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Commento di Ugo Di Girolamo

su Le circostanze ripetibili: narrazione di una vittoria contro il racket


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Ugo Di Girolamo 2 settembre 2012 10:51

Non ho letto il libro e pertanto entro nel merito solo del contenuto dell’articolo e di quanto esso lascia intendere sia la tesi sostenuta nel saggio.

Un positivo esempio di riuscita lotta al racket viene proposto come possibile soluzione della questione mafiosa. Detto tra parentesi, mi piacerebbe capire cosa significa quel "praticamente sgominati".

E’ appena il caso di ricordare che le estorsioni sono solo una parte, e neanche maggioritaria, delle attività delle organizzazioni criminali di tipo mafioso. La camorra, come cosa nostra, ’ndrangheta e altre minori, tendenzialmente esercitano nei loro territori il monopolio su ogni forma di attività criminale nonché tendono a penetrare nell’economia legale.

Ma l’identificazione tra racket e fenomeno mafioso è solo il primo di errori suscettibili di provocare reazioni negative in quanti avversano le mafie.

La replicabilità dell’esperimento (pur positivo) di Ercolano da la sensazione di colpevolezza nella sopravvivenza del fenomeno dei cittadini e degli estorti. In fondo, sembra dire l’articolista Lorenzo Fattori, come i cittadini di Ercolano ci sono riusciti altrettanto possono fare in tutte le città d’Italia infestate, il risultato sarebbe quel "praticamente sgominati". Quindi le responsabilità di un fenomeno bisecolare, che fino all’inizio degli anni settanta del novecento è rimasto confinato quasi esclusivamente in tre aree del sud Italia (piano campano, provincia di Reggio C. e Sicilia occidentale) per poi debordare sull’intero territorio nazionale, sarebbe in primo luogo delle vittime, che non si ribellano.

Ne consegue, inoltre, che un ceto politico che per 150 anni (almeno) ha consentito la sopravvivenza di una forma di criminalità organizzata peculiare solo dell’Italia in Europa occidentale, ne esce praticamente indenne.

Nell’articolo poi si ripropone un altro vecchio errore - da tempo superato, ma quì riproposto - delle mafie viste come "antistato", "contro istituzioni" è il termine usato. Anche quì è appena il caso di ricordare che mai le mafie si sono sognate di sostituire lo Stato, ma sempre hanno perseguito l’obiettivo di penetrare e condizionare a proprio uso e consumo le istituzioni.

Per chi fosse interessato a conoscere una strategia - diversa - di lotta risolutiva del fenomeno mafioso suggerisco la lettura di questo articolo e dei relativi testi: http://mafiepolitica.blogspot.it/2012/02/nuovi-orientamenti-nella-lotta-alle.html.

 


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