maturandi dal corrispondente gruppo parlamentare.

    Concetto a dir poco difforme dall’attuale dettato della Costituzione che individua i partiti come “libere” associazioni (art 49) e ogni membro del Parlamento quale “rappresentante” dell’intera Nazione (art 67).  


    Ergo. Certi presupposti d’avvio echeggiano meccanismi tipici anche di un Dossier Arroganza

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