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Un bicchiere di veleno. Se si pesca acqua fra i rifiuti tossici...

Ma cosa succede se nella terra dei fuochi si cucina con acqua di fogna? Succede che aumentano i tumori, che le radiografie scintillano, che gli americani se ne vanno dalle case in affitto...

Questi i fatti. Negli ultimi 30 anni, fra Napoli e Caserta i terreni (ed ora anche le strade provinciali) sono stati usati come sversatoio di rifiuti tossici. Dalle grandi aziende, dalle piccole officine meccaniche, ed anche dagli stessi cittadini.
 
I terreni si sono inquinati, i frutti della terra si sono riempiti di sostanze nocive, così come le carni degli animali. Ma soprattutto lo sono le falde acquifere, che raccolgono il percolato delle discariche, i liquidi delle batterie e dei fusti tossici (a Casaluce l’ultimo ritrovamento), le polveri di combustione delle gomme e delle lastre di amianto. E in molti casi, nel sottosuolo finiscono gli scarichi domestici delle abitazioni che non sono allacciate alla rete idrica.

Da quelle stesse acque, a Villa Literno, a Casal di Principe, a Giugliano, a Marano, insomma proprio lì, sempre lì, fra Napoli e Caserta, in quella terra di mezzo dove lo Stato non fa lo Stato, tante famiglie vivono in case non allacciate alla rete pubblica. In totale, si parla di una trentina di Comuni.

L’acqua arriva da pozzi artesiani: si fa un buco a terra, si infila un tubo a 10, 20 metri di profondità e si tira su con un motore industriale. Con quell’acqua inquinata (per usare un eufemismo) ci si lava i denti, si lessa la pasta, si sciacqua l’insalata, si puliscono le ferite…

Ma almeno non si beve. Qui tutti lo sanno che l’acqua non è assolutamente potabile. Ma non gli Americani: da 50 anni li vediamo bollire quei beveroni che chiamano caffè direttamente con l’acqua del rubinetto. E così di certo facevano nelle loro case prese in affitto nel “triangolo della morte”. Nessuno glielo aveva detto che ora questa terra si chiama così.

La vicenda è vecchia, cominciata due anni fa, ma un bel documentario di Rai News ne ricostruisce i fatti salienti, partendo proprio dalle discariche e finendo a Gricignano, alla base Nato, dove i militari della Us Navy sono stati richiamati in fretta e furia…

Racconta il giornalista Claudio Pappaianni (“L’Espresso”) che quando è scoppiato l’allarme per l’acqua inquinata, la sesta flotta ha commissionato un’indagine sulla salubrità dell’ambiente, nei territori dove vivono i militari Usa. Ne è emerso che l’acqua delle falde è fortemente inquinata e finiva nei rubinetti delle case che gli americani avevano preso in fitto. Lì c’erano (e ci sono) allacciamenti abusivi a pozzi artesiani, visto che in molti di questi Comuni le abitazioni non sono allacciate alla rete idrica.

Il primo provvedimento Usa è stato quello di richiamare tutti i militari che non vivevano nella base di Gricignano: o venite a vivere qui oppure vi dovete lavare e dovete cucinare con l’acqua delle bottiglie che comprate al supermercato.

Più che i coliformi, però – spiega l’ingegnere idraulico Angelo Morlando i veri assassini del nostro organismo sono i metalli pesanti che si accumulano nell’organismo degli uomini come in quello degli animali”. Morlando racconta di uomini con una concentrazione così alta di metalli pesanti, che gli organi interni, nelle radiografie, sono fluorescenti.

Ma purtroppo il problema non è solo degli abusivi: Emanuele Fittipaldi, altro giornalista del settimanale “L’Espresso”, nel libro “Così ci uccidono” racconta la storia del decreto legge che consente ai Comuni italiani di avere una deroga sul livello di tossicità dell’acqua pubblica, cioè di far sì che per determinati periodi di tempo si possa bere – senza peraltro saperlo - più veleno di ciò che prescrive la legge.

Centinaia e centinaia di Comuni ci hanno fatto bere negli anni e continuano a farci bere acqua inquinata”, dice Fittipaldi.

E persino il neo assessore all’ambiente della Regione Campania, Giovanni Romano, ammette che in Campania ci sono delle zone dove la soglia di attenzione per quanto riguarda i livelli di contaminazione dell’acqua, se non addirittura di avvelenamento, impone maggiore attenzione: “Però – assicura Romano - le deroghe sono state concesse solo perché abbiamo verificato che non ci sarebbe stata pericolosità per l’uomo, in ogni caso faremo in modo di non concederne più”.

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