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Una finestra sull’America di oggi: il cinema di Jim Jarmusch

Jim Jarmusch è originario di Akron, Ohio, città americana ad alta vocazione industriale. Come il cinema di Quentin Tarantino, anche il cinema di Jarmusch, all’interno del quale le telecamere indagano e indugiano curiose mostrando, senza niente edulcorare, tutto ciò che è e che succede intorno, appare spietatamente realistico.

 

I personaggi della prima cinematografia jarmuschiana, innanzitutto, appaiono spesso come bizzarri esseri umani alla deriva e alle prese con situazioni di per se poco consuete; l’ambiente circostante riflette la provenienza del regista e spesso è costituito da squallidi agglomerati urbani o dalla periferia di grandi città industriali, luoghi all’interno dei quali le situazioni che coinvolgono i personaggi del film riescono ad inserirsi in modo del tutto naturale. Ambienti da squallida periferia urbana, da quartiere malfamato o, più semplicemente, poco attraenti sotto il profilo estetico, senza personalità, senza niente che possa farli diventare oggetto di apprezzamento da parte di persone ‘normali’, dello spettatore, costituiscono le location predilette dal regista americano di origini europee.

A differenza del cinema tarantiniano il cinema di Jarmusch è cinema ‘silenzioso’ che affida i più profondi significati al non detto e alla capacità descrittiva della telecamera. Quest’ultima fruga, scopre e accarezza l’oggetto delle proprie attenzioni svolgendo di fatto un ruolo descrittivo e narrativo facendosi carico di rappresentare anche letterariamente la realtà delle cose e di raffigurare narrativamente il messaggio voluto dall’autore. Per il resto, il cinema di Jarmusch condivide con l’arte di Tarantino il gusto per l’ironia e per una salace goliardia, una certa predilezione per le situazioni paradossali o comiche nonché la rara capacità di far godere lo spettatore con la sua particolarissima e originale rappresentazione dell’american way of life. Anche Jarmusch, inoltre, come già Tarantino e Wenders, fa parte di quella schiera di registi che hanno fatto della musica pop e della recitazione e del supporto di alcuni dei suoi protagonisti tasselli significativi nell’ambito del proprio cinema.

Diversi gli attori musicisti ‘feticcio’ che popolano la cinematografia jarmuschiana: Tom Waits, John Lurie, Iggy Pop e Joe Strummer; oltre ad essi, per il regista dell’Ohio, tra gli altri hanno recitato anche grandi personaggi del mondo della musica come Screaming Jay Hawkins, Rufus Thomas e il duo rock dei White Stripes. A conferma della vocazione ‘pop’ del regista conviene ricordare che nel 1996 Jarmusch segue in tour Neil Young e i Crazy Horse. Ne viene fuori un documentario a tutti gli effetti on the road (Year of the horse, Usa 1997) intriso di sudore, del ricordo di vecchi amici scomparsi e dall’irrefrenabile entusiasmo dimostrato dalla storica band americana e dai suoi fan durante le esibizioni dal vivo.

Sceneggiature ridotte spesso all’osso e, si diceva, camera indagatrice che si intrufola nei vicoli puzzolenti di un’America in agonia, in giardinetti mal tenuti di periferia e in desolati parcheggi d’auto, tutti non luoghi che fanno da sfondo a vicende umane che tipicamente si svolgono in posti che sembrano essere stati creati per far precipitare l’uomo nel vuoto di disagi esistenziali, nelle più profonde solitudini, dentro quella tensione continua che pare essere l’unico elemento al mondo a garantire la sopravvivenza dei protagonisti.

Nell’ambito della filmografia di Jarmusch, Stranger than Paradise (USA 1984) appare come il più kerouachiano tra tutti i suoi film, anche se il tema del viaggio è sempre richiamato nell’ambito della cinematografia del regista di Akron. Eccellente opera prima, girato in bianco e nero, ricostruisce e raffigura assai verosimilmente quel certo modo di vivere disordinato e ‘alla giornata’ che per tradizione costituisce parte integrante dell’esistenza di molti giovani americani.

In Daunbailò (Usa Germania 1986) tre particolarissimi (e molto diversi tra loro) personaggi, un hipster disadattato (Tom Waits), un borioso irruento pappone (John Lurie, sassofonista del gruppo jazz Lounge Lizards), un originale italiano alle prese con la lingua americana (Roberto Benigni) finiscono, dentro la stessa cella, in una prigione di stato. Sono scontri e intemperanza e poca comunicazione, all’inizio; poi, sul finire del film, cauta amicizia e solidarietà. Dopo la fuga dalla prigione è la strada percorsa insieme che riesce a unirli per sempre prima della separazione definitiva.

In Mistery Train (Usa 1989) il mito americano, quello che da sempre aleggia sulla città di Memphis e sul personaggio di Elvis Presley, si rivela solo ‘immaginato’ dai protagonisti del film e da molte delle persone che visitano la città del Tennessee. Un mito talmente falso e inconsistente da fare a pugni con la realtà delle cose che invece mostra come Memphis sia anche capace di essere città squallida e pericolosa. 

Taxisti di notte (colore, Usa 1991) e Coffee and cigarettes (B/N, Usa 2003) sono entrambi film a episodi che ripropongono le consuete modalità espressive del regista. Sul piano dell’efficacia dei contenuti i due film possono essere considerati equivalenti: il primo propone brevi storie notturne di taxisti alle prese con i loro particolari clienti, il secondo presenta scene di personaggi che si incontrano, discutono - spesso senza comunicare -, litigano e fumano davanti a una tazza di caffè. Ognuno degli episodi del film allude alla nevrosi tipica del vivere odierno e rappresenta uno spaccato di esistenze ordinarie che incrociandosi brevemente rivelano le debolezze dell’uomo d’oggi. Indimenticabile, divertentissima, nel primo film, la storia che vede protagonisti i ‘nostri’ Roberto Benigni e Paolo Bonacelli, nel secondo la performance del duo Iggy pop – Tom Waits

Dead man (Usa 1995) costituisce un punto di svolta all’interno della filmografia jarmuschiana. E’ un film western (Johnny Depp ne è l’interprete principale) che riesce a rappresentare nello stesso tempo i lati oscuri di un'America spietata e la profonda spiritualità di una solidale amicizia che intercorre tra il protagonista William Blake - Johnny Depp e l’indiano ‘Nessuno’ - Gary Farmer. La colonna sonora del film è stata scritta da Neil Young. 

Ghost Dog – Il codice del Samurai (Usa 1999) è opera complessa dai contenuti filosofico esistenziali. La scelta di una vita di violenza, la lealtà verso qualcuno cui si deve la vita, la solitudine come necessità e come imperativo categorico individuale e, nonostante tutto ciò, l’amore che il protagonista Ghost Dog (Forest Whitaker), killer disilluso, riesce a sentire dentro di se. Una lettera anonima che gli preannuncia la visita di un figlio di cui ignorava l’esistenza stravolge la vita tranquilla, noiosa, che uno scapolo impenitente (Bill Murray) dedica interamente a se stesso.

 Broken flowers (Usa Francia 2005) è un film leggero che la dice lunga sulla vanità, sulla mutevolezza e sulla fragilità dei rapporti umani. Un film sull’amore che spesso rimane nascosto agli occhi del mondo ma viene fuori inaspettatamente quando si tratta di dare un senso alla propria vita. Limits of control (Usa 2009), infine, è un lungometraggio tanto complesso dal punto di vista della grammatica cinematografica, denso come è di simbolismi e di situazioni misteriose ognuna diversa dall’altra, quanto semplice, addirittura elementare, dal punto di vista del messaggio che esso intende veicolare: solo l’amore è in grado di strapparci alla solitudine; solo l’amore può salvarci la vita.   

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