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Commento di

su Le circostanze ripetibili: narrazione di una vittoria contro il racket


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2 settembre 2012 16:25

Buonasera; innanzitutto La ringrazio per essere intervenuto, perché il Suo commento mi permette di tornare su alcuni punti della mia recensione che, evidentemente, non ho chiarito nel modo adeguato. Le chiedo anche di perdonare la mia pedanteria se risponderò per punti, ma su questi temi la precisione non è mai a sufficienza.

1. "Praticamente sgominati" vuol dire che i maggiori esponenti dei clan operanti a Ercolano sono stati arrestati e condannati, non è più presente il fenomeno del racket e la camorra non opera il controllo del territorio né sono riscontrabili elevate attività criminali. Ho preferito utilizzare il termine attenuativo "praticamente" perché, come gli autori chiariscono nel testo, nell’eventuale caso di un calo di attenzione da parte della cittadinanza o delle istituzioni, il fenomeno camorristico potrebbe ripresentarsi.

2.Noto un singolare errore nel Suo commento: Lei parla di "identificazione tra racket e fenomeno mafioso", cosa che non mi è neanche passato per la testa di fare. Ma Lei dovrebbe sapere bene, da persona esperta del tema, che, come gli autori del testo sottolineano, il racket è il fondamento dell’organizzazione criminale, non tanto per l’effettiva esiguità degli introiti che esso garantisce, ma per la grande stabilità nel tempo degli stessi, e per la possibilità di avere un peso, tramite questo sistema, nelle scelte delle aziende e delle imprese, distorcendo quindi a proprio vantaggio il mercato. Inoltre, e questo è da non sottovalutare, il racket è il principale metodo con cui la camorra evidenzia il proprio controllo del territorio, il quale, particolarità questa della camorra a differenza di molti altri gruppi criminali, deve essere quanto più evidente possibile per manifestare la potenza della suddetta organizzazione. Da qui, dunque l’importanza del contrasto al racket.

3. Sono spiacente di dover smentire la Sua interpretazione del mio articolo, secondo la quale la responsabilità "sarebbe in primo luogo delle vittime, che non si ribellano". I richiami alla necessità di onestà e competenza da parte dei membri delle istituzioni, nel mio articolo, mi sembrano eloquenti: le "circostanze fortuite ripetibili" che danno il titolo al mio scritto contemplano anche la presenza di politici e militari capaci e integerrimi, dunque non mi sembra necessario soffermarmi oltre su questa obiezione.
Sicuramente, però, una parte delle responsabilità dei fenomeni criminali italiani vanno attribuite anche ai cittadini, ed in particolare alle sedicenti "classi dirigenti" italiane (in primis la borghesia imprenditoriale), che spesso hanno dimostrato gravi carenze dal punto di vista del rigore etico, e non solo per quanto riguarda la lotta alle mafie (basti ricordare l’applauso ai dirigenti della Thyssen appena condannati). E queste carenze creano terreno fertile per l’insinuarsi della grande criminalità.
Per quanto riguarda il ceto politico che Lei (giustamente) stigmatizza, è bene ricordare che esso è sempre espressione del popolo che rappresenta.

4. Sull’ultimo punto, ovvero della mia presunta visione delle mafie come "antistato", concordo appieno con Lei che questo sia un errore, ma devo sottolineare che non c’è alcuna traccia di questa visione, che Lei mi imputa, nel mio scritto. Mi spiace che Lei abbia travisato il mio pensiero e La ringrazio nuovamente per avermi dato l’opportunità di chiarirlo.


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