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Tunisia: Internet ancora sotto censura

Lo scorso maggio il Tribunale di primo grado di Tunisi ha ordinato all'Ati, il fornitore di accesso Internet del Paese, di “filtrare” (leggi censurare) i siti porno. In maggio tre pagine Facebook sono state chiuse per ordine del Tribunale militare. 
 

Il tribunale di primo grado di Tunisi ha rifiutato, lunedì 13 giugno, l'appello dell'Agence tunisienne de l’internet (Ati) che chiedeva di non applicare la censura ai siti a carattere pornografico. L'Ati è l'Internet provider “nazionale”, che sottostà al Ministero delle Tecnologie e della Comunicazione. 
Lo scorso 26 maggio il tribunale di primo grado di Tunisi aveva deciso, infatti, di chiudere tutti i siti con contenuti porno perché, secondo i tre avvocati che hanno presentato la richiesta, rappresentano un pericolo per i bambini e non sono conformi ai valori mussulmani della Tunisia. Dopo la caduta del regime di Ben Ali, infatti sette siti porno sono apparsi nella Top 100 dei siti web più visitati del Paese. 
«Io non ho intenzione di “filtrare”», ha detto Moez Chakchouk, PDG dell'Ati, durante la conferenza stampa che si è tenuta il 31 maggio scorso per parlare della decisione di fare appello alla Corte di Tunisi in relazione alla decisione di “filtrare” (leggi chiudere) i siti porno. Ricordiamo che sotto il regime di Ben Ali ogni anno venivano “investiti” 1,200 milioni di dinari (circa la metà in euro) per queste opere di censura


Il settimanale Business New ricorda che qualche mese fa Ati ha chiuso alcune pagine Facebook su ordine del Tribunale Militare perché «diffondevano video, commenti e articoli falsi con lo scopo di danneggiare l'istituzione militare e le sue più alte cariche, la fiducia del cittadino verso l'esercito nazionale e di portare la confusione e il disordine nel Paese».

Francesca Barca
Europa451

Questo articolo è stato pubblicato qui

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