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su Preferisci la pena di morte o l'ergastolo? I detenuti rispondono


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25 ottobre 2014 14:45
Qui si tratta di scegliere tra la vita e la morte: finché si chiacchiera, e non bisogna decidere nulla, si chiacchiera.
Ma se, ad esempio, esistesse una legge che lasciasse al condannato ad una pena capitale di scegliere tra la prigione a vita e la morte, credo che nessuno (o quasi), messo di fronte alle due fatidiche porte, una che conduce alla prigione, l’altra al patibolo, entrerebbe nella seconda, e di quei pochissimi che varcassero davvero la porta della morte, la stragrande maggioranza cercherebbe di tornare indietro all’ultimo momento. 
E poi, come si legge nelle risposte degli intervistati riportate nell’articolo, dipende dallo stato mentale della persona nel momento in cui si trovasse davvero a decidere. Infine, ma non ultimo, tutti gli intervistati hanno già scontato un buon numero di anni di galera: tutta gente che ha avuto un sacco di tempo per pensare agli errori (o orrori) commessi e magari pentirsene, tutte persone che non hanno quasi più niente a che vedere con quelle che sono entrate in carcere tanti anni prima. Sono cambiati, e l’autore dell’articolo, che può scrivere e dire la sua proprio perché è ancora vivo, può ben testimoniarlo.
Comunque, forse sarebbe stato anche interessante riportare l’opinione di chi è stato condannato all’ergastolo da poco tempo ed ha ancora vivi dentro di se quei sentimenti (rabbia, ferocia, disprezzo per la vita, ecc.), che lo hanno portato a commettere i delitti per i quali è stato condannato.
Naturalmente sono escluse da questi ragionamenti tutte le vittime di errori giudiziari: per loro non c’è storia, nessun innocente può arrendersi e rinunciare volontariamente a poter dimostrare, un giorno, la propria innocenza.
L’aspirazione a veder trionfare la giustizia è sentimento innato ed irrinunciabile in qualsiasi essere umano; sotto sotto, anche in quelli che ne soffrono le conseguenze.
C’è poi chi dice "chiediamo alle vittime delle sue azioni cosa ne pensano", cioè rimettiamo la decisione sul suo destino nelle loro mani: è un ragionamento barbaro che riporta direttamente alla tanto esecrata ed esecrabile legge del taglione, barbara ma soprattutto ingiusta proprio nei confronti delle vittime, messe così sullo stesso piano di chi le ha rese tali.
La vendetta non ha mai riportato in vita nessuno, né ha mai potuto dar pace all’animo dei vendicatori: solo la rinuncia alla vendetta può dar pace, da non confondere con il perdono che può essere concesso solo quando viene chiesto con animo sincero e pentito dall’autore dei misfatti.
Venendo poi al che fare, credo che il carcere a vita dovrebbe essere abolito e la pena massima portata a 30 anni: ma non mi sognerei minimamente di mettere sullo stesso piano l’assassino prezzolato piuttosto che l’omicida passionale o per interesse, con il serial killer o comunque il disturbato mentale, che non dovrebbero neppure stare negli stessi ambienti di chi ha commesso errori gravi ma comunque in modo consapevole.
Auguro sinceramente all’autore di poter usufruire un giorno di qualche provvedimento speciale che gli permetta di tornare nella piena disponibilità del proprio tempo, se non altro per la tenacia che mette nel perorare la causa.

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