• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > Siria: la cosa sbagliata al momento sbagliato, nel modo sbagliato

Siria: la cosa sbagliata al momento sbagliato, nel modo sbagliato

Mentre scriviamo il raid anglo americano sulla Siria è annunciato ma non ancora iniziato, ma già è possibile fare qualche considerazione. È sempre difficile dire cosa si può fare in casi disperati come quello siriano. Da due anni era in corso una insopportabile mattanza della popolazione civile e qualcosa occorreva fare, ma quello che si prepara sembra la cosa sbagliata, nel momento sbagliato, nel modo sbagliato. In primo luogo, è inaccettabile che ad intervenire sia una coalizione (per la verità, una mini-coalizione) di “volenterosi”, cioè la solita accoppiata Usa-Uk, e senza nemmeno uno straccio di risoluzione Onu, che autorizzi questo intervento. E questo lo capisce perfino la Bonino che non è esattamente Camillo Benso di Cavour.

Qui non siamo nel caso libico, che presentava rischi modesti di allargamento del conflitto e nel quale russi e cinesi non erano coinvolti più di tanto. Qui siamo fra tre confini caldissimi (Israele, Turchia ed Iraq), seduti sul barile di dinamite iraniana, con Cina e Russia apertamente coinvolti in funzione filo Assad, per cui i rischi di allargamento sono molto più elevati. Ragion per cui, la via maestra sarebbe stata, piuttosto, quella di una forza multinazionale di interposizione, composta dalle potenze coinvolte indirettamente (Usa, Cina, Russia e, forse, quel fantasma che chiamano Ue) ed affidata al comando di uno stato maggiore, se non neutrale, meno schierato (ad esempio indiano). E questa cosa andava fatta almeno 20 mesi fa, senza aspettare la macelleria che c’è stata e quando i “ribelli” erano più genuinamente espressione della rivolta interna, non essendosi ancora sviluppate le interferenze esterne.

Comunque, resta ancora la scelta più corretta da costruire. Qui, però, devo dire che i “pacifisti” non ci hanno fatto una gran bella figura: hanno sostanzialmente latitato in questi due anni (tranne poche ed irrilevanti manifestazioni) disinteressandosi di una questione “fastidiosa”, in cui non c’è qualcuno con cui schierarsi o qualcuno c’è ma è troppo imbarazzante dirlo… Per i “pacifisti” la guerra c’è solo quando intervengono gli Usa, contro cui si mobilitano; ma prima, anche se si macellano donne e bambini, la cosa non li riguarda. Sono molto antiamericano anche io, però…

Tornando al tema principale: non solo l’intervento è condotto da stati nazionali senza mandato Onu (in spregio al diritto internazionale e in piena continuità con l’unilateralismo di Bush), ma ha anche finalità e modalità che non potrebbero essere più discutibili.

Il tentativo di imporre una no fly zone è sbagliato sia perché il “fronte” è molto più frastagliato che nel caso libico ed il rischio di colpire la popolazione civile è troppo alto (direi che è una certezza), sia perché le caratteristiche del conflitto, molto più del caso caso libico, ha scarsi caratteri convenzionali (zone definite, scontri aperti e battaglie campali) e ben più accentuate forme “non ortodosse” prevalenti (guerriglia, guerra coperta, uso di armi chimiche ecc.). Inoltre, il rapporto di forze fra esercito regolare ed insorti è assai meno favorevole.

In una situazione del genere, l’intervento aereo-missilistico ha, per sua natura, un’efficacia assai parziale e, infatti, si parla di alcuni giorni di raid (forse tre) finalizzati a distruggere i siti di produzione, stoccaggio e lancio dei gas. Se anche la cosa riuscisse (e siamo molto lontani dallo sperarci), il conflitto proseguirebbe con altre armi ed a lungo. Ma, soprattutto, non è credibile che l’operazione abbia successo. E, questo, sia perché non è sicuro che la mappa dei siti in possesso degli alleati sia completa (anzi, stando alle performance dei servizi americani in zona, è lecito nutrire molti dubbi in proposito), sia perché si tratta di un intervento fatto molto al risparmio: un numero contenuto di unità navali ed aeree, un periodo limitato, il tutto per una spesa prevista di 140 miliardi di dollari. Obama è di nuovo nei pasticci per il suo disavanzo e, se il Congresso non autorizzerà un nuovo sfondamento del tetto del debito pubblico, per gli Usa potrebbe essere default già a marzo (e con un default anche parziale, mi salutate le tre A).

Dunque, deve contenere le spese, anche di tipo militare. Però, non può non intervenire di fronte all’uso conclamato delle armi chimiche, dopo aver proclamato una trentina di volte che questo avrebbe segnato la soglia oltre la quale l’intervento sarebbe stato certo. Ha un’opinione pubblica che gliene chiede conto e, soprattutto, una scena internazionale nella quale il mancato intervento sarebbe letto come l’inizio della fine di ogni progetto monopolare americano. Dunque, bisogna intervenire, ma l’intervento non deve costare troppo. Solo che questa edizione low cost dell’interventismo somiglia molto ad un banchetto nuziale al costo di una pizza e birra.

E, dunque, l’intervento, già parziale nei suoi fini, otterrà un successo a sua volta parziale o forse parzialissimo. Cioè poco più di niente. Il guaio è che anche se l’intervento è limitato, mal fatto e di brevissima durata, i rischi dei suoi effetti negativi non sono affatto limitati: il petrolio è già tornato al picco più alto da due anni ed anche l’oro ha ripreso il ciclo al rialzo, i rischi di allargamento del conflitto sono esattamente gli stessi di un intervento in grande stile e Damasco ha già minacciato ritorsioni contro Israele e l’Europa, l’Iran ha iniziato ad agitarsi e cresce anche la probabilità di una fiammata terroristica. Anzi, sotto il profilo terroristico della questione, il pericolo maggiore è che gli effetti della crisi siriana si moltiplichino con quelli della crisi egiziana.

Per di più, gli occidentali non sanno neppure cosa augurarsi, perché se Assad non gli piace, neanche i ribelli li convincono più di tanto, perché fra loro ci sono troppe presenze poco raccomandabili. E, già in Libia, dove le cose erano assai meno complicate, si è visto come è andata a finire. Per cui, si interviene, ma non si sa bene cosa augurarsi.

Insomma, un petardo esploso in una gola alpina dopo intense nevicate, che rischia di innescare una valanga: la cosa più cretina che si possa fare. Sarà, ma il premio Nobel per la Pace Barack Obama mi sembra solo un Bush abbronzato.

 

Foto: HonestReporting/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.97) 30 agosto 2013 10:28

    Condivisibilissimo post, chiaro ed essenziale. Con la Siria non si scherza, i sionisti questa volta hanno fatto male i conti, staremo a vedere. Ad esclusione della Russia e della Cina, nessuno è in grado di fermare questa ennesima porcata degli sceriffi mondiali autoproclamatisi. Pagheranno come al solito i civili, e questa volta anche in Europa ne vedremo delle belle. 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares