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Commento di Antonio Del Lungo

su Vajont: gli errori umani che provocarono il disastro


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Antonio Del Lungo Antonio Del Lungo 11 ottobre 2016 00:27

Grazie del commento. Naturalmente la vicenda è così ampia che si potrebbero aprire decine di discussioni su altrettanti argomenti. Per esempio, nonostante fossero state pubblicate precise descrizioni in alcune delle più prestigiose riviste internazionali di geologia, il gruppo di lavoro al Vajont ignorava l’evento precursore di Lituya Bay del 1958 dove la caduta di una frana, un sesto di quella del Toc, aveva sollevato sulla controsponda di un fiordo in Alaska un’onda di oltre 500 metri, la più alta mai osservata. Biadene ed i suoi non prevedevano una caduta così veloce: in effetti era difficile pensarla, ma non operarono con il principio di massima prudenza, dal momento che, comunque, qualsiasi manuale sulle frane descriveva anche frane cadute con velocità intorno ai 100km/h, quindi in linea teorica potevano attenersi a questo dato sfavorevolissimo per usare la massima prudenza, anche se ritenuto un rischio solo teorico. Del resto Biadene rimase alla diga fino alle 18.00 del giorno fatidico rischiando, inconsapevolmente, di essere disintegrato dall’apocalisse che giunse solo 4 ore dopo. Quanto alla trasparenza non ve ne fu alcuna, ad esempio la galleria di sorpasso frana fu scavata all’oscuro delle popolazioni e del modello di Ghetti a Nove nessuno sapeva niente. Purtroppo questi meccanismi oggi sono ancora intatti, basta osservare le manovre che furono compiute per forzare la mano e portare avanti il deposito di metano a rivara di San Felice. Un’opera che se fosse stata realizzata prima del terremoto dell’Emilia avrebbe provocato una catastrofe biblica, eppure a dispetto della gente che ne era terrorizzata veniva promossa con la complicità di politici e accademici al soldo del cartello che progettava l’opera.


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