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Tony Abbott ha vinto le elezioni in Australia

In Australia i cittadini sono stati chiamati a scegliere tra il primo ministro uscente, Kevin Rudd, e il suo contender, Tony Abbott. Abbott ha vinto le elezioni (qui il victory speech) con il 53% dei consensi contro il 47 dei laburisti. 

L'ex seminarista cattolico appassionato di boxe si è assicurato 91 dei 150 seggi della Camera dei rappresentanti, contro i 54 conquistati dai laburisti e ben oltre i 76 necessari per assicurarsi il diritto di formare il governo da soli. 
 
La storia di queste ultime elezioni in Australia, parte dalla crisi interna al Labor, (era giugno 2013) con Rudd che aveva chiamato Gillard al confronto nel partito e aveva vinto diventando PM - là funziona così, perché partito e governo coincidono, come leader e premier.
 
Poi i primi di agosto erano venuti al pettine tutti i nodi per "Lazzarudd" - così lo avevano definito, per sottolineare la sua resurrezione politica - e non ce l'aveva più fatta: troppi problemi intorno al partito, troppe instabilità nel suo governo. Tanto da tornare alle urne.
 
Rudd ha già riconosciuto e accettato la sconfitta: "So che i cuori dei laburisti saranno dolenti ma come loro leader io accetto le mie responsabilita", ha detto annunciando che lascerà la leadership del partito - anche questo là è prassi.
 
Tra le considerazioni da fare, al di là del fatto che Julian Assange, candidato nello stato di Vittoria, dovrebbe essere eletto alla luce del risultato raggiunto dal partito, 1,19% - tuttavia per i risultati definitivi del Senato, eletto con sistema proporzionale, si dovrà attendere fina settimana. Senza ulteriori analisi, a caldo si potrebbe dire che il flop è un segno di come certe figure restano più agganciate ad una sorta di mitologia moderna di quanto non rappresentino il riferimento su cui pongono la propria fiducia i cittadini. 
 
A cui però va aggiunta un'altra circostanza: all'annuncio della sua candidatura, Assange era stato quotato addirittura con un possibile 27%, ma a compromettere la sua elezione ci aveva pensato da solo in campagna elettorale, con la decisione del partito di WikiLeaks di preferire i gruppi di estrema destra ai Verdi, da sempre sostenitori del fondatore del sito. Il candidato di maggior rilievo del partito, l'esperta di etica Leslie Cannond, si era dimessa insieme al presidente Daniel Methews, ex collega di università di Assange, per protesta sugli accordi per le preferenze, fondamentali in un voto con il sistema proporzionale.
 
Il vice leader, il candidato dei Verdi Adam Bandt, ha mantenuto il suo seggio a Melbourne: il primo del suo partito a entrare nell'assemblea eletta col maggioritario che penalizza i partiti minori. Abbott appena eletto ha ribadito i punti della campagna elettorale, come cardini del piano programamtico di governo: ripresa mineraria e maggiore appetibilità per gli investimenti stranieri.
 
Dietro alla scelta alle urne, c'è il futuro dell'Australia nel mondo. In una campagna elettorale dove l'unico argomento internazionale è stato la questione Siria, usata da Rudd - senza troppi benefici - per sottolineare la poca consistenza in certi meriti dell'avversario Abbott, gli australiani si sono trovati ad affrontare qualcosa di più critico. Scegliere tra gli Stati Uniti e la Cina.
 
Adesso Abbott dovrà navigare, visti i tempi, nelle difficili acque che separano il principale alleato australiano e il principale partner commerciale.
 
Per anni infatti, i governi di Camberra si sono affidati agli Stati Uniti per mantenere la stabilità in Asia e la sicurezza del paese, garantendo di riflesso, un appoggio incondizionato a Washington nella regione. Ma tutto ha funzionato, fin quando la leadership americana è stata ben recepita dai paesi asiatici: la situazione però, sta cambiando.
 
Mentre la Cina ha preso il possesso del proprio destino, diventando in proiezione la più grossa economia del mondo, ha anche incentivato gli scambi commerciali con l'Australia, andando a ricoprire il ruolo di partner di maggioranza: sarebbe oltre il 35 per cento la quota delle esportazioni verso la Grande Muraglia. 
 
Gli Stati Uniti dalla loro, hanno ribadito il ruolo di "perno" regionale per l'Australia, con un importante intervento di Obama di qualche tempo fa, in cui ha riconfermato il proprio sostegno e deciso di aumentare il posizionamento dei Marines nella base di Darwin a mille unità - circostanza che non trovò troppo d'accordo i cinesi.
 
Abbott avrà davanti la difficile gestione della situazione, all'interno dei mutevoli scenari asiatici. Da un lato il suo ruolo da conservatore, "geneticamente" portato a sostenere le politiche americane. Dall'altro il pragmatismo - dimostrato sulla situazione siriana pochi giorni fa: pragmatismo economico nel caso, nei confronti dell'enorme risorsa che la Cina rappresenta.

Secondo Hugh White, docente di studi strategici alla Australian National University, l'Australia dovrebbe chiarire la propria posizione con gli Stati Uniti, invitandoli a mantenere il ruolo strategico in Asia, ma senza entrare in collisione con la Cina. 

Sarà questo il ruolo affidato ad Abbott: mettere un po' di distanza tra Camberra e Washington, pur mantenendo stabili i rapporti. 
 
 
Foto: Troy/Flickr
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