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Socci su ddl Calabrò: “Approvatelo in nome di mia figlia”

In vista dell’arrivo alla Camera del ddl Calabrò sul fine vita, previsto per il 7 marzo, si riaccende il dibattito sul tema. In particolare sull’art. 3 che impedisce al singolo di decidere nella dichiarazione anticipata su idratazione e alimentazione.

Dalla maggioranza di governo e da parte cattolica se ne sostiene l’approvazione; Avvenire segnala il sì dei medici cattolici. Scende in campo anche l’opinionista Antonio Socci, che su Libero lancia un appello “non come giornalista o intellettuale cattolico, ma come padre di Caterina”, proprio la figlia entrata in coma per un’aritmia cardiaca e quindi ristabilitasi. Socci chiede di approvare “subito” la legge sulla dichiarazione anticipata di trattamento “così com’è”. Sostiene in particolare l’art. 4, che impedisce l’applicazione della dichiarazione anticipata “in condizioni di urgenza o quando il soggetto versa in pericolo di vita immediato”. E per farlo parla della tragica esperienza della figlia, che non si sarebbe salvata se i medici “avessero dovuto prima informarsi sul suo testamento biologico”. Senza questa legge, sostiene, nei casi di ricoveri urgenti “qualcuno potrà fare causa a un medico soccorritore perché ha rianimato un malcapitato che – pur salvandosi – così ha riportato danni più o meno gravi”, se questi aveva “scritto nel biotestamento ‘non rianimatemi’”.

Se un’eventualità simile diventasse un precedente in tribunale, i soccorritori da quel momento perderebbero tempo prezioso nel cercare di capire se la persona voleva o no la rianimazione, al fine di evitare possibile denunce. Il giornalista ritiene, paventando scenari tragici, che “la catena del soccorso d’emergenza” “andrebbe a ingolfarsi lì, sull’accertamento delle volontà” e ciò potrebbe avere conseguenze nefaste “anche per coloro che non hanno fatto testamento biologico o che hanno espresso la volontà di essere rianimati e curati”.

Valentino Salvatore

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