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Truffa alla Regione, l’inchiesta va avanti

Nuovi particolari emergono dalle indagini della Procura di Santa Maria Capua Vetere sul giro di tangenti che si è messo in moto per la costruzione di una centrale elettrica a biomasse presso Pignataro Maggiore, nel casertano, e che vede indagate diverse persone per associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni della Regione Campania.

La Procura di Santa Maria Capua Vetere, diretta da Corrado Lembo, sta scoperchiando un vaso di Pandora. Lo scandalo giudiziario che ha colpito la Regione Campania la settimana scorsa ha portato agli arresti di 23 persone e all’iscrizione nel registro degli indagati per associazione a delinquere, truffa ai danni della Regione, corruzione e falso riguardo la costruzione di una centrale a biomasse, l’Assessore Regionale alle Attività Produttive Andrea Cozzolino, candidato Pd alle Elezioni Europee, e il coordinatore del presidente della Regione Bassolino, Gianfranco Nappi. La truffa ammonta a 6,8 milioni di euro. Ma, secondo gli investigatori, ci sarebbe dell’altro.

L’Operazione Biopower, che prende il nome dalla ditta guidata dai due imprenditori romani Renzo Bracciali e Gianpiero Tombolillo coinvolti nell’inchiesta, ha svelato molto più di quanto ci si potesse aspettare. Secondo i magistrati, che indagano su un giro di tangenti fra Comuni, Provincia, Regione e Genio civile di Caserta, vi sarebbe un sistema che boicotta o agevola la costruzione delle centrali e ne regola la loro gestione. Non vi è più la sola centrale a biomasse di Pignataro Maggiore nel mirino della Procura, bensì quattro. Fra queste la famigerata turbogas di Sparanise, costruita dalla Calenia Energia Spa nel 2007, composta a sua volta per il 15% dal gruppo Hera e per l’85% dal gruppo EGL. Quest’ultima società risulta indagata in un’altra inchiesta sulla centrale elettrica di Salerno.
Tutte le quattro centrali campane risultano essere di tecnologia Ansaldo, colosso italiano delle costruzioni e ditta costruttrice della nuova linea metropolitana di Napoli.



La centrale elettrica di Sparanise fu definita due anni fa dall’Assessore alle Attività Produttive Cozzolino: "Un esempio di Campania positiva". Ma la popolazione locale era scesa in piazza per protestare, non voleva un ennesimo scempio ambientale sul suo territorio. A questo punto intervenne il clan dei Casalesi, che soffocò le proteste sul nascere. Lo racconta Roberto Saviano in un articolo redatto sul "Manifesto" nel 2004 e che riguardava proprio la centrale termoelettrica in questione. Il partito di Forza Italia sosteneva la ditta Calenia, incaricata della costruzione, e il clan Papa affiliato ai Casalesi si occupava di zittire gli oppositori (Nicola Pepe, candidatosi nel 2004 in una lista civica contraria alla centrale, fu intimidito col lancio di bombe carta nel suo giardino). Già allora si parlava di costuire a Pignataro Maggiore una piattaforma per lo smaltimento di rifiuti tossici e già risultava che il clan Papa si stava infiltrando nei lavori della centrale di Sparanise attraverso i soliti meccanismi: controllo dei subappalti con le proprie aziende, estorsioni alle ditte appaltatrici, mediazione tra ditte e committenti e controllo dei trasporti.

L’articolo di Saviano fu dimenticato, le inchieste della magistratura ancor prima. Ora che è scoppiato un nuovo terremoto giudiziario in Regione (Antonio Bassolino sarà sentito a breve dai pm) ci si chiede se è possibile andare avanti così.

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