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Tour de France, il trionfo di Bernal

Il colombiano Egan Bernal primeggia davanti al compagno di squadra nonché campione uscente G. Thomas (preceduto di 1'11''), diventando a 22 anni il più giovane del Dopoguerra ad imporsi alla corsa gialla.

La Francia prima s'illude con J. Alaphilippe e soprattutto T. Pinot, poi piomba nel “dramma”. Malgrado la giovanissima età il colombiano Egan Bernal alla vigilia della Gran Boucle era uno dei maggiori accreditati per il successo finale.

Sicuramente coloro che gli avevano cucito addosso i gradi di favorito hanno dimostrato di essere dei veri esperti in materia, perché non è per niente facile intravedere le stimmate del campione in un ragazzino di 22 anni, che ancora non ha maturato un curriculum tale da fornire quelle indicazioni necessarie per proiettarlo in pole position alle aspettative. Sì è vero, in quelle poche gare World Tour cui aveva preso parte s'era distinto non poco per delle discrete doti da scalatore, ma francamente non sembravano degli indizi abbastanza attendibili, perlomeno non tali da porlo in cima alle previsioni di una corsa che è l'”università” del ciclismo, in cui in genere per imporsi, come la storia ci insegna, occorre superare negli anni una pluralità di esami e test molto probanti, di quelli che, come in una sorta di ordalia moderna, mettono a dura prova la tempra fisica e mentale dei corridori neo professionisti.

Non a caso, tranne rare eccezioni, un ciclista riesce ad aggiudicarsi il Tour de France non prima di aver compiuto i 25 anni d'età, come fu nel caso di big del pedale del calibro di F. Coppi (che vinse il primo Giro di Francia a 30 anni), L Bobet (28), C. Gaul (26), G. Lemond (25), M. Indurain (27), M . Pantani (28), sino a giungere ai recenti trionfi di C. Evans (35!), B. Wiggins (32), C. Froome (28), V. Nibali (29), G. Thomas (32), con l'età media della prima volta che negli ultimi decenni è andata via via innalzandosi. Per intenderci il Ciclismo è uno sport che oltre alle gambe richiede tanta esperienza ed intelligenza, in dosi nettamente superiori alle altre discipline, come ad esempio il Nuoto, in cui ci si può fregiare di un Oro iridato già verso i 16 o 17 anni d'età. Pertanto l'exploit di Bernal – primo sudamericano a trionfare al Tour – assume i connotati della classica impresa del predestinato, tanto più che nel Dopoguerra nessuno alla sua età era riuscito prima d'ora a salire sul gradino più alto del podio.

Nemmeno mostri sacri come J. Anquetil, E. Merckx o B. Hinault. E prima degli Anni Quaranta non furono in molti gli under 23 ad accaparrarsi la celeberrima corsa. In questo Tour de France il corridore colombiano ha dimostrato di essere pressochè completo, specialmente in alta montagna, palesando qualche carenza solamente a cronometro, per un handicap che però negli ultimi anni non si è quasi mai rivelato determinante, visto il poco spazio che ormai gli organizzatori riservano alle gare contro il tempo: sono quantomai lontani i tempi in cui ad un M. Indurain bastavano un paio di tappe a cronometro per chiudere i giochi (limitandosi a “controllare” i rivali in salita) o ad un M. Pantani occorrevano miracoli sul Galibier per colmare il gap accumulato da J. Ullrich...

Adesso le crono non sono più l'ago della bilancia delle corse più rinomate, ed un giorno persino uno scalatore puro alla F. Bahamontes potrebbe dar vita ad un ciclo in grande stile, mentre un nuovo J. Anquetil potrebbe penare non poco per sovrastare gli avversari. La vittoria di Bernal è stata comunque “agevolata” dal ritiro, causa infortunio muscolare, di Thibaut Pinot, avvenuto nel corso della 19^ tappa, quando il francese distava appena 20'' dal sudamericano, e dopo aver dimostrato nelle tappe d'alta montagna precedenti (in primis sul Tourmalet) di avere una marcia in più rispetto ai competitors. Per la Francia s'è trattato di una sorta di dramma sportivo, poiché era dai tempi di B. Hinault (1985) che non si accarezzava seriamente il sogno di aggiudicarsi la celebre corsa a tappe. Francesi che timidamente avevano già sognato con J. Alaphilippe, riuscito a tenere il simbolo del primato per ben 14 giorni, resistendo eroicamente persino in montagna, andando ben oltre le sue umane possibilità (ha vinto anche due tappe, compresa l'unica crono individuale prevista), arrendendosi solamente alla penultima tappa, per poi chiudere al 5° posto nella Generale, a soli 3'45'' dal leader Bernal: non male per un corridore da classiche.

Fra i velocisti s'è messo in luce l'australiano C. Ewan con 3 successi parziali. Per quanto concerne gli azzurri si sono distinti lo sprinter Elia Viviani, il finisseur M. Trentin e l'immarcescibile V. Nibali, tutti autori di un assolo ciascuno. Citazione d'obbligo per il giovane promettente Giulio Ciccone, che ha indossato la m. gialla per un paio di giorni, e che molti indicano come l'uomo nuovo del pedale italiano. 

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