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La propaganda di Berlusconi alle europee e l’insicurezza del Pd

Da giorni l'attenzione della scena politica è occupata dalla volontà di Forza Italia di candidare Silvio Berlusconi alle elezioni europee, e il Pd insegue.

Silvio Berlusconi con ogni probabilità non potrà candidarsi alle elezioni europee: non potrà farlo in Italia e difficilmente potrà farlo altrove - se n'era già parlato mesi fa, dopo l'uscita di quell'articolo di Ettore Colombo sul Messaggero. Poi magari, chissà, staremo a vedere, ma ci sono delle leggi che per il momento lo impediscono, anche se c'è già chi sta tirando fuori cavilli su cavilli.

Ma il punto politico non è questo, cioè non è la candidatura o la candidabilità di Berlusconi, ma sono gli errori - al solito - del Partito Democratico. Perché se è vero che commercialmente può anche essere giusto spingere la notizia con ghirigori giornalistici che servono ad aumentare le copie vendute (vedi Repubblica, che ancora lì sta) - giusto fino a che il pubblico è così fatto, come in Italia - dal punto di vista politico, andarci su è tutto sbagliato.

Ed il perché non è troppo difficile se ci si ferma a pensare, e non si cede all'istinto del commento da consenso immediato. Quella di Forza Italia sul leader candidato, è un'operazione di marketing, di comunicazione, di propaganda insomma.

Il motivo, sembra altrettanto evidente: cercare di spostare su FI (e su B) le attenzioni mediatiche, che attualmente si trovano focalizzate altrove. Sul governo e su Renzi, oggetti sovrapposti in un tutt'uno, su cui l'intera Italia (Forza Italia compresa) ha scommesso quell'Euro che aveva in tasca. Conseguenza vuole, che essendo Renzi anche il segraterio del PD, e essendo questo attuale governo molto a targa PD, quelle attenzioni finiscano a caduta anche sui dem.

E siccome dietro alle attenzioni mediatiche si nasconde il grosso dei voti, è vitale per il centrodestra italiano (quello vero, quello della gente, non NCD) riportarsi al centro della scena, attraverso l'unico motivo d'interesse e di appeal elettorale: insomma, l'unico asso rimasto ancora nella manica, sempre Berlusconi.

Ora il punto è che se il PD fa questo gioco, sbaglia in due tempi. Innanzitutto nel presente, infilandosi dentro la discussione, dentro la polemica, spostando il dibattito dalle cose buone del proprio governo e del proprio segretario: in questo momento, è chiaro, che muovendosi fuori dall'azione di governo (traballante anche quella) si rischiano il deretano e i voti.

Il secondo tempo è nel futuro: quando da qui a breve verrà comunicata - per via di quelle leggi - l'impossibilità della candidatura, allora la risposta di FI - ancora propagandistica, ancora padre e madre del consenso - sarà tutta nell'azionare la leva della lotta giudiziaria che sostituisce la battaglia politica, del Berlusconi che non si è potuto candidare per colpa dei veti (legislativi) imposti dal PD - e poco importa se in realtà non è così -, dell'eliminazione del concorrente per azione giudiziaria e non per forza politica (remember la decadenza?), del vittimismo contro il sistema - argomento, questo sì, di indubbio fascino.

L'unica strategia possibile, allora, è quella di lasciare andare, di farsi scivolare addosso la questione, di evitare reazioni e commenti, perché poi alla fine se quel nome sarà sulle liste chissenefrega. Così si dimostrerebbe da una parte indifferenza verso un fatto relativo che sposta attenzione da argomenti più importanti per l'Italia, dall'altro di non temere nessun genere di mosse dell'avversario, ché si è consapevoli della propria forza elettorale e politica - ma lo si è consapevoli? E, soprattutto, forti?

@danemblog

Foto: Leonardo d'Ottavi (Flickr)

Questo articolo è stato pubblicato qui

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