Se per questo bisogna anche che l’ala maggioritaria di una coalizione la smetta di imporre riforme indigeste a quella minoritaria, con la scusa che "dovete accettarle per forza altrimenti vi assumete la responsabilità di far saltare il tavolo", perché trovare un accordo presuppone anche il tener conto delle istanze critiche, invece di imporre il proprio volere al "socio di minoranza" perché altrimenti "vince Berlusconi". Tra parentesi giocando a cannibalizzare l’altrui elettorato, perché se c’è chi vota più a sinistra del Pd è perché vuole politica più sinistra del Pd. E un eletto di rifondazione, se proprio deve rendere conto del proprio operato, se proprio deve al di là del vincolo di mandato, non è certo ad un D’Alema che deve spiegare le cose, ma al proprio elettorato.
Se uno vota rifondazione e non PD ci sarà un motivo: vuole che vengano rappresentate istanze diverse. E ha tutto il diritto, in quanto elettore, di vederle difendere.
Il problema, per dirla alla Ricucci, è che spesso c’è chi vuole fare il frocio col culo degli altri, e non avendo i voti necessari per far passare una riforma, cerca di forzare gli alleati con ricatti vari, pretendendo i voti che non si hanno. Mi spiace, ma la politica è l’arte del compromesso e le prove di forza si fanno coi voti propri, non pretendendo quelli altrui.
Comodo pretendere di trasformare Rifondazione nel PD, vero? Così gli si fregano gli elettori. Paolo, capisco il senso del tuo commento, ma esso presuppone buonafede e non giochi di forza da entrambe le parti. Sei sicuro sia stato così in passato?