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Tutti i limiti di Marchionne

“Senza l’Italia faremmo meglio”, ha dichiarato Sergio Marchionne da Fabio Fazio, a conferma che l’Italia è quel bizzarro paese dove si fa “politica” (in senso molto lato, e per ciò stesso altrettanto importante) nelle trasmissioni televisive. “Nemmeno un euro dei 2 miliardi dell’utile operativo previsto per il 2010″ viene dall’Italia. Marchionne sostiene che le fabbriche italiane producono in perdita, e non c’è motivo di non credergli.

Il tentativo del globetrotter canadese-abruzzese di modernizzare le relazioni industriali di questo paese è encomiabile e titanico. Sappiamo anche che non è colpa degli operai, come ha dichiarato lo stesso Marchionne. In effetti non è colpa degli operai se questo paese ha una dotazione infrastrutturale ridicola, una giustizia civile da terzo mondo, oneri impropri da burocrazia di fattura medievale. Ed allo stesso modo, vediamo piuttosto difficile compensare questi handicap strutturali rimodulando i turni ed i riposi, anche se pare che ciò vada comunque fatto. Il nostro terrore è che l’Italia abbia una classe dirigente (in senso lato, non parliamo di Marchionne) che continua a reiterare slogan salvifici di fronte ad una realtà maledettamente complessa, e che finirà con lo schiacciarci tutti mentre verremo accusati di non comprenderla.

Ma non è che, perdite degli impianti italiani a parte, l’utile operativo di Fiat Group viene in larghissima parte da Case New Holland e Iveco (che pure hanno impianti in Italia) mentre l’automotive lavora su modelli a basso margine di contribuzione, e per ciò stesso condannati ad essere assai poco remunerativi, men che meno quando si hanno impianti che hanno un breakeven troppo alto? E Marchionne certamente sa che Fiat, dei grandi costruttori globali, è di fatto l’unico a non aver in programma il lancio di nuovi modelli o restyling importanti. Strategia deliberata, si dice, in attesa che la crisi finisca e per non bruciare munizioni. Sarà. Ma nel frattempo sarebbe opportuno cercare di capire quali sono le effettive fonti di perdita per Fiat. Ferme restando le colpe di un sistema-paese a cui il destino cinico e baro sta presentando il conto.

Anche se continuiamo a non capire (o forse capiamo anche troppo bene) perché un gruppo che nel 2009 aveva un rosso di bilancio consolidato è tornato a pagare un dividendo. Ma per favore, caro Marchionne, non dica che lei è un metalmeccanico. Quanti altri suoi colleghi tute blu siedono nel board di UBS?

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.126) 25 ottobre 2010 19:54

    La Fiat di Marchionne starebbe meglio senza l’Italia. Certi sedicenti esperti hanno smesso di applaudire a “Fabrica Italia” e non giurano più sui 20 mld di investimenti tante volte promessi. Forse non sapevano che in USA, come in Polonia ed in Serbia, la Fiat di Marchionne dispone di ingenti aiuti di stato o che in Brasile il mercato dell’auto cresce del 10% all’anno. Per loro era solo un problema di “nuove” relazioni industriali. Il canadese Marchionne dell’Italia ha imparato la forza del “far sognare”. Così dopo la rottamazione 2009 è arrivata la Cig 2010 .. Ora SACCONI (Lavoro) non trova più le parole e ROMANI (Sviluppo Economico) preferisce tacere. Di certo vediamo le “nebbie” autunnali di quella crisi (ex-ripresa) che da mesi grava sul paese come Se fosse stagnazione …

  • Di (---.---.---.246) 26 ottobre 2010 23:24

    Marchionne ha avuto la sola colpa di dire una verità scomoda alla classe politica e dirigente di questo paese: un paese che si colloca al 62° posto per la corruzione, con una evasione fiscale che supera 100 miliardi di euro, con un costo della politica che si aggira sui 60 miliardi di euro, con una politica industriale tipica del dopoguerra, con relazioni sindacali superate dalla nuove economie. Ha ragione quanto dice che in un mercato globale se una macchina che produce la fiat costa un euro in più della concorrenza nessuna la compra. Starnazzano i politici alla parole di Marchionne anzicchè fare una seria riflessione e mettere mano alla modernizzazione di questo paese.

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