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Sviluppo rinnovabile: è ora di crederci sul serio. Ecco perché

Già ora, all'inizio del 2012, la bolletta energetica nazionale viene alleggerita dal sole e dal vento. Ma manca ancora un piano di sviluppo concreto

E' stata trovata la pietra filosofale che trasforma il piombo (e soprattutto il sole) in oro, ma non bisogna dirlo e, sopratutto, non bisogna farlo.

I dati sono ormai sotto gli occhi di tuttila bolletta elettrica in Italia è già più leggera, o meglio, meno pesante, grazie al contributo delle energie rinnovabili. Si avverano, sotto voce, le previsioni di quanti, economisti, scienziati, imprese e grandi gruppi finanziari, prevedevano da tempo: il sorpasso, già nelle attuali condizioni tecnologiche, delle fonti rinnovabili su quelle fossili sia per convenienza che per praticità.

Guardiamo i fatti; come ce li spiega, fra gli altri, un gruppo autonomo di professionisti che studia il settore da anni come Interenergy: la bolletta energetica è aumentata molto meno di petrolio e metano, grazie alle rinnovabili. L'incremento massiccio nel 2010 dei costi del petrolio è stato calcolato dalla Confartigianato attorno al 26,5 %. Invece il metano, con il quale si produce più della metà dell'energia nazionale, è salito del 12%. A fronte di questi due picchi, la bolletta energetica italiana doveva aumentare almeno di sei punti percentuali. Invece siamo molto al di sotto di questa soglia. Mentre, guarda caso, per i combustibili da trazione, ossia benzina e gasolio, il differenziale fra aumento della materia prima e incremento costi all'utente finale è quasi zero.

Come spiegava bene anche il Venerdi di Repubblica, la dinamica delle varie componenti della bolletta rende ancora più evidente il fenomeno. Infatti, la componente energia della bolletta, ossia i costi direttamente legati alle forme di produzione energetica, all'interno di un coacervo di tasse ed accise fiscali,è passato solo dallo 0,093 allo 0,095 euro per chilowattora. Un aumento netto del solo il 2% circa. Ancora meno della dinamica complessiva.

Insomma il sistema Italia è riuscito ad ammortizzare la pressione dei costi dei combustibili tradizionali grazie ad una rete di salvataggio costituita dalla produzione di energie rinnovabili che, grazie allo sviluppo realizzato quasi a dispetto dei vertici del paese, dalle imprese che cocciutamente hanno deciso di impegnarsi sul fronte rinnovabili. Nel paese infatti siamo ormai ad una capacità di produzione, fra eolico e fotovoltaico, di tutto rispetto. Il vento infatti ci consegna una produzione annua attorno ai 6 gigawatt, mentre dal sole ricaviamo già ben 12 gigawatt.

Ma come spiega il premio Nobel per l'economia l'americano Krugman, siamo ancora lontani dall'aver pianificato ed ottimizzato una scelta strategica che vede, in particolare i paesi occidentali, da sempre tributari delle fonti energetiche, giocare sul sole la loro partita decisiva. Proprio il sole infatti - spiega Krugman, ed ancora di più documenta Rifkin - è la matrice della prossima rivoluzione industriale, che vedrà il fotovoltaico affiancarsi prima e sostituirsi poi all'informatica distribuita, come motore di un nuovo sviluppo economico e tecnologico. Un fenomeno che avrà una dimensione e pervasività non inferiore a quello che l'impatto della rete sta producendo nel sistema produttivo, ma sopratutto relazionale, del pianeta.

Ma si tratta, in questa transizione dalle centrali a gasolio o carbone, al reticolo di micro impianti fotovoltaici urbani, di governare, in maniera seria e determinata, il processo, aprendo la strada ad una nuova filosofia e cultura di autoproduzione, e non solo sostituire un propellente con un altro, mantenendo intatti i protagonisti e le logiche di mercato precedenti. Andiamo infatti a vedere come si configura il costo energetico nella nostra bolletta. Possiamo dire che oggi, nel corso delle giornata, si tengono varie aste per il rifornimento della rete di distribuzione energetica. In teoria, in base alle ragioni di convenienza, il distributore accetta e immette nel circuito le produzioni che arrivano dai vari centri o impianti, appunto in base alla convenienza e gestibilità, fino alla saturazione del fabbisogno. Ovviamente a battere l'asta è, di fatto, il vecchio monopolista, l'ENEL, che cerca di salvaguardare la propria centralità sul mercato e , soprattutto, la funzionalità dei suoi impianti che rischiano, in un regime di reale concorrenza, di uscire dal mercato.

Per uno strano "sortilegio" in questa competizione il prezzo del kwh per l'intera fascia oraria interessata è quello dell'offerta più cara fra quelle che si sono succedute. Ora è evidente che, con l'intensificarsi della produzione e dunque delle offerte di pacchetti di energia rinnovabile lungo la giornata, capita sempre più spesso che la produzione di impianti vecchi e costosi, come sono quelli a combustibili fossili, possa essere sostituita in parte o , in certe ore, anche totalmente. Con un evidente effetto benefico sulla bolletta.

Siamo solo all'inizio di un circuito virtuoso, che potrebbe supportare, in maniera decisiva, l'attuale congiuntura finanziaria negativa, sostenendo i conti pubblici e alleggerendo i pesi per le famiglie, in maniera sostanziale e non solo potenziale come era una volta. Anche qui i conti li lasciamo a Interenergy, che conferma quanto da noi più volte annunciato: ogni 3% di mancato aumento del costo del chilowattora si traduce in un risparmio di oltre un miliardo di euro all'anno per il paese. Ma non basta. Ci sono poi i risparmi che si realizzano nei costi indiretti, come l'impatto ambientale. Costi che per il nostro paese, per limitarci solo all'acquisto di diritti di emissione di CO2 che potrebbero essere ridotti di almeno altri 18 miliardi all'anno. Siamo esattamente nei dintorni del valore di una delle finanziarie testè approvate. Ora è evidente che quanto abbiamo fin qua riportato ci porta ad un bivio: o è vero ed allora bisogna gridarlo ai quattro venti, pretendendo che si convochi realmente una nuova costituente della politica energetica del paese, senza perdere altro tempo. O invece è tutto falso, allora i responsabili del paese ci devono smentire, cifre alla mano.

Non è più tollerabile una navigazione sotto costa, galleggiando fra pratiche tradizionali e proclami mai attuati. La scelta di una nuova, radicale politica energetica, non si realizza in un batter d'occhio, ma non si arriverà mai , se non si apre il cantiere. Le dinamiche mondiali ed europee, come dimostrano i trends del grafico che proponiamo, ci indicano che l'imminente sopraggiungere di uno tsunami che va cavalcato. Anche in questo caso i dati non possono essere esorcizzati, semmai confutati. Ma nessuno al momento sembra poterlo fare.
Allora non sono più ammissibili né titubanze, né mediazioni. La scelta deve essere netta, drastica e inequivocabile. Si tratta di imboccare un nuovo modo di produrre, di distribuire e di consumare energia, mutando geometrie di mercato, logiche di impresa e sopratutto ruolo e funzione dei protagonisti. Accanto ai decisori nazionali, bisogna che assumano responsabilità gli amministratori dei territori.
Accanto ai centri nazionali di servizio, bisogna che un nuovo tessuto di aziende, e di multiutility locali prenda il timone industriale del progetto. Bisogna rendere questo un paese sempre più vivibile, per far sì che sia sempre più vitale. Bisogna attuare subito, nei comuni piani regolatori dell'energia, per modellare, città per città, le modalità e le soluzioni più adatte ad ogni tessuto urbano. Bisogna legare la rigenerazione dell'ambiente ad indicatori economici, che guidino l'allocazione delle risorse, una sorta di indice di qualità, che privilegi i comuni che rinnovano e puliscono il proprio territorio. Bisogna che il sistema Italia presidi il mercato, sia nella ricerca che nelle applicazioni. Bisogna che le banche sostengano questo settore, e non lo considerino area precaria. Insomma bisogna avere un piano nazionale che liberi risorse e capacità, senza dover garantire rendite di posizione.
La bolletta elettrica è, da questo punto di vista, la bandiera del nuovo sviluppo nazionale.

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