Qui si intrecciano due questioni diverse: una è quella che sollevi a proposito della efficienza del processo decisionale nelle assemblee parlamentari e, più in generale, del meccanismo democratico; l’altra riguarda il merito della riforma del senato proposta dalla maggioranza renziana. Io credo sia bene tenere separate le due questioni.
Mineo ed altri in commissione affari costituzionali ha sollevato dei dubbi circa la compatibilità costituzionale della riforma. In particolare sulla intenzione di trasformare il senato in una camera non elettiva stravolgendone la natura sancita dalla Carta. Beh, io penso che Mineo abbia ragione: qui sembra che tra Renzi e Berlusconi stiano facendo aeroplanini con le pagine della costituzione italiana. Mineo ha dei dubbi sulla compatibilità della riforma, fa parte della commissione preposta a valutare questa compatibilità; esprime questi dubbi secondo coscienza.
Non sta bloccando il processo decisionale, sta offrendo un punto di vista differente da quello della maggioranza renziana, sta facendo il suo mestiere di senatore. In questo caso il dissenso su alcuni punti specifici è una opportunità positiva cogliendo la quale si può giungere ad una decisione migliore rispetto a quella proposta. La pluralità di voci in democrazia serve a questo: ad avere il più ampio ventaglio di punti di vista tra i quali scegliere o mediare.
In democrazia il dissenso, la varietà delle opinioni, sono una ricchezza non un ostacolo. Anzi: la loro esistenza è la condizione necessaria affinché vi sia democrazia.
Quello che urta in questa spiacevole faccenda è che la maggioranza del PD ritiene che il dissenso sia un ostacolo in quanto rallenta la veloce attuazione di quanto precostituito all’interno del partito e con gli accordi tra leader.
Questo tradisce una profonda ignoranza di cosa sia il processo democratico se non addirittura il disprezzo per esso. "Civati chi?" Ricordi? Che è come dire che la minoranza non conta nulla.
La commissione affari costituzionali è un organo tecnico che delibera a maggioranza su questioni tecniche. Propone le sue conclusioni all’aula, comprese le posizioni minoritarie, e l’aula decide comunque se prendere in considerazione, e in che misura, sia il parere della maggioranza della commissione sia il parere della minoranza. Mineo non sta bloccando nulla nel processo democratico. Sta invece meritoriamente mettendo in discussione il diritto, di fatto accampato da Renzi, di considerare il Parlamento un ostacolo fastidioso alle deliberazioni prese dal partito e con gli accordi a due con Berlusconi.
Se consideri la proposta di riforma della legge elettorale: con sbarramenti e premi di maggioranza studiati appositamente per tagliare fuori dal parlamento le minoranze fastidiose, e il venticello che si sta alzando in favore del presidenzialismo, l’estromissione di Mineo suona come un campanello di allarme sul futuro democratico di questo Paese.