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Vuoi lavorare? Togliti il velo! La democrazia sul corpo delle donne

 A Cattolica, provincia di Rimini, una ragazza di 17 anni va a fare richiesta per uno stage all’Hotel Carducci 76. La ragazza è al quarto anno di Istituto Turistico e ha diritto a un periodo di tirocinio in una struttura alberghiera. L’albergo in questione però rifiuta la sua richiesta perché la ragazza, Omaina, non è adatta a stare a contatto con i clienti. 

Perché porta il velo e non ha intenzione di toglierselo.

L’albergo ha fatto bene a rifiutare la sua richiesta anche solo perché Omaina non ha i requisiti richiesti dalla struttura in fatto di dress code. Perché, tra l’altro, il velo è simbolo di ostentazione di una religione avversa ai principi cattolici dell’Italia, perché è il simbolo di una sottomissione culturale che chiama la discriminazione. E’ lei che ha scelto di essere discriminata. Si togliesse il velo se vuole essere emancipata davvero. Il velo è un simbolo antidemocratico, qui siamo in un paese laico, lo indossassero nei loro Paesi, che in fondo questi non sono mai italiani del tutto, no?

VOI permettete la costruzione di chiese cattoliche nei vostri Paesi e NOI vi assumeremo come nostre receptionist. L’albergatore ha operato una discriminazione, sì, ma in positivo, perché ha protetto la democrazia del suo posto di lavoro. Quel velo lede anche la nostra libertà, la mette sotto pericolo, fa sì che si passi come normale il fatto che una donna si copra il capo perché ha deciso di farlo. E invece no, non può deciderlo! Perchè è un simbolo antidemocratico, qui siamo in un paese laico, lo indossassero nei loro Paesi... ad libitum.

 

Ecco, riassunta in poche righe la vicenda di Omaina, la 17enne a cui è stato rifiutato lo stage per il fatto di indossare il suo hijab, e la reazione di molti lettori di fronte alla notizia.

Sulla vicenda in sé è chiaro che l’Italia non sia un Paese multiculturale, ma ancora intriso di pregiudizi e categorie culturali retrograde, alimentate negli ultimi vent’anni dalla retorica razzista di governi che con questa hanno giustificato due guerre, leggi sul reato di clandestinità, impossibilità di applicare lo ius soli e il grande sgomento per la prima Ministra nera della nostra Storia, Kyenge, prontamente messa in panchina dal governo Renzi.

Omaina non è l’unica ragazza a cui è stato negato un posto di lavoro per via del velo che porta sul capo. E’ successo anche a Hajer a Prato, una giovane interprete velata è stata licenziata a Torino, mentre a Milano a una studentessa universitaria è stato rifiutato un lavoro di volantinaggio.

Omaina ragiona su cosa le è successo, immagina il suo futuro.

“Se succede una cosa del genere solo per uno stage scolastico di tre settimane, allora vuol dire che infuturo farò molta fatica a farmi assumere davvero. Io non voglio essere costretta a togliermi il velo per lavorare, tanto più che non mi copre il viso”

velo
In Italia, molte donne sono certe che strappare via i veli di chi decide di portarli, sia un modo genuino di esportare democrazia. Poco importa che in Pakistan sia nata la prima supereroina addirittura in burka, Burka Avenger, capace di combattere per l’alfabetizzazione femminile usando libri e penne contro armi contro i cattivi patriarchi del villaggio. Poco importa che nascano gruppi di donne musulmane e femministe che chiedono a gran voce di poter applicare il proprio sistema di lotte alle loro necessità, contro l’atteggiamento paternalista e sovradeterminante di ALCUNE femministe occidentali.

muslimah

(Sono un’orgogliosa musulmana. Non ho bisogno di essere “liberata”. Non apprezzo il fatto di essere usata per rinforzare l’imperialismo occidentale. Voi non mi rappresentate! #MuslimahPride)

 

A molte donne piacciono solo quelle che il velo se lo tolgono. Piacciono anche a noi. Ci piace Said, la giornalista egiziana che si è tolta l’hijab davanti all’imam che stava intervistando perchè questi le imponeva di portarlo. Siamo solidali con Amina, la 19enne tunisina che si è fatta fotografare a seno nudo e la scritta “Il mio corpo mi appartiene, non è l’onore di nessuno”.

velo2

(Non dite a noi cosa indossare, dite agli uomini di non stuprare)

 

E’ molto semplice essere d’accordo con loro, dal nostro punto di vista di donne atee o non islamiche, abituate a pensare che la nostra libertà sia fatta anche di poter decidere quanti cm di pelle esporre del nostro corpo. Più difficile, evidentemente anche per chi segue il nostro blog e ha riempito la nostra pagina di considerazioni al limite della fobia per l’islam e per il velo in sé, è accettare che alcune donne scelgono di indossare il velo, lungo o corto che sia, perché quello definisce parte della loro identità, perché è un simbolo in antitesi con tanti altri che appartengono a un modello di donna diciamo occidentale, che non condividono.La libertà però è fatta di scelte, di autodeterminazione. Vietare alle donne di indossare il velo contrasta con il loro diritto a compiere scelte autodeterminate

Ma come può per una donna essere una scelta libera quella di velarsi il capo, il corpo o addirittura il volto? Questa domanda sembra retorica, sembra avere implicita la risposta “non può essere mai una scelta libera”, ma questo solo se diamo per scontata l’identità velo-oppressione.

Il velo solitamente viene associato alla religione islamica, tralasciando tutti gli altri motivi per cui le donne potrebbero indossarlo, la religione islamica a sua volta tende ad essere considerata, in maniera monolitica, come un complesso di norme molto restrittive e retrograde, ne deriva il collegamento del velo con l’oppressione, l’inciviltà, la misoginia, l’arretratezza. Così abbiamo non solo una visione razzista del popolo musulmano, considerato rozzo e misogino perché costringe le donne al velo, ma anche una stereotipizzazione della donna musulmana.

La donna musulmana è l’oppressa, è la vittima da salvare, applicando le nostre categorie di “donne occidentali”, così quando ci chiedono solidarietà, come ha fatto Omaina raccontando la sua storia di discriminazione, non sempre siamo pronte a sostenere le loro battaglie perché la loro idea di libertà, in questo caso fare lo stage indossando il velo, non coincide con la nostra.

Indossare il velo per molte ragazze, soprattutto immigrate, è oggi un segno identitario e una forma di resistenza alla colonizzazione occidentale. Ad esempio durante la guerra di liberazione in Algeria alcune donne furono sottoposte a delle vere e proprie cerimonie di svelamento, le donne francesi liberavano le donne algerine dall’oppressione patriarcale, occupazione di un territorio che passava attraverso l’occupazione dei corpi delle donne.

Qualche anno fa la Francia vara leggi che impediscono burqa e niqad nei luoghi pubblici, tra le conseguenze una maggior diffusione di episodi razzisti e la segregazione delle donne in casa.

In un periodo di crisi economica, in un momento storico in cui le forze di estrema destra sembrano rinvigorite, dopo anni di politiche cieche e razziste, è facile individuare nell’”altro”, nel diverso, in quella che porta il velo, la nemica da combattere o la poveretta da civilizzare.

E siamo sempre lì, per scoprirlo o per coprirlo, per dire non metterti una minigonna sennò ti stuprano, non metterti il velo sennò sei sottomessa, siamo ancora sempre sul corpo delle donne, quel corpo è ancora il campo di battaglia, usato per legittimare sempe nuove forme di oppressione.

Laura & Enrica

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.191) 2 maggio 2014 18:36

    PaoloM

    E’ veramente assurdo vietare alle donne di indossare il velo (sono tante le cittadine italiane che lo usano abitualmente).

  • Di (---.---.---.110) 2 maggio 2014 19:25

    I retrogradi siete voi "multiculturalisti". L’islam al pari della religione cattolica è antidemocratico e oppressivo verso donne e diversi. Come i leghisti siete i nemici del popolo italiano.

    • Di (---.---.---.116) 3 maggio 2014 13:31

      Il razzismo , l’antifascismo perbenista e moralista che giustifica le politiche imperialiste della NATO o l’invasione statunitense dell’Italia del 45 ( altro che " liberazione " ! ) , l’odio verso il diverso ( specie se di colore o ideologia non conforme a quella liberaldemocratica dominante ) sono dei cancri della società ...


      Le musulmane devono essere libere di vestirsi come vogliono , le radicali di destra di credere nelle idee che vogliono , il moralismo xenofobo e antifascista , ovvero neocolonialista , deve smettere di esistere , ma in quest’Italia retrograda e molto difficile che le cose cambiano ....


  • Di (---.---.---.133) 2 maggio 2014 19:46

    Precisazione >

    Chi è entrato in Hotel e ristoranti di livello sa bene che il personale (italiano e non) deve seguire precise indicazioni sul modo di abbigliarsi durante il lavoro. Sempre che non sia previsto di indossare una specifica "divisa". Sono vietati, ad esempio, piercing, orecchini voluminosi, capelli colorati, abiti succinti o sgargianti, tacchi alti, ecc.

    Queste sono le regole del settore. Regole ben conosciute dagli Istituti Turistici e Alberghieri.

    E’ un fatto di "immagine" e di "accoglienza" del cliente. Non c’entra affatto la libertà di religione. Per capirsi. Nessuno si sognerebbe di fare indossare il velo ad una infermiera di sala operatoria. 

  • Di (---.---.---.116) 3 maggio 2014 13:25

    Sono d’accordo , infatti anche in Africa , MedioOriente e in Asia le donne dovrebbero vestirsi come gli pare , con il velo bianco perchè vestirsi da suora è libertà e nessuno deve obbligare a togliersi il velo , come forzatamente hanno voluto e vogliono retrograd* , anche in Italia .


    Sì alla libertà , io mi vesto da suora e ho amiche che usano il velo islamico e sono femminista perchè questa è la vera libertà , non la mercificazione del corpo come esiste nella società occidentale laicista e atea !

    Noi siamo tutte figlie di Dio , diciamo basta al satanismo e all’ateismo massonico nemico di ogni nostra libertà !

    Il corpo è mio e lo gestisco io , la mente è mia e la gestisco io , vade retro maschilisti e satanisti !

    Soni(@)
  • Di Angela (---.---.---.49) 3 febbraio 2019 18:21

    Ogni persona ha il diritto di mettersi ciò che vuole, cosi come ci sono donne che amano mettersi la minigonna ci sono donne che amano coprirsi.. poi a cosa gliene frega agli altri se una persona non vuole fare vedere i suoi capelli o meno è una sua decisione. E poi si parla di democrazia ma per piacere non fatemi ridere ,li dove gli altri decidono cosa devo mettermi non è democrazia. Siamo sempre esseri umani con una dignità e un onore e non vorrei che vengano calpestati da delle leggi banali e inutili come quella di togliersi il velo per svolgere un lavoro o un tirocinio. Spero in un mondo in cui possiamo decidere di essere chi vogliamo e decidere di metterci cosa vogliamo senza essere criticati.

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