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Turchia: donne simbolo della protesta

Scontri e proteste in Turchia. È bastato che un parco fosse dichiarato suolo da cementificare, per innescare l’inizio di una rivolta che non si placa e va avanti da una settimana circa. Brucia ai turchi vedersi portar via i luoghi della loro identità e un parco lo è quando permette alla gente d’incontrarsi per comunicare e stare insieme. In fondo abbattere gli alberi per far posto ad un centro commerciale significa non solo violentare l’ambiente, ma anche rendere anonimi gli incontri della gente che affolla i centri commerciali per comprare e consumare e non per godere di verde, sole e aria.

Simbolo di questa protesta, che si è incanalata sui binari di una democrazia scippata, le donne. Ceyda Sungar ossia la “signora in rosso” che resiste impassibile alla forza degli idranti è diventata il simbolo di una protesta nella quale le donne si sono ritagliate il loro spazio. Donne che sfidano una mentalità di chiaro stampo integralista, che non esitano a scendere in piazza a farsi pestare, senza indietreggiare di un millimetro, nemmeno davanti alla violenza dei manganelli o dei capelli tirati dai poliziotti, come testimoniano le immagini.

E In Italia? Cosa fanno le donne, come si muovono, cosa tentano di fare per entrare nella storia e determinare il cambio di mentalità, di un paese che le sta massacrando? In Italia le donne sembrerebbero essere una specie in via d’estinzione come i panda. Si chiama femminicidio, la violenza esercitata su vittime innocenti, che vorrebbero determinarsi, ma che pagano il senso della loro ribellione. E quando i fatti diventano soverchianti si passa alla formazione di consulte. Ieri Isabella Rauti è stata nominata dal vicepremier Alfano come consigliera anti-femminicidio, simbolo di una tutela calata dall’alto, che non sopporta i consultori, è contro l’aborto e fa le sue crociate per il diritto alla vita.

Strano per le donne andare in scena per riempire le piazze solo per una volta, salvo poi ritornare a stare nei propri ruoli di madri e mogli. Il Movimento “Se non ora quando” che aveva protestato contro un “Berlusconi drago” che fine ha fatto oggi? Come si pone oggi difronte ad una crisi e ad una disoccupazione allarmante, che vede le donne sempre più costrette a rimanere a casa, quando la casa c’è e non è stata pignorata? Cosa si fa in questo clima allarmante dove la democrazia è diventata un optional e la Costituzione messa a rischio da chi ha tutto l’interesse a stravolgerla per rispondere a dei dictat europei, colpevoli di stravolgere la nostra identità, il nostro essere donna il nostro senso di concepire una realtà a misura di essere umano e non di soldi? In Turchia le donne ci mettono la faccia e diventano eroine del loro tempo, in Italia forse aspettano il deus ex machina.

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