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Shuttle Discovery: passerella d’onore per un pezzo di storia spaziale

Lo Shuttle Discovery vola verso il museo dell’aeronautica e dello spazio Smithsonian, in Virginia. L'ultima volta nei cieli americani per questo pezzo di storia spaziale.

Martedì 17 aprile lo Shuttle Discovery ha spiccato il suo ultimo volo, questa volta a motori spenti e senza abbandonare l'atmosfera terrestre, abbracciato a un aereo di trasporto della NASA che gli ha concesso un’ultima parata regale nei cieli sopra Cape Canaveral, prima di condurlo al museo dell’aeronautica e dello spazio Smithsonian, in Virginia.

Questo gioiello dell’ingegneria americana racconta quasi tre decenni di storia dello spazio, fatta di successi (ma anche di drammi), di progresso, di scoperte. E soprattutto di sogni. Quante volte l’abbiamo visto nei servizi del TG, decollare spinto da un enorme razzo vettore, o atterrare dopo aver girato per giorni intorno alla Terra? Figuriamoci gli americani, che di questo loro giocattolino erano e restano fieri. Cosa dirà un padre a suo figlio portandolo al museo a vedere la grande astronave bianca dalla forma così accattivante? Gli parlerà dell’orgoglio americano, delle sfide contro l’ignoto, delle storie di uomini coraggiosi, di un’avventura chiamata “futuro”.

Il Discovery era il terzo fratello di una famiglia di cinque Shuttle (escludendo il prototipo iniziale); chi non è giovanissimo ricorderà certamente le tragiche immagini dei disastri del Columbia e del Challenger, che misero a serio rischio il seguito del programma spaziale americano e che interruppero per alcuni anni le missioni dello stesso Discovery. Il suo nome deriva dalla HMS Discovery, una delle navi al comando del capitano James Cook nel suo terzo viaggio nel Pacifico, ma non si può escludere che nei pensieri di chi scelse il nome non ci fosse l'astronave Discovery protagonista di "2001 Odissea nello Spazio".

Il battesimo dei cieli avvenne il 30 agosto 1984, e in quell’occasione portò in orbita dei satelliti per telecomunicazioni. L’ultimo volo risale a circa un anno fa, il 24 febbraio del 2011, e proprio nella sua missione di commiato portò sulla Stazione Spaziale Internazionale l’italianissimo modulo Leonardo, frutto del crescente impegno della nostra Agenzia Spaziale in un settore in forte crescita.

Con le sue 39 missioni e quasi 240 milioni di chilometri percorsi, ha contribuito al nostro progresso scientifico e tecnologico. Tra i suoi passeggeri più noti, forse molti ricorderanno il telescopio spaziale Hubble, il grande occhio che ci ha permesso di guardare nelle remote profondità dello spazio e del tempo... Già, anche del tempo; tra i suoi meriti, il Discovery ha contribuito anche a farci fare un salto nel passato. Come si sa, la luce viaggia assai rapidamente, ma comunque a una velocità limitata, e se guardiamo tanto lontano, l’immagine che vediamo è quella partita tanto tempo fa. Ad esempio, se guardo una stella nel cielo lontana miliardi di chilometri, la luce che essa emette in questo istante deve fare un bel po’ di strada prima di arrivare a me, per cui ciò che osservo adesso è luce partita da un bel po’, già storia passata per quella stella, che magari neanche esiste più!

E adesso? Cosa ne sarà delle passeggiate spaziali, del sogno di colonizzare la Luna, della ricerca della vita su Marte? Possiamo scommetterci, l’avventura dell’uomo nello spazio non finisce qui. Per ora il trasporto degli equipaggi sulla Stazione Spaziale Internazionale è affidato alla russa Soyuz, mentre per il trasporto di viveri, propellente e materiali contribuisce anche l’europea ATV, ma possiamo star certi che gli americani hanno delle belle sorprese per noi. Non fosse altro per cercare di dimostrare ai rampanti avversari cinesi che loro sono e restano i re dello spazio.

Il programma di investimenti nello spazio, però, probabilmente esclude o limita la presenza dell’uomo a corto termine; il futuro immediato si gioca sui veicoli automatici senza equipaggio, quindi per rivedere un uomo su un suolo diverso da quello terrestre forse dovremo pazientare ancora un po’.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.14) 19 aprile 2012 11:55

    Fa un certo effetto vedere quel colosso di tecnologia semplicemente adagiato sul dorso di un aereo da trasporto come fosse una vettura qualunque da trainare. Ogni passaggio generazionale porta in se la curiosità verso il futuro che verrà e l’inesorabile malinconia verso il passato che ha dato tutto e che è ora di sostituire. Nonostante ciò, noi italiani, possiamo ritenerci fortunati perché il nostro modulo Leonardo è stato trasportato sulla Stazione Spaziale Internazionale proprio da papà Discovery nella sua ultima apparizione operativa.

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