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TAV, TAP, sorteggio dei rappresentanti | Il popolo sovrano e la tecnocrazia diretta

Da quando si è insediato, questo esecutivo ha scelto di non decidere su alcuni bubboni che si trascinano da anni. In realtà, il messaggio che passa è che “stanno decidendo, oh se stanno decidendo!” Ora decidono, teneteli o decidono, e cose del genere. Ma al momento si è visto poco e nulla, se non una pervicace volontà procrastinatoria travestita da decisionismo. Ma questo decisionismo spesso viene presentato come “ascolto” e “partecipazione” dei cittadini sovrani, ci mancherebbe. Il risultato è ancor più straniante.

Ad esempio, si tende a “decidere” che la prosecuzione delle grandi opere dovrà basarsi su una “analisi costi-benefici”, che è diventato il nuovo mantra di questa maggioranza. Il sottinteso è che in passato non sia stata realizzata alcuna analisi del genere e forse è anche vero, oppure che le analisi siano state condotte enfatizzando alcuni parametri valutativi rispetto ad altri.

È la leggenda della “oggettività” delle valutazioni, che in un paese di analfabeti funzionali come l’Italia non può che vivere una fulgida primavera. La TAV? “Facciamo l’analisi costi-benefici”; la TAP? “Presto, l’analisi costi-benefici”, e via declamando. Sono certo che, da qualche parte, esiste anche un’analisi costi-benefici che afferma che Alitalia deve essere pubblica, o muerte. Questa è la finzione di credere che la tecnica sia neutrale. Di solito, il passo successivo all’espediente dilatorio del “facciamo l’analisi costi-benefici” tende a produrre l’altro mantra, quello del “facciamo un referendum”.

Come per la Tav, ad esempio. Bello, no? Sfortunatamente, appena si pronuncia la parolina magica, ecco i problemi. Ad esempio: chi dovrebbero essere gli aventi diritto al voto, a quel referendum? I valsusini, che ritengono di subire un irreparabile danno? I piemontesi, per prossimità e ricadute economiche immediate del corridoio di alta velocità? Gli italiani, per il costo a carico del bilancio pubblico di eventuali stop all’opera ma anche per quello che potrebbe derivare dal suo completamento? Provate a rispondere a questa domanda. Magari potremmo assegnare un pacchetto di voti agli elettori in funzione della distanza fisica dall’opera: ad esempio, il voto di un valsusino vale 100, quello di un piemontese 10, quello di tutti gli altri italiani vale uno? Ma anche così, come fare? Chiamiamo “gli esperti” per definire la ponderazione del voto plurimo? Ah, saperlo.

Se ci pensate, poi, l’invocazione degli “esperti” rischia di invalidare in radice la “consultazione popolare”, ponendola su binari predefiniti. Ma questo vale per tutto. Allora, forse vale inventarsi degli esperti, rigorosamente di parte, per dare a bere al popolo sovrano ed un filo bue che la scelta è stata prodotta nel solco della “sovrana saggezza” di quest’ultimo, che poi sarebbe la mistica casaleggese della consultazione della Rete, che per definizione non può produrre esiti disfunzionali. Pare di aver a che fare con bambini di quattro anni.

E con lo stesso tipo di interlocutori abbiamo a che fare seguendo il filo dell’ultima “provocazione” di Beppe Grillo, quella del sorteggio dei rappresentanti agli organismi rappresentativi. Confesso che la cosa mi affascina pure. Nel senso che ho la sensazione che, se dovessimo estrarre degli eletti secondo parametri socio-economici e demografici rappresentativi del paese, andremmo ad eleggere soggetti meno deformati di quelli che zompettano sulle assi del teatrino italiano in questa stagione sceneggiata da David Lynch.

Però poi leggo la replica di Sabino Cassese a Grillo, sul Corriere:

Immaginiamo un consiglio dei ministri composto di «persone scelte a caso e per tempo limitato». All’ordine del giorno vi sono i seguenti argomenti: nuova disciplina delle esportazioni dei beni culturali; norme sulla progressione in carriera degli impiegati civili; misure per ridurre il riscaldamento terrestre; provvedimenti per la tutela delle specie viventi del mare; ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa contro il traffico di organi umani; ratifica ed esecuzione del protocollo n. 15 recante emendamento alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; ratifica ed esecuzione della convenzione del Consiglio d’Europa sulla manipolazione di competizioni sportive; ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Giappone concernente il trasferimento di equipaggiamenti e di tecnologia di difesa.
Molti di questi argomenti erano all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri italiano il 26 luglio scorso. Come pensate che decida il Consiglio dei ministri, composto da «persone scelte a caso e per tempo limitato»?

Ottimo punto, no? In realtà non troppo, perché ogni eletto si avvale dei dossier della tecnostuttura ministeriale. Si dovrebbe quindi demandare il supporto decisionale alla tecnostruttura ministeriale? Se sì, ed arrivassero indicazioni contrarie alla volontà del politico eletto a sorte, che accadrebbe? Oppure serve lo spoils system integrale della tecnostruttura, in modo che dica sempre e solo sì alle idee del politico di turno? Ma se le cose stanno in questi termini, è del tutto futile invocare una fantomatica “analisi costi-benefici”. Inutile usare “i tecnici” come alibi per avallare la propria posizione politica e come capro espiatorio quando quell’avallo non arriva. Affascinante questa ambivalenza della tecnostruttura, comunque: da supporto “oggettivo” e “scientifico” a “forza antidemocratica”, a seconda che dicano si o no.

Quale esito attendersi, quindi? Semplice: la paralisi. Che tuttavia sarà presentata come “lotta contro i poteri forti”, meglio se occulti. E la decomposizione s’avanza. Però volete mettere, far scegliere il popolo sovrano con l’ausilio di pareri di tecnici che non sbagliano, purché siano dalla nostra parte politica? Ha ragione Grillo: la democrazia è così terribilmente démodé. E figuriamoci entro un governo di coalizione, poi.

Allora, facciamo sintesi: un bel referendum dopo la mitologica analisi-costi benefici. In pratica, una “tecnocrazia diretta”, meglio se guidata da qualche server taroccabile.

P.S. Resta un problema di coerenza interna all’argomentazione grillesca. Ma sono pedanti dettagli, come sempre.
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