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Commento di

su Egitto: una rivoluzione usa e getta?


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4 settembre 2013 19:04

Stimato professore, solitamente leggo i suoi articoli perché non dice mai cose banali e molte altre condivisibili. Anche questa volta non fa eccezione e la sua conclusione sulla positività del processi in atto (seppur dolorosi) è del tutto condivisibile.

Tuttavia ci sono alcune espressioni contenute nell’articolo da me non condivise che mi sembrano, più che il frutto di una analisi del reale , il risultato di sue opinioni politiche di sinistra radicale. Mi spiego.

Lei afferma che "... tutte le rivolte arabe in corso vanno lette nel contesto globale che segnala tensioni sociali e rivolte di varia intensità: dalle “rivolte del pane” avvenute anche in diversi paesi latinoamericani, africani ed asiatici, alle violente proteste greche ed ai più miti (per ora) movimenti degli indignados o di Occupy Ws, alle esplosioni minoritarie -ma non trascurabili- in Italia (14 dicembre 2010 e 15 ottobre 2011)."

Francamente non vedo cosa c’entrino movimenti e proteste in paesi "ricchi" mischiate a proteste in Africa nera, sud America e paesi arabi. Insomma lei afferma che sono tutti il risultato della crisi finanziaria del 2008 e della finanza internazionale. Tutti i poveri del mondo si stanno muovendo contro i ricchi sempre più ricchi. Ecco torniamo surrettiziamente alla lotta di classe di marxiana memoria.

Credo invece che nei paesi arabi (un po’ tutti) sia giunto al dunque (probabilmente complice la crisi finanziaria internazionale) il fallimento dei partiti del nazionalismo arabo affermatisi in Siria, Egitto, Irak e Libia che a partire dal 1952 (Nasser) sono andati via via realizzando dittature che promettevano la modernizzazione (vale a dire la trasformazione in paesi occidentalizzati almeno sul piano economico).

E’ in questo contesto di scontro tra tradizionalismo islamico e occidentalizzazione e non in quello della crisi finanziaria che vanno inquadrati i sommovimenti che interessano tutto il mondo arabo. (senza dimenticare l’effetto deleterio di Israele).

So che lei di solito non risponde ai commenti ai suoi articoli, ciò nonostante le voglio rivolgere una domanda:

a suo parere per quale motivo due paesi che nella prima metà degli anni 50 erano entrambi nella miseria più nera, Egitto e Corea del Sud, oggi si trovano a distanze abissali l’uno dall’altro. Il primo attardato nello scontro sanguinoso tra "occidentalisti" e tradizionalisti, il secondo membro del G20, quindicesima potenza economica mondiale, settima per livello culturale della popolazione?

Ovviamente non c’entrano gli aiuti americani, per l’ovvio motivo che l’Egitto ne ha ricevuti (e ancora ne riceve) molto più che la Corea.

dtr.

 


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