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Stati Uniti: un film contro l’antisindacalismo di Amazon

Primo aprile 2022. Per la prima volta uno stabilimento Amazon degli USA si sindacalizza. E' una delle più grandi vittorie dei lavoratori statunitensi.

La vicenda di quell'organizzazione sindacale fondata dal basso è raccontata dal documentario “Union”, di Brett Story e Stephen Maing, girato con 300 giorni di riprese diurne e notturne ai cancelli dell'impianto di Staten Island, a New York, di fronte ad uno scalo delle navi-portacontainer. La pellicola, uscita nel 2024 negli USA, è visibile ora anche in Italia, distribuita da Cineagenzia.

Amazon gestisce il 40% degli acquisti on line degli USA coi suoi 800 magazzini in cui lavorano 1.100.000 dipendenti con un turnover, un cambio di addetto, in media ogni 6 mesi, in conseguenza del modo in cui è organizzata l'attività: alti carichi di lavoro e infortuni, turni di 12 ore, controllo elettronico della prestazione e, durante la pandemia, sottovalutazione dei contagi COVID.

Problema, quest'ultimo, per cui un gruppo di lavoratori dello stabilimento JFK8 del distretto di Staten Island a New York indìce nel marzo 2020 un breve sciopero che porta al licenziamento di uno degli organizzatori, Chris Smalls. Il gruppo, a cui poi si aggiungono persone con esperienze e/o tradizioni familiari o sindacali, nell'aprile 2021 fonda Amazon Labour Union (ALU), un sindacato autonomo dalle grandi Union.

Una raccolta fondi on line e ai banchetti di proselitismo apporta una dotazione di 120.000 dollari per organizzare “l'assalto a Amazon”. Risorse che si confrontano coi 4,3 milioni di dollari stanziati dall'azienda per contrastare la loro iniziativa.

I due mesi di campagna elettorale, raccolti dalla telecamera del film, si svolgono con una tenda di fronte ai cancelli dell'immenso magazzino, con volantini distribuiti alla fermata dei bus che raggiungono il sito periferico, con discussioni interne sui metodi di organizzazione da adottare, coll'ingresso nel lavoro di alcuni, in genere giovani scolarizzati, per favorire il rapporto diretto coi lavoratori.

La lunga vicenda accentua anche il rapporto difficile di alcuni organizzatori col leader Smalls, che è sempre in azione, vede i suoi 3 figli a malapena in quelle settimane di raccolta adesioni ed è arrestato mentre sta rilasciando dichiarazioni alla stampa sul marciapiede di uno degli edifici di proprietà di Amazon.

Il film evidenza anche l'attività senza scrupoli di union busting (di contrasto del sindacato) prodotta dall'azienda con riunioni obbligatorie per convincere a non sindacalizzarsi, manifesti sui muri dei reparti (anche sulle porte dei gabinetti), propaganda anti-union trasmessa con l'altoparlante nei reparti durante il lavoro (nella quale impera la cantilena “il sindacato vuole parlare al tuo posto”), fotografie col teleobiettivo scattate ai militanti ai cancelli. Tutto ciò, come denuncia un lavoratore che interloquisce durante un'assemblea indetta dall'azienda, fatto da persone di grandi imprese specializzate, alcune delle quali pagate 2.000-3-000 dollari al giorno: Mentre un lavoratore di quello stabilimento ne guadagna 1.200 al mese, ha un turno di 10-12 ore, una pausa-pranzo di mezz'ora ed una produttività controllata con algoritmi che decidono chi licenziare per scarso rendimento.

Nella discussione ai cancelli coi lavoratori che entrano ed escono dallo stabilimento, alcuni dei quali indifferenti, altri impauriti, qualcuno mette in discussione le quote sindacali, che dovranno pagare tutti i dipendenti dello stabilimento se il SI' prevarrà nei seggi e che nel mondo sindacale statunitense sono assai alte. Gli organizzatori rispondono che l'importo della quota lo decideranno gli iscritti. Altri vorrebbero la presenza di un Sindacato strutturato con esperienza e non di un “novellino”.

Giunti alla prima consegna delle adesioni sindacali alla sede del National Labor Relaction Board (NLRB), l'agenzia federale che si occupa dei diritti del lavoro, emerge che metà delle persone che avevano firmato non sono più in azienda (o perché assunti temporaneamente, o licenziatisi per i carichi e gli orari insopportabili, oppure alcuni licenziati a causa della loro attività filo sindacale interna).

E' utile precisare che la sindacalizzazione negli USA dev'essere di singolo stabilimento, praticamente non esistono contratti contratti nazionali o aziendali, per trattare un contratto collettivo occorre preventivamente raccogliere il 30% delle firme degli addetti e poi almeno il 50% dei voti nelle elezioni, che sono indette dal NLRB.

ALU replica alla persistente propaganda aziendale con slogan come “Stai dalla parte giusta della storia. Vota SI' al sindacato”, con faretti che proiettano sui muri dello stabilimento frasi come "non siamo numeri", infine con un “free food” a base di pizza e “erba”.

Il primo aprile, di fronte alla sede del NLRB di New York, due gruppi, uno di militanti, uno di giornalisti, aspettano gli esiti dell'elezione: degli 8.000 con diritto al voto, 2.654 vota SI' e 2.131 NO. Anche il New York Times mette subito il risultato sul proprio sito.

Una settimana dopo la vittoria sindacale, Amazon presenta 25 reclami sulle elezioni svolte, affermando, tra l'altro, che il NLRB ha favorito il Sindacato, il quale avrebbe pure "minacciato i dipendenti che non lo sostenevano". La tattica aziendale è quella di portare la causa per le lunghe (magari fino alla Corte Suprema a maggioranza reazionaria) e di renderla costosissima, approfittando del fatto che la controparte sindacale non ha certamente le risorse economiche adeguate per sostenerla a lungo. E nemmeno quelle umane: il legale di ALU, Seth Goldstein, che si autodefinisce, su Twitter, avvocato del lavoro, antifascista e troublemaker (attaccabrighe), si vale dell'aiuto volontario di una ventina di studenti di giurisprudenza per preparare la discussione della causa di fronte al NLRB. Le sessioni, utilizzando Zoom, sono pubbliche, malgrado la contrarietà di Amazon, e danno ragione a ALU.

La multinazionale si rifà comunque subito, vincendo a maggio del 2022 l'elezione nello stabilimento LDJ5, contiguo al JFK8, con 618 no contro 380 sì al Sindacato (su 1.600 elettori potenziali).

Occorre precisare che la battaglia contro i Sindacati è per Amazon quella della vita: sconfitti nel passato alcuni tentativi di sindacalizzazione dei suoi stabilimenti, se ora in una della sue sedi i lavoratori organizzati vincessero e riuscissero poi a stipulare un contratto (cosa non automatica e per nulla scontata, perché non sono previste sanzioni alle aziende refrattarie) cadrebbe una delle principali costruzioni ideologiche del suo mondo aziendale. E sarebbe messo in discussione il suo modello di logistica a basso costo che si basa soprattutto su ritmi e controlli della forza lavoro incompatibili con un'energica negoziazione collettiva.

A distanza di quasi 3 anni dalla vittoria, il contratto non è ancora stato firmato a causa della melina aziendale. E malgrado il suo atteggiamento antisindacale, Amazon ha ricevuto negli USA più di 4,1 miliardi di dollari in sussidi federali e locali.

Nel frattempo, come si vede anche nel film “Union”, la critica per la scarsa democrazia interna ha diviso ALU: una componente di lavoratori ha chiesto al NLRB di imporre le elezioni della dirigenza, finora autonominata, e le ha vinte nel luglio 2024. Mentre nello stabilimento sono rimasti gli annosi problemi di lesioni sul lavoro, bassi salari, alti carichi, accesso regolamentato ai gabinetti, lavori pesanti anche delle lavoratrici incinte, malgrado il parere medico che le esenta, ecc.

Nel 2024 ALU si affilia al grande sindacato dei Teamsters (camionisti), perdendo così la sua caratteristica di organizzazione completamente indipendente ma s'inserisce nella campagna di sindacalizzazione lanciata dalla nuova direzione dei Teamsters che vuole creare un movimento dei lavoratori Amazon negli USA. I Teamsters hanno indetto nei giorni precedenti il Natale scorso una lotta nazionale che ha visto entrare in sciopero, non solo gli autisti sindacalizzatisi di alcune aziende a cui Amazon ha fintamente esternalizzato il lavoro di consegna delle merci, ma anche sedi, come quella di Staten Island, dove ALU era presente

Alla fine di gennaio, a Philadelphia, gli addetti di una sede di Whole Foods Market, la catena di supermercati di alimenti biologici acquistata da Amazon per estendere le proprie attività al commercio al dettaglio, hanno votato 130 a 100 per essere rappresentati dal Sindacato United Food and Commercial Workers Union, che organizza 800.000 lavoratori del settore alimentare. Anch'essi, malgrado il loro piccolo numero, sono finiti sulle pagine di giornali e riviste come seconda sede Amazon USA sindacalizzata. E fanno riferimento alla campagna internazionale “Make Amazon Pay”, una coalizione di 80 Sindacati di vari Paesi, organizzazioni ambientaliste e associazioni attive nella società, che si batte contro le politiche antisindacali di Amazon.

Elon Musk, contestato pure lui per la repressione antisindacale nelle sue aziende, ha denunciato il NLRB come anticostituzionale (si attende il pronunciamento della Corte Suprema). Ed ora, a capo del DOGE, il Dipartimento per l'Efficienza”, manda i suoi scagnozzi in giro per i Ministeri per assumere informazione sui lavoratori pubblici e sulle loro attività per poi licenziarli e sostituirli con personale devoto a Trump. L'obiettivo finale è quello di ridurre al minimo lo Stato Sociale, già misero in quel Paese, e destinare i risparmi di personale e di spese sociali ad un ulteriore taglio delle tasse ai ricchi. Trump vuole inoltre sopprimere, quantomeno ridurre il ruolo, di tutte le Agenzie federali che intralciano il ruolo dispotico del Presidente e del padronato.

I lavoratori statunitensi organizzati collettivamente hanno dunque un ruolo fondamentale: protagonisti di una storia travagliata, possono essere, anche e soprattutto oggi, un baluardo contro il razzismo, a favore dei diritti individuali e collettivi, per un Stato sociale degno di questo nome, per difendere la libertà di parola e di associazione.

 

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