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Tagli alla Sanità: a rischio milioni di diagnosi precoci

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Una mia amica ha subito un grosso intervento chirurgico all'addome... dopo alcuni mesi si manifestano dei dolori di schiena importanti con perdita di sensibilità agli arti inferiori. In ossequio alle nuove disposizioni di legge, il medico le nega tac o risonanze invitandola a rivolgersi privatamente ad un neurochirurgo che, eventualmente, richieda lui gli esami diagnostici. Pagati i 200 e passa euri di visita, il neurochirurgo ipotizza un'ernia, ma solo come ipotesi, perché potrebbe essere qualsiasi cosa, anche una neoplasia, finché non si vede cosa c'è; torna dal medico di famiglia e questo nega ancora la diagnostica, perché il nuovo protocollo prevede la gratuità solo se si sa già che c'è un tumore o se c'è urgenza per pericolo di vita.

Il neurochirurgo non ha infatti precisato nella richiesta l’urgenza per pericolo di vita, pur non risparmiando la possibilità teorica di diagnosi molto poco piacevoli. Non potendo sapere prima di vedere cosa c'è, intanto questa mia sfortunata amica deve pagarsi la diagnostica; poi se risultasse ammalata, si vedrà per eventuali prossime analisi.

Credo sia efficace valutare il funzionamento di una norma, da esempi pratici della sua applicazione come nel caso che ho appena descritto. Mi chiedo come sia possibile questa cieca ed acritica ubbidienza da parte dei medici nell’ottemperare una norma così illogica sul piano sanitario. La risposta è semplice: sono previste decurtazioni di reddito per coloro che non si atterranno al protocollo. E d’altronde, se i medici di famiglia sono già tutelati da polizze per responsabilità civile, in caso di contestazioni di errore da parte dei propri pazienti, non sono tutelati invece dai suddetti possibili tagli di reddito.

Il governo ha trovato, insomma, la chiave giusta per farsi ubbidire in una norma che più volte aveva cercato di proporre senza esiti. E’ verissimo che spesso persone fobiche ed ansiose hanno preteso dai propri sanitari analisi costose e sofisticate in assenza di sintomi che le giustificassero, ed è pur vero che molti medici, pur di non avere rogne, le hanno concesse, anche in assenza di una propria convinzione sulla effettiva necessità di prescriverle. Ma come spesso accade quando si ricorre a leggi restrittive su prestazioni sanitarie - pensiamo ad esempio, alla famigerata legge 40 - la soluzione normativa è peggiore del rimedio che si vuole ottenere.

Dati ISTAT di questi giorni indicano in tre milioni di famiglie l’impossibilità economica di pagare con regolarità bollette, rate di affitto o mutuo senza indebitarsi. Ipotizziamo una media di tre componenti a famiglia e abbiamo ben nove milioni di connazionali impossibilitati a pagarsi costose diagnostiche in caso di necessità. Sempre statistiche affidabili, indicano l’incidenza del cancro in un caso ogni tre italiani, quindi, solo per questa pestifera patologia, dobbiamo temere che tre milioni di questi individui, deboli economicamente, si ammalerà, ma, ai primi sintomi, non potrà accedere alle adeguate tecniche diagnostiche per arrivare ad una definizione precoce della malattia, unica strategia potenzialmente vincente per uscirne vivi.

Eccovi, anzi, eccoci servito un bel piatto avvelenato in questa manovra. Tagli potenzialmente mortali al sistema sanitario in cambio di sgravi fiscali su prima casa al fine di conquistare consensi. Pagheranno elettoralmente di più i risparmi sull’IMU o nuoceranno maggiormente i tagli ai servizi sanitari? Non lo so, ma la salute, purtroppo, è quella cosa che scopri solo quando non ce l’hai più e questo mi infonde poca fiducia. Inutile ricordare che tutte le leggi nazionali parlano, fin dalla nazionalizzazione del Servizio Sanitario del 1978, di obbligo di prevenzione a carico del sistema pubblico; addirittura l’ultima grande legge quadro, la 229 del 99 scritta in ossequio a direttive europee, ha tra gli obiettivi persino il “benessere di salute” espressione macchinosa per indicare l’obbligo del pubblico di promuovere la salute con la prevenzione e la consapevolezza della sua importanza. Già, ma adesso pare siano di moda i rottamatori, non certo di faccendieri alla verdini, ma ohibò di doverose e corrette pratiche sanitarie. 

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