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Tra sondaggi e indagini statistiche Pietro Arena ci racconta il mondo delle ricerche d’opinione

Per anni ha condotto ricerche per conto di alcune agenzie statistiche e del servizio opinioni della Rai (la prima, storica forma di registrazione dell’audience, prima del meter e prima di Auditel). Ha somministrato questionari e domande sul gradimento del consumo mediale alla gente comune fino al 1993. Lui è Pietro Arena e proprio con il signor Arena parliamo di numeri e non solo, in un’intervista densa di aneddoti e curiosità all'interno della redazione di RAC Notizie e Radio Alcamo Centrale, che ringraziamo per la collaborazione.

Salve signor Arena, parliamo di quello che è stato il suo lavoro. Di cosa si occupava nello specifico?

Io ero un tipografo ma mi occupavo di registrare il gradimento televisivo per conto del servizio opinioni della Rai e di ricerche statistiche per conto di società come Demoskopea, Abacus e molte altre.

Ci racconta la ricerca che le è rimasta più impressa?

Ero a Favara, in provincia di Agrigento, stavo facendo un’indagine proprio per la Demoskopea per rilevare qual era il giornale più letto in Italia. Avevo dei cartoncini con le testate dei giornali, i loghi che avrebbero aiutato l’intervistato a riconoscere il proprio quotidiano preferito e la domanda era: “Quale di questi quotidiani lei ha letto o sfogliato in casa o fuori casa negli ultimi tre mesi”. Una signora intervistata in casa mi rispose: “tutti, li ho letti tutti in casa, li compra mio marito!”. Considerato che il marito era disoccupato suonava strano l’acquisto di tutti quei periodici. Chiesi chiarimenti e feci luce sul mistero: lei pensava che tutti quei giornali si chiamassero “Giornale di Sicilia”, ne leggeva uno solo!

E quella più difficile da portare a termine?

Facevo indagini sulle medicine per conto di una società chiamata PI TRE. Alcuni medici per rispondere alle mie domande volevano essere pagati. Ad Alcamo un dottore, ad esempio, mi disse: “Per me quanto ci esce per darle queste risposte?”. Volevano soldi o quantomeno come minimo una borsa di cuoio, un televisore, addirittura un viaggio.

Nello svolgersi della sua attività è sempre entrato in contatto con molte persone, qual è stata la risposta più strana ricevuta?

Beh sì, questa accadde a Trapani. Dovevo intervistare un medico che mi accolse nel suo studio, dove stava visitando una paziente col petto nudo. Io un po’ imbarazzato ero restio ad entrare ma il medico disse alla paziente che ero un suo collega e mi invitò ad accomodarmi. Entrai e guardandomi in giro per evitare – da gentleman – fastidi alla signora. Alla fine dell’intervista il medico mi dice: “c’è qualche nuovo preparato per le epatopatie?”. Gli risposi che non sapevo parlare di epatopatie, io facevo solo le domande per il questionario. Lui ci credeva veramente che io fossi un medico!

Lei è stato abituato a fare domande. Ha avuto a che fare anche con l’omertà siciliana?

Eh sì, in una delle mie indagini per conto della Rai mi hanno mandato ad Altofonte in provincia di Palermo. Avevo l’elenco degli abbonati e quindi nessuna difficoltà a raggiungere le famiglie campione, così mi recai al primo indirizzo segnato e suonai, scusandomi per il disturbo e spiegando il da farsi. La prima famiglia rifiutò con vigore come anche le altre. Allora un signore che era rimasto in silenzio a osservare, presente a tutti i miei tentativi di fare le interviste si avvicinò dicendomi in siciliano: “Dica la verità, lei non è di Altofonte vero? Mi spieghi il lavoro che deve fare, se ha il carbone bagnato vada via prima che fa buio, in caso contrario venga con me e l’accompagno io a fare le interviste”. Da quel momento tutti hanno accettato il colloquio.

Succedeva davvero di tutto.

Sì, anche le duplici personalità: un giorno intervistai un signore cinquantenne, felice di rispondermi perché soddisfatto in tutto e per tutto. Considerata la complessità delle domande del questionario, la durata dell’intervista è stata di quasi un’ora. Finita l’intervista, quando stavo per congedarmi, esclamò: ‘Ora che lei ha finito il suo lavoro, possiamo parlare con franchezza tra uomini? Ma di realmente bello cosa fanno in tv? Per me è uno schifo, certe sere mi pento di pagare il canone’. In poche parole quanto mi aveva dichiarato in precedenza era solo per non farmi fare cattiva figura, poi ‘tra uomini’ si poteva parlare in tutta franchezza.

Concludiamo con un'altra perla proveniente dalle sue particolari esperienze consumate durante la sua attività di intervistatore?

La madre spaventata è un esempio di interviste non riuscite ma salvate in corsa. In occasione di uno dei tanti rilevamenti fu necessario intervistare un ragazzo tra i 7 e i 14 anni per rilevare il suo ascolto radiofonico e televisivo del giorno precedente. Era un pomeriggio d’inverno e stava per fare buio, ancora non ero riuscito a trovare un ragazzo corrispondente alla quota assegnata. Finalmente mi imbattei in un tredicenne a cui mi presentai e, spiegato lo scopo dell’incontro, lo pregai di accompagnarmi a casa sua per poterlo intervistare in presenza della madre. Percorso il tratto di strada per raggiungere l’abitazione, appena arrivati, il ragazzo suonò il campanello e il portone venne aperto. Stavamo salendo le scale, quando il ragazzo volle precedermi per annunciarmi alla madre con le parole: ‘Ma’, c’è un cristianu ni la scala’ (tradotto: ‘Mamma, c’è un signore sulla scala’). Al chè la madre spaventata chiuse la porta e incominciò a gridare chiamando aiuto. Sinceramente ebbi paura e non sapevo se tornare indietro o affrontare la particolare situazione, incominciai a parlare ad alta voce anch’io da dietro l’uscio per palesare le mie buone intenzioni e riuscii così a convincerla dello scopo innocuo della mia visita. Alla fine la signora aprì la porta permettendomi poi di fare l’intervista al figlio, dopo avermi offerto un bicchiere d’acqua perché la paura mi aveva fatto diventare cereo in viso.

 

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(i primi Meter, il sistema di rilevazione delle audience che ha sostituito il servizio opinioni)

 

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