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Zone Xtreme. Fin dove può spingersi la tv?

Zone Xtreme. Fin dove può spingersi la tv?

 
Acido Solforico” è una delle prime cose che mi viene in mente. Il libro della brava scrittrice franco belga Amélie Nothomb che descrive un reality, ‘Concentramento’, in cui i concorrenti sono rinchiusi in un lager, in cui le telecamere la fanno da padrona, ovviamente. Ci sono i prigionieri e i kapò e il punto di audience massima è quando si decide l’eliminazione di uno dei prigionieri.
 
Fino a che punto può arrivare la Tv? Ieri abbiamo pubblicato in apertura un articolo di Olivier Bailly, giornalista e caporedattore di AgoraVox Francia che parlava di questo documentario. Zone Xtreme, basato sugli studi di psicologia sociale di Milgram. Un documentario in cui si faceva credere a delle persone di essere i concorrenti di un reality nuovo, una puntata zero di un gioco in cui avrebbero dovuto dare delle scariche elettriche a un concorrente che doveva associare correttamente delle parole. Ogni errore provocava una scossa sempre più alta. Dai 20 volts ai 460!
 
Il pezzo si basava sulle indiscrezioni e su un libro che nasceva proprio da questa esperienza, scritto da un filosofo Michel Eltchaninoff e dal regista del documentario Christophe Nick, e dall’intervista a questo filosofo ci siamo fatti un’idea di quello che poteva essere, di quello che era stato.
 
Ieri sera su France 2, canale pubblico, alla fine l’abbiamo visto. Abbiamo visto questo documentario. Abbiamo visto!, andando oltre quelle righe scritte, quelle parole di chi quest’esperienza l’ha vissuta e studiata. L’idea degli autori era quella di mostrare quale fosse oggi l’autorità della Tv e il modo in cui questa possa esercitare pressione sui singoli individui. Non abbiamo le conoscenze scientifiche per dire se questo esperimento possa dirsi riuscito o meno, sebbene il documentario spiegasse, avvalendosi di esperti, passo passo quello che succedeva sia in studio che nelle menti dei concorrenti che davano le scosse.
 
I concorrenti sapevano di non vincere nulla, e che erano cavie che servivano per capire se la rete potesse investire su questo gioco o meno, e li vediamo proprio mentre sono sottoposti al provino. Fanno facce strane, tra lo stupore e il divertito quando gli viene detto che la punizione per l’errore sarà una scossa elettrica. Abbiamo visto, dicevamo, pur coscienti dello schermo e del montaggio e di tutto quello che c’è dietro un documentario, e quello che abbiamo visto sono state delle persone che in alcuni casi sono arrivate al punto da infliggere scariche elettriche di 460 volts a una persona (un attore ovviamente) che da qualche minuto non rispondeva.
 
I concorrenti sono lì, seduti davanti a una sorta di plancia di comando piena di leve. A ogni leva corrisponde una misura, e di fronte hanno una cabina in cui siede il concorrente, Jean Paul, che prenderà le scosse e che se il gioco andrà in porto porterà a casa un milione di euro, mentre ai concorrenti andrebbero diverse migliaia di euro. L’ambiente è rilassato, si ride e si scherza, ci si stupisce delle videocamere, del pubblico che urla e incita, e della conduttrice famosa “bella come in video”. Ci si siede e si comincia. Si leggono le associazioni giuste, quelle che il concorrente dovrà ricordare. Via! Si legge una parola e se ne danno altre 4 da associare, ma solo una è quella giusta. Se si indovina bene altrimenti scossa. Ci sono uomini e donne di diverse categorie sociali e istruzione. Il gioco è divertente all’inizio, i concorrenti ridono e azionano le leve come provetti macchinisti. Un secondo, tanto basta per dare la scarica. Il pubblico è contento e incita, la conduttrice si fa mano mano più seria e autoritaria. Le prime scosse non “fanno male”, “le cavie” parlano con il concorrente che deve rispondere. Si scherza, fino agli 80, quando partono i primi “Ahi!” che sono ancora scherzosi. Ma più si va avanti più la situazione peggiora. Jean Paul, l’attore, non è più nella cabina e la voce è la sua ma registrata. Vediamo un dietro le quinte in cui gli autori guardano quello che succede. Associazione sbagliata, effetto sonoro di errore, luce rossa e leva da attivare. Più si va avanti e più la voce registrata comincia a cedere. “Mi fa male”, “Ora basta, voglio smettere”, “Fatemi uscire da qua dentro!” e le reazioni sono diverse. C’è chi sorride, chi si rivolge alla conduttrice che li incita a proseguire, chi parla con Jean Paul e lo incita. I volts sono sempre maggiori e qualcuno comincia a cedere. C’è chi cerca di suggerire le risposte, chi continua a ridere (ma la risata è un modo per scaricare lo stress più che di divertimento) e chi va via. Una minoranza. Una minoranza che si ribella all’autorità. Il concorrente, nel frattempo, urla e chiede di smetterla, implorando e urlando sempre di più, finché non risponde più. Qualcun altro abbandona, a 360, in zona limite, proprio quando sente che nessuna protesta si alza più. Ma molti arrivano fino alla Zona estrema del titolo. 460 volts. “Vous avez gagnez!”, avete vinto, urla una voce in studio registrata, il pubblico è contento, e anche le cavie, alcune delle quali sorridono soddisfatte.
 
Disobbedire è un processo difficilissimo spiega lo psicologo che ha seguito l’esperimento, a ogni leva che si aziona ci si “engage” sempre di più e più si va avanti più l’autorità è difficile da abbattere. E allora le reazioni sono diverse. C’è chi, come detto, tenta di suggerire, e proprio questo li tira fuori da chi si è giustificato dicendo che la tv non può ammazzare e loro lo sapevano, e c’è chi fa finta di nulla, e la negazione, si spiega nel film, è un ottimo modo per sottomettersi all’autorità, far finta di non sentire le grida e parlarci sopra, e appunto chi sosteneva di essere in tv e quindi... Certo il dubbio che sia tutto una finzione è legittimo, ma nel dubbio la maggior parte è andata avanti.
 
Si entra mano mano in uno stato eteronomico (“Etat agentique”), in cui “ci si comporta come ci si aspetta voglia l’autorità”, fino a “sopportare ciò che si fa contro i propri valori”.
 
Quando in alcuni casi, però, la conduttrice è andata via, lasciando il gioco nelle mani delle sole cavie, il 75% di queste ha abbandonato il gioco prima della fine. Una dimostrazione in più per gli autori di come sia forte il legame tra autorità e sottomesso. I concorrenti quindi ne escono con le ossa rotte, ma fino a un certo punto. Eltchaninoff, spiegava nell’articolo di ieri come i concorrenti non siano malvagi, ma sia più forte di loro. Lo stato eteronomico, appunto!
 
Cosa succederebbe in Italia? Sarebbe stato interessante vedere come si sarebbe reagito a seconda dei paesi, anche in base all’incidenza che questa ha nella vita delle persone. In Francia si passano in media 3 ore e mezzo di vita davanti alla tv a partire dall’età di 5 anni; in pratica dopo il dormire è l’atto che occupa più anni nella vita (14), il lavoro è al terzo posto con 9 anni!
 
Cosa sarebbe successo da noi, quindi? Nel paese delle fattorie e delle isole in cui si rischia la paralisi?

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