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Veltroni e l’astinenza da presenza sui media. La tregua armata nel Pd

 

L’uomo a quanto pare è in astinenza da presenza sui media. Nonostante la sonora sconfitta del 2008 e quella legge elettorale che, nei fatti, ha contribuito a far approvare (il famigerato porcellum), il non sentirsi al centro (ma proprio centro) del dibattito politico italiano lo manda quasi all’orlo di una crisi di panico. E quindi l’uomo alza il tiro cercando lo scontro nei confronti della propria creatura, il Pd. Parliamo, è evidente, di Walter Veltroni. Che da qualche settimana non perde occasione per attaccare la gestione di Bersani del suo partito, il Pd appunto. Un Veltroni che si allea con l’ala più centrista di Fioroni e con gli ex margherita di Gentiloni (e Realacci e quel poco che rimane degli EcoDem, mi domando, che fanno?). Le agenzie ci informano che l’ex sindaco di Roma e ex segretario del Pd (e anche ex vicepresidente del consiglio e ex direttore de L’Unità) ha rilasciato un’intervista al prestigioso magazine di informazione politica “Gioia”. Ecco quello che dichiara il buonissimo Walter: «Bisogna affrontare l’emergenza economica, cambiare la legge elettorale, far decantare la situazione, creare le condizioni per un confronto tra due schieramenti alternativi civili. E, tra un anno, andare al voto». Ma va? Fatto un procellum lo si butta nel cassonetto quando non serve più? Si sa, in politica le cose cambiano e con velocità sconcertante.

Ma non è finita. Sempre a “Gioia” Veltroni ha dichiarato, lamentandosi ma senza una pur minima assunzione di responsabilità del disastro del 2008: «Ho registrato ingiustizie e vigliaccherie. Fossi stato più giovane ne avrei sofferto. Ultimamente ho girato l’Italia per partecipare alle feste dl Pd. E ho misurato un affetto più grande di prima. Rivedere i luoghi della mia campagna elettorale e ripensare a quelle piazze piene, a quella passione, fa male. Ma so di essere arrivato fin dove era possibile arrivare, di aver conquistato il risultato migliore della storia del riformismo italiano e di averlo fatto nel momento più difficile, dopo l’esperienza dell’Unione e delle sue intollerabili divisioni». Alla domanda se in questo momento si senta più dentro o più fuori dal gioco politico, Veltroni ha risposto: «Dentro e fuori, perché io sono così, sono rimasto così, e continuo a essere convinto che una tavolozza a più colori sia più simile alla realtà dell’a vita delle persone. Quello che intendo fare, e lo farò, è tenere viva l’idea del Pd così com’è nato. Senza richiedere ruoli».

Un Bersani avvisato mezzo salvato. Forse. E intanto anche l’ex segretario Dario Franceschini, su Twitter, cerca di versare acqua sul fuoco dopo il coordinamento del Pd dove è stata siglata una tregua, temiamo armata, fra il segretario e l’ex candidato premier del 2008 (ma non era il buonista per eccellenza?). «Di fronte alla destra spaccata e ai rischi per la democrazia, nel Pd deve prevalere la ricerca di unità, non il protagonismo che divide», scrive Franceschini. Come dargli torto. Quanti sono i candidati alle possibili future primarie andando a guardare solo nel Pd? Due? Tre? Contiamoli un po’. Bersani, Chiamparino, Veltroni (eh si!) e perfino qualcuno vorrebbe Zingaretti. Quattro. Niente male se vogliamo parlare di protagonismo. Eh si, l’astinenza da presenza sui media è una brutta bestia.

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