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Tony Manero (con la partecipazione straordinaria di Teo Teocoli)

Chissà perchè dei bei film si parla sempre troppo poco. Come in questo caso. Perchè Tony Manero (regia Pablo Larrain) è un gran bel film. Un vero pugno nello stomaco. Santiago del Cile, 1979, in pieno regime del dittatore Pinochet. Raùl Peralta (intrepretato da uno straordinario Alfredo Castro, molto pacineggiante ma perfetto nel ruolo) è un ballerino spiantato. Attorno a lui uno strano gruppo di sostenitori/sostenitrici un po’ amanti, un po’ fan.

Il tutto nella più squallida delle periferie cilene. Raùl ha un sogno, quello di diventare come Tony Manero, il protagonista de La Febbre del Sabato Sera. Ne imita i gesti, il ballo, la lingua, tutto insomma, nel suo spettacolo serale in un bar ai sobborghi della città. Tony Manero è la sua via di fuga, il suo riscatto ( anche il fine per vincere un concorso televisivo di imitatori a cui si iscrive, ma il fatto è davvero secondario). E questo riscatto prevede qualsiasi cosa. Qualsiasi.



Pablo Larrain racconta l’alienazione sotto la dittatura in modo davvero singolare. Tutto è desolazione, perdita di valori, di identità (Raùl è Raù o Tony Manero?) . Tutto può accedere, senza che nulla e nessuno dicano una parola, esprimano un giudizio. Neppure tu, seduto in sala, riesci a dare giudizi. Resti li, muto, ad osservare lo scorrere dei titoli di coda.

Ed ero li, mezza ammutolita, quando mi sono girata e ho visto, seduto accanto a me, Teo Teocoli. Da solo, ammutolito come me . MI ha sorriso, gli ho sorriso e gli ho chiesto: "Mi scusi, ma perchè è venuto a vedere Tony Manero?" E lui "...... Non so, non immaginavo una film così... duro. Credevo fosse sulle provinate televisive. Non credevo di vedere un film così...." Bello? Si, molto bello. E poi il pubblico in sala se lo risucchia via.

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