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Tempo libero perso? Non è un diritto risarcibile

Le perdite di tempo causate dalla burocrazia non sono suscettibili di risarcimento. La Cassazione la pensa così, ma è giusto non considerare il valore sociale del "tempo libero"?

Il tempo libero “perso” per colpa della burocrazia non è considerato suscettibile di risarcimento quantificabile in denaro, come danno non patrimoniale. La Corte di Cassazione la pensa così. Si è, infatti, pronunciata in tal senso su alcune recenti richieste di risarcimento provenienti da soggetti che avevano “perso tempo” a causa delle lungaggini di uffici pubblici nel disbrigo di proprie pratiche o per difendersi da richieste di denaro da parte di enti pubblici, rivelatesi poi non fondate.

Secondo la Cassazione, il “tempo libero” non è un diritto fondamentale della personalità garantito dalla Costituzione, come avviene ad esempio per l’attività lavorativa. L’esercizio del tempo libero sarebbe rimesso all’autodeterminazione dei singoli, che sarebbero padroni di scegliere come e se impiegarlo.

L’interpretazione della Suprema Corte non sembra però tenere conto del valore sociale che va sempre più assumendo il cosiddetto “tempo libero”. Per molti, quest’ultimo è infatti un “mezzo” per esprimere al meglio la propria personalità. Tale “mezzo” è spesso ostacolato dal cattivo funzionamento dell’apparato della pubblica amministrazione, talvolta lento e superficiale. Una mezza giornata in fila presso un pubblico sportello, per il disbrigo di una pratica di pochi minuti, non può considerarsi la stessa cosa che passare quel tempo andando per funghi nei boschi o rincorrendo una palla da tennis su di un campo di gioco. Per la Cassazione, tuttavia, è più o meno la stessa cosa. 

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