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Traiettorie sociologiche: Nero Napoletano. Un romanzo a fumetti noir con molte tinte

 
Denique sit quidvis, simplex dumtaxat et unus.
Orazio, Ars Poetica, 23
Traiettorie sociologiche: Nero Napoletano. Un romanzo a fumetti noir con molte tinte
Raccontare Napoli. L’arte ci prova da sempre, con forme, schemi e linguaggi che a volte si ripetono, a volte sorprendono. La letteratura, in particolare, accetta questa sfida ogni giorno, riproponendo la città da nuovi punti di vista, indagandone le zone d’ombra, ambientando in essa i conflitti, i disagi, gli scontri del nostro tempo.
Nell’ambito del Comicon, il Salone Internazionale del Fumetto di Napoli, in collaborazione con il Corriere del Mezzogiorno, è stato presentato Nero Napoletano, che è - recita il sottotitolo - un “romanzo a fumetti tra cronaca e mito”. Ciò che quest’opera si propone non è raccontare Napoli, ma suggerirla invece attraverso decine di sensibilità diverse, a volte tra loro stridenti, nel quadro di un’opera collettiva che ricorda la trama del territorio cittadino.
 
Così scrive nella prefazione Sergio Brancato, autore del soggetto e regista dell’intera operazione.
 
Un’opera collettiva, dunque: cinquanta disegnatori campani, tutti legati al grande laboratorio costituito dalla scuola italiana di Comix, sei sceneggiatori di grande esperienza, un’unica guida, Brancato, uno dei pilastri della cosiddetta nona arte nel Sud Italia.
 
Cresciuto con il coordinamento di Mario Punzo, campano anche lui, docente e presidente della scuola italiana di Comix e della Comix Factory, Nero Napoletano è al contempo laboratorio e vetrina per i giovani professionisti campani del fumetto. Il progetto è maturato anche grazie al blog www.neronapoletano.it, che ha fatto sì che gli autori potessero condividere il loro lavoro in progress, confrontandosi tra loro e con gli utenti. Confronto con il pubblico che continua a Villa Pignatelli, dove le tavole dei cinquanta disegnatori sono in esposizione fino al 17 maggio.
 
Molte mani al lavoro, dunque, ma una sola trama. Che non a caso trova nel mito il mezzo per rappresentare - rendendole attuali e insieme atemporali - le dinamiche del Potere, dell’Odio, dell’Amore, della Morte. La saga scelta è quella di Medea, di antica tradizione epica: Nero Napoletano, prima ancora di essere un noir (“Perché Napoli è la più abusata metropoli d’Occidente, e la metropoli è sempre noir”, scrive Brancato nella prefazione), è epica. Nonostante variazioni, digressioni e spinte centrifughe di varia natura, infatti, al centro dell’opera resta l’epos, racconto di imprese di eroi del Bene e del Male. Questi personaggi si muovono in una Napoli dalle mille facce, tutte indagate e rappresentate nella loro fisicità: ogni disegnatore, infatti, ha realizzato due tavole, rigorosamente in bianco e nero, e ogni coppia costituisce una scena a sé, ambientata in un posto diverso. È evidente il gusto del regista nella giustapposizione dei luoghi più lontani - e non ci riferiamo a distanze geografiche -, che stridono al contatto.
 
Vediamo così piazza Mercato, teatro del delitto con cui si apre il romanzo; Spaccanapoli e vicoli collaterali; i Quartieri Spagnoli, la Sanità, Forcella, aree d’ombra della città del sole; il Maschio Angioino, “cuore di pietra della città”. Non mancano gli interni: il commissariato di polizia, la villa del boss di camorra, la casa del magistrato a capo delle indagini, l’appartamento del giornalista che scrive sulla faida che insanguina la città. Ma Nero Napoletano rappresenta anche zone ai margini di Napoli, o fuori da essa: le vele di Scampia; l’area flegrea; Castelvolturno, roccaforte camorristica nel casertano; e soprattutto il Vesuvio, mito nel mito, divinità silenziosa, potenza distruttrice, o forse mezzo estremo della catarsi.
 
Ma come si racconta – o si “suggerisce”, che è comunque un tipo di narrazione – una città come Napoli oggi? Da che parte si incomincia, quali sono gli interlocutori con i quali non si può fare a meno di confrontarsi?
 
Il panorama narrativo contemporaneo è ricco, ma c’è un titolo da cui non si può prescindere, ed è naturalmente Gomorra di Roberto Saviano.
 
“Sono in tanti a scrivere di Napoli”, conferma Salvatore d’Ascia, membro della squadra di sceneggiatori del romanzo a fumetti, che incontriamo al Comicon. “Ma di tanto in tanto un’opera si impone per un certo periodo, costringendo tutte le altre – che lo vogliano o no – al confronto. Dal 2006, è il caso di Gomorra, opera di ricerca nel senso più ampio di questa parola.”
 
Prima c’erano state altre, basti pensare a Il mare non bagna Napoli della Ortese (1953), alle opere di Raffaele La Capria, o alla trilogia di Ermanno Rea Mistero Napoletano (1995), La dismissione (2002) e il più recente Napoli Ferrovia (2007).
Il confronto con Gomorra è presente già nella copertina. Quella di Nero Napoletano è opera di Arturo Picca, affermato illustratore per l’editoria e la pubblicità, e raffigura un albero i cui rami richiamano lame di coltelli, reciso alla base da un altro coltello, più grande, insanguinato. Sullo sfondo, il Vesuvio, e un cielo tinto di fuoco.
 
L’immagine richiama subito alla mente le sei lame affilate di Knives di Andy Warhol, sulla copertina di Gomorra, divenute per il pubblico l’icona stessa della violenza.
Ma per chi scrive a Napoli e di Napoli sono necessari anche altri raffronti.
Interessante quello con La città perfetta di Angelo Petrella, uscito per Rizzoli nel 2008: un lungo thriller a più voci, in cui scene, ambientazioni, dialoghi, linguaggio sono molto vicini a quelli del romanzo a fumetti.
 
Ancora, limitandoci ai soli autori campani di noir, gialli e polizieschi, Peppe Lanzetta, drammaturgo, attore e narratore del bronx napoletano. Diego De Silva, formatosi anche lui nel giallo e nel noir, e approdato ad una dimensione tragieroica nel racconto delle imprese di Vincenzo Malinconico, avvocato precario. Patrizia Rinaldi, che affianca all’attività di narratrice l’impegno concreto nella formazione dei ragazzi che vivono nei quartieri difficili della città.
 
Maurizio De Giovanni, creatore del commissario Ricciardi protagonista tra gli altri de Il senso del dolore, è coinvolto in modo diretto nel progetto, come autore della presentazione in apertura di Nero Napoletano. In questo testo, dal tono più cupo dell’intero fumetto, De Giovanni applica a Napoli ben tre metafore: quella del pentolone in cui bollono liquidi diversi, che si toccano senza mai mischiarsi del tutto; quella del labirinto, in cui ci si immerge cercando un’uscita che non si troverà mai; ma soprattutto, la Napoli di Nero Napoletano attraverso lo sguardo del romanziere diviene una cipolla: maleodorante, viscida, fatta di mille strati, più scavate e più ce ne sono, che a maneggiarla vi fa piangere calde lacrime senza che ve ne accorgiate.
 
Ma Nero Napoletano ha anche una fitta rete di personaggi, alcuni quasi obbligatori, visto il genere - il magistrato, i delinquenti, il giornalista “che non si fa i fatti suoi”, che evoca, ancora una volta, Saviano e le sue inchieste -, altri più articolati, come l’ambiguo commissario di polizia, e - qui arriviamo al cuore del plot - i membri del clan Giasone.
 
Tutto ha inizio con un efferato omicidio: quello di Peppe Giasone, primogenito di un potente clan di camorra che ha il nome del mitico protagonista della saga degli Argonauti. Una legge della tragedia greca più arcaica, quella in cui il legame con l’epos e con il mito tradizionale è più forte, trova presto applicazione: sangue chiama sangue. Così, si apre una faida che sembra non aver mai fine, all’ombra di un Vesuvio che mostra segni di inquietudine. Seguono le indagini e il lettore incontra i vari esponenti del clan: il boss, Eugenio Giasone detto Senzacore, che sconta l’ergastolo al carcere di Opera; gli altri tre figli, duri e spietati come il padre; il quinto figlio, Elio, il più debole, cresciuto all’ombra della madre. Maria, donna temibile, oscura, che il romanzo scopre poco alla volta, partendo dall’immagine convenzionale della donna del boss assetata di vendetta, e svelandone pian piano la personalità sfaccettata, complicata, multipla.
 
Come la trama stessa: Nero Napoletano è una lettura non facile, che abbonda in temi e soluzioni. Gli stili dei numerosi disegnatori si giustappongono, distraggono il lettore dal plot, lo privano di una visione lineare, lo inducono ad ammirare i frequenti virtuosismi tecnici - l’ accumulo dei quali è inevitabile, visto il poco spazio a disposizione di ciascuno: tutto ciò a spese dell’unità d’azione. Anche considerando il solo testo, non mancano scene completamente avulse dal resto della storia, che la arricchiscono e al contempo la complicano: bozzetti di vita metropolitana, personaggi che non riappariranno più, note di colore (non è tutto Nero, evidentemente!) condite di umorismo made in Napoli, e, in netto contrasto, tragedie che si consumano nello spazio di due tavole. Come quella di Nadia e Simba, una ragazza dell’est e un ragazzo africano, martiri di una strage in una discoteca di Castelvolturno.
 
Tuttavia, la continuità vince: grazie alla sapiente regia, al duro lavoro di editing e confronto che ha dato compattezza al testo, alla storia che convince - quasi, costringe - il lettore a seguirla. La varietà stilistica cede, in nome dell’unità tematica: il fumetto riesce a contenere le spinte centrifughe dei vari talenti e la disomogeneità degli stili.
 
Ne emerge una Napoli unica, proprio perché - paradossalmente, rispetto al titolo - policroma. Tutti i colori della città emergono dalle pagine in bianco e nero di quest’opera eterogenea, plurivoca, epica. Resta da chiedersi: quella raccontata - o suggerita - in queste pagine è la vera Napoli?
 
Il dibattito è aperto. Non mancheranno altre proposte.
 
Letture
Da Silva D., Non avevo capito niente, Torino, Einaudi, 2009.
De Giovanni M., Il senso del dolore, Fandango Libri, Roma, 2007.
La Capria R., L’armonia perduta, Rizzoli, Milano, 1986.
Ortese A., Il mare non bagna Napoli, Adelohi, Milano, 1953.
Petrella A., La città perfetta, Milano, Rizzoli, 2007.
Rea E., Mistero Napoletano, Einaudi, Torino, 2007.
Rea E., La dismissione, Rizzoli, Milano, 2006.
Rea E., Napoli Ferrovia, Rizzoli, Milano, 2007.
Saviano R., Gomorra, Milano, Mondadori, 2008.
Scuola Italiana di Comix, Nero Napoletano, Napoli, supplemento al Corriere del Mezzogiorno, 2010.
 

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Traiettorie Sociologiche

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Ci interessano gli intrecci, i luoghi dove si incrociano le traiettorie della vita quotidiana con quelle dell’immaginario, o – il che è lo stesso – dove le produzioni estetiche incrociano quelle critiche. Perché, se spesso i prodotti dell’arte – film, racconti, immagini – presentano situazioni e figure che valgono più di un saggio di sociologia, così la ricerca e i suoi frutti non sono estranei alle (...)

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