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Wind Jet pronta a licenziare 504 lavoratori


A dicembre Wind Jet era un'azienda alla riscossa. Voleva addirittura quotarsi in borsa. Ma dopo la fusione con Alitalia ha dichiarato lo stato di insolvenza e licenziato i suoi lavoratori. Che solo in parte verranno riconvertiti in lavoratori Alitalia. L'unica certezza, per ora, sono gli ammortizzatori sociali. E a farne le spese è tutta la Sicilia.



Il primo dicembre 2011, il direttore commerciale di Wind jet Massimo Polimeni annunciava un aumento di capitale da 20 a 40 milioni di euro, con una quotazione in borsa per l’anno 2012, lasciando intendere che la prima compagnia in Italia di voli low cost, con 12 airbus e tremilioni di passeggeri nel 2011 nonostante la crisi economica fosse ancora in grado di mantenere il suo primato, per di più allargando il proprio mercato con nuove destinazioni verso l’Africa.

Queste dichiarazioni lasciavano presagire un futuro solido e pieno di certezze, ma a fine gennaio arriva la sorpresa con un primo accordo della compagnia catanese con Alitalia, lasciando nello sgomento i lavoratori, che hanno appreso della trattativa solo dai giornali avvertendo i primi sentori di ciò che gli sarebbe accaduto da li a poco.
 
Diventa ufficiale il 13 aprile. Alitalia compra Wind Jet rafforzando il low cost, aprendo prospettive di grande rilevanza strategica sull’intero settore aeroportuale, e continuando a lasciare nel caos la forza lavoro.
 
Il tragico epilogo arriva il 24 aprile, quando l'azienda etnea, in una lettera indirizzata ai sindacati FILT CGIL – UIL – FISMIC, all’ufficio regionale del lavoro e per ultimo al Ministero del lavoro e delle politiche agricole, dichiara lo stato di insolvenza e la mobilità dei 504 dipendenti, che solo in parte saranno riassorbiti dalla nuova CAI.

Nella missiva Wind Jet spiega che negli ultimi tre bilanci d’esercizio risultano perdite pesantissime, passando dai 182577,00 del 2009 ai 3.113.178,00 del 2010, prevedendo per l’anno 2011 perdite per oltre 10.000.000,00.


Le perdite sono da attribuire all’aumento del carburante, ai servizi accessori per il mantenimento degli aerei divenuti insostenibili per l’azienda, e a una forte esposizione debitoria verso le banche, che ha determinato una mancanza di liquidità, a ciò si aggiunge la sempre più pesante concorrenza nel costo dei biglietti, trovandosi nella difficoltà di poter garantire prezzi contenuti e servizi adeguati.

L’azienda catanese di proprietà di Antonino Pulvirenti, peraltro presidente del Catania Calcio, che alle sue attive 22 destinazioni nazionali e 10 europee, trova come unica soluzione il licenziamento collettivo di 504 persone, reso necessario per la conseguente cessazione di ogni attività societaria.

In attesa che i più fortunati vengano riassunti in Alitalia, la certezza è di ricorrere agli ammortizzatori sociali, per far fronte al dramma della perdita del lavoro, che salvo brutte sorprese dovrebbe dare un po’ di respiro. Nel frattempo l’intero personale aspetta ancora le indennità degli ultimi tre mesi, oltre alla tredicesima dello scorso anno, che pare non siano possibili corrispondere nell’immediato futuro.

I lavoratori si chiedono perché in pochi mesi si è passati dal potenziamento societario all’insolvenza della stessa, vicenda che può far sorgere qualche dubbio, ma ancor più grave averli tenuti all’oscuro di tutto.

E sarà la Sicilia a pagare il prezzo più alto di questa nuova operazione finanziaria: oltre a vedersi privare della propria compagnia, non avrà più voli a basso costo, soprattutto sulle tratte Roma – Milano, per il ridotto mercato concorrenziale, ponendo un velo pietoso sulla possibilità di usufruire dei collegamenti ferroviari ormai obsoleti e carenti.

 

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