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Usa: due militari condannati per strage ma con pena diversa. Il dilemma di Obama

Due stragi efferate, due diverse condanne. 
 
La prima, a vita, quella inflitta al sergente Robert Bales, che l'11 marzo 2012 ha massacrato 16 civili e ferito gravemente altre 6 persone, in maggioranza donne e bambini, in due villaggi in provincia di Kandahar. Crivellati di colpi d'arma da fuoco, i corpi vennero anche bruciati.
 
Il motivo? Un diverbio con un'anziana durante un pattugliamento. Tornato nottetempo nel villaggio di Alkozai, Bales è entrato nelle case mentre la gente dormiva, sparando all'impazzata con il suo fucile d'assalto. Quando l'M4 era ormai scarico, ha continuato a fare fuoco con la Beretta M9 in dotazione all'esercito USA. Alcune delle vittime sono state "finite" a colpi di pugnale. 11 dei 16 cadaveri lasciati sul posto appartenevano alla stessa famiglia.
La seconda è una condanna a morte, decisa per il maggiore Nidal Malik Hasan, l'ufficiale medico che il 5 novembre 2009 ha ucciso 13 commilitoni e ferito gravemente altri 32 militari nella base di Fort Hood, in Texas. Hasan, psichiatra americano di origini palestinesi, era in contatto con Anwar al-Awlaki, uno dei capi di Al Qaida nella penisola arabica, eliminato da un drone il 30 settembre 2011. La strage è avvenuta in infermeria. Hasan ha continuato a mitragliare urlando "Allahu akbar" ("Dio è grande", in arabo) finché un altro militare non gli ha sparato alla schiena.
 
"Delitto e castigo in stile militare" è il titolo di un articolo del New Yorker che commenta le differenze (e le sproporzioni?) tra i due processi. Due condanne, dalla corte marziale dello stato di Washington e da quella del Texas, che pongono l'amministrazione Obama di fronte ad "un brutto dilemma".
 
"Morte in carcere" per il primo (Bales è stato giudicato colpevole senza possibilità di parola), morte immediata per il secondo. Con le differenze del caso.
"Un militare dell'U.S. Army è un americano modello (bianco, cattolico, capitano della squadra di football al college, studente dell'Ohio, sposato e padre di due bambini), dal passato leggermente oscuro (quando lavorava come broker nel 2001, prima di arruolarsi nell'esercito, è stato coinvolto in una frode finanziaria). Uccide 16 civili afgani, disarmati e musulmani, tra i quali 4 donne e 9 bambini. Si becca una condanna a vita.
 
L'altro militare dell'U.S. Army è un musulmano, il figlio maggiore di una famiglia di immigrati palestinesi, un dottore, un ufficiale medico e non è sposato. Uccide 13 soldati americani, disarmati e in uniforme. Si becca una condanna a morte"
 
Bales, dichiarandosi colpevole, non era condannabile alla sedia elettrica; Hasan ha rifiutato gli avvocati, scegliendo di difendersi da solo e aprendo di fatto la strada alla pena capitale. L'ultima condanna a morte di un militare, negli Stati Uniti, risale al 1961, sotto Kennedy. A decidere di giustiziare un soldato dev'essere il capo delle forze armate, ovvero il Presidente in persona. 
 
Da qui l'annoso "dilemma" (in italiano nel testo inglese) di Obama: "Se si rifiuta di firmare la condanna a morte sarà oggetto, ovviamente, di un attacco demagogico sfrenato da parte della destra repubblicana".
 
Ma se invece firma, e l'esecuzione viene effettuata, il Premio Nobel per la Pace dovrà giustificare un atto che conferma, almeno in parte, un grave sospetto. E cioè che gli Stati Uniti considerino la morte di un musulmano (sia esso di nazionalità afgana o americana) "meno importante" di quella di un cristiano. Un sospetto che, alla vigilia di una nuova guerra in Medio Oriente, pesa come un macigno. E potrebbe avere gravi conseguenze. 
 
 

Foto: Wikimedia

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