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Un manifesto della fede cristiana

Ripensare la fede oggi

La fede cristiana nasce da un’esperienza d’amore: l’incontro con Cristo. Nei vangeli è un dato chiaro. Ciò che non nasce dall’amore non è cristiano, perché “Dio è amore” (1Giovanni 4,8). Questa premessa è inevitabilmente critica nei confronti di espressioni religiose che lasciano intravedere altre motivazioni e altri fini.

Una verifica continua in tal senso converrebbe anzitutto ai fedeli del cristianesimo: perdere credibilità significa non raggiungere più il cuore della gente e conseguentemente screditare i propri ideali. Il passaggio delicato è quello dal carisma all’istituzione: un percorso obbligato, che non può diventare un alibi per tradire le caratteristiche originali. Il fondatore si riconoscerebbe ancora nella religione o nel movimento da lui iniziati? Vengono in mente i roghi dell’inquisizione o le stragi delle crociate: si potrebbe argomentare che il fine, allora, era la salvezza del fedele o dell’infedele, ma Gesù di Nazaret non avrebbe sottoscritto tali metodi.

La legge dell’amore implica conseguenze evidenti: la scelta del dialogo nei rapporti personali e sociali, politici e giuridici; la rinuncia ai segni del successo e del potere, economico e militare; la preferenza per le forme aperte nelle strutture materiali, per indicare la disponibilità alla condivisione dei beni fisici e spirituali. Perfino uno Stato può diventare una terra generosa e accogliente, un gan in eden, un giardino nella steppa (Genesi 2,8). Il criterio nella comunicazione dovrebbe essere di tipo propositivo, non imperativo: la libertà è il presupposto dell’amore. La comunità cristiana è chiamata a suscitare entusiasmo, e ciò è possibile se tocca le leve più profonde della persona. Al centro deve essere posto il carisma di Cristo, che attira tutti a sé col suo darsi senza riserve. Attirare, non costringere; la dinamica della fede è il desiderio.


Come Gesù, la comunità cristiana dovrebbe avere un’attenzione senza compromessi per i poveri, i malati, gli emarginati. E, come Gesù, dovrebbe essere pronta ad affrontare l’ostilità dei ricchi e dei potenti. Non si può dimenticare che il Nazareno fu giustiziato dal potere politico-religioso, che scorgeva in lui un pericoloso sovvertitore dell’ordine costituito.

La Chiesa non può accomodarsi nelle pieghe della società, cercando di barcamenarsi in un irenismo neutrale: deve prendere posizione contro ogni ingiustizia, seguendo l’esempio del maestro, essere uno stimolo continuo per le forze politiche e le organizzazioni sociali. La liturgia dovrebbe inverarsi in azioni concrete, per non essere ridotta a rito vuoto e ipocrita: è coerente scambiarsi il segno della pace se si provocano guerre con scelte egoistiche? O spezzare il pane della mensa eucaristica se non si spezza quello della mensa quotidiana? Lo stesso discorso vale per la catechesi: come insegnare agli altri se faccio il contrario nella vita? La diaconia, cioè il servizio, non è un metodo per accumulare punti paradiso, ma un immergersi nel dolore dei poveri per riscattarlo fin dove è possibile. L’intera articolazione della vita cristiana dovrebbe essere passata al vaglio della verità esistenziale quotidiana: questo è il senso del Logos che si fa carne; in caso contrario, è una finzione che crea barriere o addirittura odio e disprezzo, mentre dovrebbe gettare ponti per comprensioni sempre più profonde.

La fede cristiana diventa necessariamente politica: è un’illusione volerla rinchiudere nella naftalina delle sacrestie; il messaggio di Gesù sgretola i muri alzati a protezione dei propri privilegi, le palizzate dell’indifferenza e del razzismo, i lager delle discriminazioni di ogni genere. La Chiesa non può, tuttavia, identificarsi in un partito, perché verrebbe assorbita in logiche di potere che il fondatore non le ha assegnato, anzi, da cui ha ordinato di guardarsi. In materia etica, la comunità cristiana non può imporre allo Stato le proprie posizioni, ma deve testimoniarle con la forza di una convinzione profonda, che metta in crisi le scelte di comodo: ognuno ha il diritto di esercitare la propria libertà, ma nessuno può esigere il silenzio su argomenti in cui sono in gioco i valori più alti.

La Chiesa non è una comunità di giusti: è un’assemblea di persone che riconoscono la propria fragilità, sanno di aver sbagliato e di poter sbagliare; per questo motivo non è un tribunale di giudici severi, ma un rifugio per chiunque voglia imparare ad accettarsi nel suo statuto di essere imperfetto, esposto alle tentazioni e alle prove della vita. Solo una comunità di questo tipo può testimoniare il Cristo che ha voluto dare tutto, anche la vita fisica, per amore dei poveri. Il cristianesimo è la religione che riconosce il segreto di ogni cambiamento: sentirsi amati per imparare ad amare, a propria volta.

Commenti all'articolo

  • Di Paolo (---.---.---.8) 23 febbraio 2009 10:35

    Concordo tutto sul tuo discorso.
    Mi piace sottolineare questa tua frase:"La Chiesa non è una comunità di giusti: è un’assemblea di persone che riconoscono la propria fragilità, sanno di aver sbagliato e di poter sbagliare...".
    Troppo spesso la chiesa si è intromessa prepotentemente in questioni che riguardano l’intera comunità civile , volendo imporre il proprio indirizzo propinandolo come bene assoluto, non per forza ben accetto da tutti.
    Pur essendo cattolico ritengo inopportune queste ingerenze che danneggiano solo la figura della chiesa.

  • Di silvia felicetti (---.---.---.96) 23 febbraio 2009 13:55

    Anch’io concordo, con una precisazione che riguarda la comunicazione, che mi pare improntata ad assoluta mala fede. Assistiamo difatti a violente ingerenze (di recente e senza entrare nel merito: caso Englaro e ronde) per leggere, pochi giorni dopo, dichiarazioni provenienti dal Vaticano con cui ci si spanteca nell’affermare che la Chiesa non intendeva ingerire. Una tecnica consolidata, della serie "sono stato frainteso", ma intanto ciò che è detto è detto (quanti leggono poi l’Osservatore Romano?) alimentando così la confusione delle coscienze.

  • Di Emiliano (---.---.---.3) 23 febbraio 2009 15:10
    Ossigeno per mio Spirito!
    Chiaro, coraggioso, autentico.
    Apprezzo (e ringrazio) soprattutto per la lucidità con la quale viene contestualizzata la ‘legge dell’Amore’, che è la legge di Cristo. Un ‘comandamento’ che non può essere MAI codificato ma che si incarna faticosamente nell’unicità irriducibile – ed irrinunciabile - di ogni individuo. E questo la rende di impossibile codificazione ma, proprio per questo, salvifica.
    Contrario a tutto ciò – è passo qui al campo di cui mi occupo, la Politica – è ogni declinazione identitaria del messaggio di Cristo. Perché là dove la Croce da simbolo di salvezza diventa vessillo di appartenenza il lievito evangelico si trasforma in un’inutile polvere, destinata a sparire fra le macerie che essa stessa genera.
  • Di alride (---.---.---.14) 23 febbraio 2009 17:44
    Perdonatemi se resto su un piano appena più terreno.
    Il quotidiano La Stampa di oggi, a pag. 10, titola: Il Papa "Pregate per me, non lasciatemi solo" - Un crescendo di critiche anche nella Chiesa. 
    L’articolo dopo aver descritto la difficile situazione in cui si trova la Curia romana a livello orizzontale, e verso la figura apicale, riporta un virgolettato di Francesco Margiotta Broglio, studioso di relazioni tra Stato e Chiesa.
    "L’odierno governo della Chiesa difetta nel far comprendere il proprio operato all’esterno dei sacri palazzi".
    Secondo Galeazzi, che ha firmato il pezzo, per risalire a un pontificato così sotto scacco, occorre ricordare (e cita ancora Margiotta Broglio n.d.r.) "le durissime campagne giornalistiche del ’49 contro Pio XII per la scomunica dei comunisti, i comitati civici e le reazioni alle difficili scelte politiche del Papa durante la guerra fredda".
    La pagina della testata torinese, nel dipingere la desolata situazione e le critiche della stampa anglosassone, in una fascetta riporta: -Nel mirino dei media. Il Sunday Times: "si comporta da monarca, aiutato solo da consiglieri leali ma inetti".
    Ancora al conservatore Sunday Times si attribuiscono commenti quali stile regale e distaccato, ed altre valutazioni sulla percezione che proviene da Piazza San Pietro.
    Nelle settimane precedenti la stampa italiana ha timidamente riportato un calo di popolarità e di consenso verso il governo ecclesiastico nel suo complesso, nonostante nel bel paese il circuito mediatico riservi uno spazio esiguo al pensiero laico, a causa degli intricati ed oscuri conflitti d’interesse tra editori, direttori di giornali, partiti politici e mondo economico.
     Mentre le forze politiche si contendono il porporato consenso, spacciando in modo improprio parole importantissime come "famiglia", ai cittadini arrivano prodotti informativi abilmente confezionati, per diffondere i moniti provenienti dai sacri palazzi come l’unica ed indiscutibile verità possibile.
    L’offensiva contro la libertà di pensiero e i diritti civili è a tutto campo, alla faccia del Concordato. Che vale solo per una parte, in aggiunta sovvenzionato da pubblico danaro.
    Nonostante quanto sopra il credito della chiesa cattolica si va assottigliando sempre più e sembra destinato ad esaurirsi per un fenomeno autoimmune.
    Mi sembra lecito domandarsi: chi può affermare che nei secoli il cattolicesimo non scomparirà? Credo sia tempo di rilanciare, ponendo in discussione questo tema.
     Forse il bianco potrebbe non andare più di moda.
  • Di giorgio (---.---.---.193) 24 febbraio 2009 15:14

     

    Fabrizio, ti sei buttato su questo argomento con tutta la passione di un Savonarola. E hai toccato,tra gli altri, un tema delicato: quello del potere delle istituzioni nella chiesa e della chiesa e dell’uso che ne viene fatto.

    Purtroppo la seduzione del potere è forte. Tu parli delle crociate, lasciami fare un passo indietro: nel 1054 si consuma il grande scisma nella chiesa: Oriente ed Occidente cristiano si scomunicano a vicenda e sulla base di cosa? Sulla base di nulla o quasi che non sia il potere. La quarta crociata, nel 1204 mette a ferro e fuoco la cristianissima Costantinopoli massacrando e rubando sulla base di cosa? Della lotta a chi?... Non si voleva forse, sotto sotto, riunire con la forza la cristianità divisa nel segno di Roma?

    Ritengo però che dobbiamo stare attenti a non perderci in quella che ritengo una seduzione del maligno.

    Ma torniamo al cuore del problema: l’amore in senso cristiano; totalizzante quanto difficile da vivere. Quell’amore che dovrebbe ispirare la vita quotidiana del cristiano…

    Su questa strada ti seguo. In fondo, questo dell’ amore è l’unico legame che può unificare i popoli sulla terra anche in senso politico (e portare la pace). Il cristiano in questo senso deve essere artefice, non succube. Essere impegnato ma con attenzione a non essere fagocitato o sedotto da certe logiche della politica…

    Certo la Chiesa, come istituzione non sempre è stata portatrice di questo messaggio d’amore, anche se ultimamente un papa ha sentito con molta umiltà il bisogno di chiedere perdono per l’amore tante volte negato…

    “La dinamica della fede è il desiderio” hai detto. Tutte le dinamiche dell’affettività dell’uomo sono mosse dal desiderio, importante è saper orientare questo desiderio. L’uomo deve avere avanti a sé la giusta visione del percorso da seguire. Si tratta in fondo di “camminare nella luce” (v. 1 Gv-1, 7) come hai già citato. Questo è il compito della Chiesa come istituzione: traghettare l’uomo!

    Più l’uomo ri-esce dal proprio io e più si ritrova nel suo prossimo. E’ la legge dell’amore che si può anche inserire in un contesto etico, senza dimenticare però che la legge morale l’hanno scritta gli uomini, quella dell’amore ci è stata rivelata da Dio… con un respiro eterno.

    La Chiesa nelle sue istituzioni ha questo compito.

    Per quanto riguarda la liturgia ed il rito, nel percorso memoriale sono il veicolo per indirizzare quel desiderio di cui abbiamo parlato. Sono imprescindibile nutrimento al cammino su quella montagna delle difficoltà giornaliere verso quell’incontro che nel nostro immaginario avviene Lassù.

    Noi affrontiamo la salita nella speranza che Lui ci venga incontro…

    Vivere l’amore nel quotidiano, con umiltà, questo credo sia il grande, unico segreto.

    Tanti sono gli esempi a cui attingere e, come aggiungeva don Mario,…”anche se non possiamo essere tutti dei san Francesco”!

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     


  • Di fabrizio centofanti (---.---.---.173) 25 febbraio 2009 00:28

     grazie, amici.
    penso che ognuno debba fare la sua parte perché la vita sia più autentica pssibile.
    siamo fatti per questo, basta vincere la paura che a volte ci attanaglia.
    fabrizio

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