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Tra piani nucleari, case verdi e inchiostro rosso

Il ministro dell'Ambiente vorrebbe "correttivi" alla direttiva Case Green, fatti di deficit e fondi altrui a beneficio del paese che ha inventato il Superbonus. Sul nucleare, un piano da futuro remoto.

Intervistato dal Messaggero, il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ribadisce le criticità e i problemi che la direttiva Case Green è destinata a causare all’Italia. Come sappiamo, la speranza di molti, non solo dalle nostre parti, è che questa direttiva venga annacquata o addirittura disapplicata nel corso di questa legislatura europea, anche per evitare ulteriori slittamenti del corpo elettorale verso il populismo. Che accada o meno, restano sul tavolo due punti fermi: gli immobili sono tra i principali emittenti di gas serra, e i mercati segmentano i prezzi in funzione anche del risparmio energetico, a meno di ipotizzare un futuro fatto di energia a costi molto bassi.

correttivi all’italiana

Ciò premesso, Pichetto Fratin chiede “correttivi”, pur ammettendo che al momento la direttiva va recepita. E tra i correttivi mette una cosa del genere:

Per esempio sulla case green l’idea è quella di chiedere all’Europa di poter escludere dal patto di stabilità gli investimenti per l’efficienza energetica delle abitazioni oppure di creare un apposito fondo a livello Ue.

Siamo al disco rotto. C’è sempre qualcosa da escludere dal patto di stabilità, ignorando che comunque tali deficit si risolvono in un aumento di emissioni non di CO2 ma di debito pubblico, il cui stock il mercato valuta a fronte della capacità di crescita del paese. A parte, ovviamente, le tesi nostrane in cui si ribadisce che i mercati non ci comprendono. Poi, riguardo il fondo comune europeo, cosa fa pensare Pichetto Fratin che l’Italia sarebbe ancora una volta prenditrice netta di tali improbabili fondi in pool? Forse il fatto che il nostro patrimonio immobiliare è mediamente decrepito rispetto alla media europea? Se così fosse, altri paesi, soprattutto ben più avanti di noi nell’efficientamento energetico, avrebbero buon gioco a ribadire che questo è un problema rigorosamente italiano.

Insomma, le due canzoncine italiane (scorporo da deficit e soldi comuni Ue) si schiantano contro la realtà, e vissero tutti felici e contenti. La domanda successiva al ministro, su cosa rischiano le famiglie che non si mettono in regola, produce una risposta lunare ma purtroppo ben nota in questo paese:

Nulla. Come ho detto più volte, non ci saranno sanzioni individuali.

Tradotto: eventuali sanzioni le pagherà lo stato, cioè quei pochi che ancora pagano tasse vere e non oboli su base semi-volontaria a colpi di rottamazioni, concordati, flat tax incrementali. Questa risposta ricorda molto quella, che resterà nella leggenda, di Giuseppe Conte sul Superbonus: “Gratuitamente per i cittadini, non per lo Stato”. Ecco, questo è il livello che gli altri paesi europei devono leggere ogni volta che parlano nostri eletti.

Nel frattempo, occorre cercare soldi per avviare l’attuazione della direttiva Case Green, che per il ministro avverrà con detrazioni crescenti in funzione dei risultati di decarbonizzazione e beneficiando i richiedenti con redditi più bassi, fino al punto di prevedere sovvenzioni per gli incapienti. Puro buonsenso, che va nella stessa direzione di quanto fanno i francesi da parecchi anni. Non è difficile, dopo tutto: basta fare l’opposto di quanto fatto con la sconcezza epocale chiamata Superbonus. Magari ricordando che, se e quando si cercherà di chiedere risorse in comune agli altri paesi Ue, lo faremo portandoci tatuato in fronte il marchio d’infamia della stagione del Superbonus, che ha risucchiato risorse dal futuro, anche e soprattutto quelle per gli interventi della direttiva Case Green.

Sogni nucleari e risvegli da scorie

Da ultimo, un passaggio sull’energia nucleare. Il nostro Pniec, piano nazionale integrato energia e clima, prevede al 2050 una produzione di 8 GW, pari all’11 per cento della domanda nazionale, con possibilità di spingersi al 20 per cento. Preliminarmente, servirà dotarsi di un quadro normativo idoneo al ritorno del nucleare, cosa che il governo auspica possa avvenire nel 2025. L’idea è quella di ricorrere ai piccoli reattori modulari (SMR) e agli Advanced Modular Reactor, escludendo le centrali nel formato grandi opere.

Qui, giova ricordare che serviranno soldi, e molti. E anche rammentare che lo stesso Pichetto, alla fine dello scorso anno, aveva precisato che

[…] noi non costruiremo mai nuove centrali nucleari in Italia. Lo Stato non realizzerà reattori, saranno eventualmente i distretti industriali o le singole aziende energivore a dotarsi di piccoli reattori modulari di quarta generazione. Lo Stato si limiterà a essere un soggetto regolatore. 

Ora, capita che, giorni addietro, a precisa domanda su come lo stato pensi di finanziare il ritorno del nucleare, il ministro abbia invece replicato:

Valuteremo se incentivi agli investimenti oppure a tariffa.

Che è posizione un filo differente da quella di mesi addietro. Da “lo Stato sarà solo soggetto regolatore” a “incentivi agli investimenti oppure a tariffa”, che vuol dire che tutti i consumatori pagano per la costruzione dell’impianto. Ma si sa, la coerenza non entra nei piani di lungo termine della politica, non solo nostra. Però è interessante scoprire come, in poco più di un semestre, Pichetto abbia cambiato registro.

Tutto molto interessante, comunque: i tempi sono quelli che sono, teniamo gli occhi aperti anche su quello che accade nel mondo a livello più avanzato di noi, e sulla possibilità che tecnologie in apparenza promettenti riescano effettivamente a mantenere le promesse. Dopo di che, è chiaro che il tema è perfetto per la classe politica: consente grandi disegni futuri remoti, senza costringersi a prendere decisioni problematiche qui e ora. Forse.

Non è infatti un caso che, mentre discettiamo di SMR, AMR e quant’altro, siamo in stallo sulla criticità immediata: il sito nazionale dei rifiuti radioattivi non è stato ancora identificato. Frase che occulta il fatto che nessuno lo vuole. Grandi edifici teorici e normativi come al solito privi di fondamenta, quindi, nella migliore tradizione italiana. Giorni addietro, interrogato sul tema, Pichetto Fratin ha risposto:

Valuteremo se ci converrà andare avanti con la valutazione dei siti per costruire il deposito geologico nazionale oppure se proseguire l’accordo con la Francia e il Regno Unito e avere lì depositi comuni.

Ecco, sperando che non esca la solita manfrina della spazzatura mandata all’estero via treno. Per tutto il resto, ci sono i piccoli reattori modulari. Li annaffi la sera, e il mattino sono già gagliardamente attaccati alla rete elettrica. E tutti i parolai italiani vissero felici e contenti.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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