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Sfruttamento dell’Africa: arriva la Cina

Un inaspettato partner economico e commerciale salda i suoi destini a quelli dell’Africa.

L’Africa nonostante le sue miserie umane e materiali ha sempre nascosto nelle sue viscere una quantità incredibile di risorse naturali. Petrolio e pietre preziose sono ciò che ha solleticato per anni l’appetito di Europei e Americani. Ma ecco spuntare un imprevedibile e pericoloso outsider: la Cina. Per anni confinata nel suo alveo di ideologia e riservatezza, adesso si muove come una tigre decisa ad azzannare la sua preda. Se prima gli unici cinesi che si conoscevano erano i sottoproletari del Sudafrica, trattati alla stregua dei neri nel periodo dell’apartheid, oggi non sono pochi gli uomini di affari o gli ingegneri che hanno solcato il continente africano in cerca di fortuna.

 

Più precisamente, la Cina, desiderosa di materie prime che sostengano il suo gigantesco sviluppo, ha scelto l’Africa come partner commerciale privilegiato. I dati di questo boom sono quantificabili in 50 bilioni di dollari per il 2006, con una crescita del 40% nel 2007. Andando più nei particolari notiamo come nel 2006 il volume di affari dell’Algeria con la Cina è stato di 1,92 bilioni di dollari, mentre la Libia porta a casa 2,25 bilioni, il Marocco 1,77, l’Egitto 2,86, il Sudan 2,90, la Nigeria 2,84, la Guinea Equatoriale 2,26. Se si scende nell’Africa australe troviamo i risultati mostruosi del Sud Africa (8,84) e dell’Angola (11,1).

Il partner commerciale a cui la Cina si affida di più è proprio l’Angola, divenuta in questi ultimi mesi il primo produttore di petrolio in Africa, dopo aver scalzato dal podio la Nigeria. La Cina è golosa di oro nero e disposta a concedere enormi prestiti a quella nazione, pur di mettere le mani su quei giacimenti.

Il segreto di tale successo risiede nel fatto che i Cinesi si presentano in Africa con una veste ed un’immagine meno controversa rispetto a quella dei vecchi colonizzatori europei. La Cina costruisce infrastrutture nei paesi africani ed è disposta a finanziarne l’economia con lauti prestiti. Ma non pretende (e questo è l’elemento di novità) come invece fa il Fondo monetario internazionale, democrazia e trasparenza da parte degli interlocutori africani. E si sa che le cose semplici sono quelle che hanno più possibilità di riuscita.

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