Servizi segreti, magistratura ed eversione: la "farfalla" al 41 Bis
Il 41Bis non è solo una tortura di Stato, come ho già spiegato in un precedente articolo, ma sta emergendo con tutta chiarezza come sia anche un luogo torbido dove operano i servizi segreti. La stessa ministra Cancellieri ha ammesso, durante l’audizione della Commissione antimafia, l’esistenza del famigerato “protocollo Farfalla”.
Grazie ad un’inchiesta su il manifesto del 2006 a firma di Matteo Bartocci, siamo venuti a conoscenza di questo famigerato rapporto dove è emersa una rete di intelligence che operava senza nessun controllo, nessun atto pubblico e in collaborazione direttamente con l’ufficio ispettivo con a capo l’allora, già magistrato, Salvatore Leopardi. Questo “protocollo Farfalla” sarebbe stato redatto dall’allora capo del Dap Giovanni Tinebra, magistrato anche lui e ricordato per aver creduto alla falsa autoaccusa di Scarantino per la strage di via D’Amelio nonostante le perplessità espresse dalla Boccassini, e con un indirizzo specifico al 41 Bis.
Grazie alla bellissima inchiesta del manifesto si evince che Tinebra scrisse testualmente: “Le future articolazioni si occuperanno di: «1) acquisizione, analisi e monitoraggio, continuativi e centralizzati, di elementi documentali e dei dati informativi di natura fiduciaria riguardanti ciascuna delle persone sottoposte al 41bis; 2) esame comparato, sempre continuativo e centralizzato, di tutti gli elementi e dei dati acquisiti; 3) acquisizione, analisi e monitoraggio, continuativi e centralizzati, di tutti i possibili canali di collegamento, intramurario ed extramurario; 4) approfondimento informativo degli eventuali canali di collegamento, anche extramurario; 5) eventuali sviluppi di indagini preliminari all’esito dell’approfondimento informativo qualora questo evidenzi ipotesi di reato» (come richiesto dalla Direzione Nazionale Antimafia)”.
La questione è gravissima per due aspetti inquietanti. Il primo luogo perché il carcere non può assolutamente diventare un settore di polizia e di intelligence: la nostra Costituzione dice ben altro. In secondo luogo c’è l’evidenza che l’accordo tra i servizi segreti e il Dap non brilli per limpidezza. Lo stesso Favia, vicepresidente dell’attuale commissione antimafia, si domanda: “Quale funzione hanno avuto i servizi in questi anni? Indurre alla collaborazione i detenuti al 41 bis? Intercettare comunicazioni verso l’esterno?”
Domande che meriterebbero risposta, e alle quali se ne possono aggiungere altre. Ad esempio il ruolo della magistratura inquirente in tutto questo. Ancora una volta lo definiamo come un “corpo estraneo” allo Stato? Teniamo presente che gli ideatori di questa rete di Intelligence sarebbero i due magistrati e non dimentichiamo le denunce di Cossiga quando decise di togliersi qualche sassolino dalle scarpe: che possano esistere rapporti diretti tra alcuni magistrati e membri dei servizi segreti e che questi ultimi si trasformino in informatori dei primi.
Si apprende dall’Ansa che qualche giorno fa era stato sentito, in audizione della commissione Antimafia, l’attuale capo dei servizi segreti Arturo Esposito: avrebbe dichiarato che nel 2005 e nel 2006 il Sid ha svolto due operazioni – chiamate “Farfalla” e “Rientro” – che avevano come obiettivo l’accesso a detenuti sottoposti al 41 bis. Nel 2007, sempre secondo Esposito, le operazioni sarebbero state chiuse e c’è in corso un’inchiesta della magistratura su eventuali procedure illegali seguite.
Ma la farfalla, una volta liberata, difficilmente potrebbe essere fermata e magari ancora oggi continua a svolazzare all’interno dei penitenziari, entrare nelle celle di massima sicurezza, volteggiare nei cortili della socialità e posarsi dolcemente sui detenuti “speciali”. Potrebbe, magari, essersi posata sulla spalla di Roberto Lorusso, boss della Sacra corona unita e detenuto al 41Bis. Conosciuto per essere stato lo “sfogatoio” di Totò Riina durante l’ora d’aria e che tutti noi abbiamo appreso attraverso le intercettazioni pubblicate dai giornali e annunciate dalla tv. Violante stesso ha espresso forte perplessità e dubbi a dir poco inquietanti: “Qual era la missione di Lorusso? Mafia e potere pubblico si sono sempre reciprocamente manipolate nella storia. Ma oggi chi manipola chi? Si è usato Riina per lanciare un messaggio o Riina per la stessa ragione ha usato se stesso?”.
Se ipotizzassimo che la “farfalla” si sia posata su Lorusso, credo che sia inevitabile dedurre quale sia lo scopo. Abbiamo un apparato dello Stato che dall’interno vuole delegittimare l’istituzione stessa. E come sappiamo lo scopo non può essere mica progressista, rivoluzionario o libertario: ma eversivo. I messaggi di Riina hanno rafforzato la credibilità dell’attuale Processo sulla Trattativa (stava facendo acqua da tutte le parti), hanno ulteriormente sporcato l’attuale Presidente Napolitano (così i grillini, magari, si sentiranno ancora più legittimati a definirlo “boia mafioso”) e intorbidito ancora di più l’attuale crisi politica ed istituzionale: in queste fasi di crisi organica può accadere di tutto e sappiamo che nella storia intervengono sempre le forze reazionarie.
Ma la farfalla si posa ovunque ci sia la necessità di operare e ad esempio potrebbe volteggiare anche nelle carcere normali. Potrebbe essere entrata nel carcere di Sollicciano, anno 2008, nella cella dove era stato rinchiuso un giovane ragazzo di 26 anni: Niki Aprile Gatti. Fu coinvolto in un’inchiesta denominata “Operazione Premium” portata avanti dalla Procura di Firenze. Tra tutti gli arrestati, l’unico che voleva parlare era lui: fu arrestato preventivamente e dopo nemmeno tre giorni fu ritrovato impiccato nel bagno della sua cella. Morto da innocente, senza aver avuto la possibilità di difendersi in un processo. Nonostante le numerosi contraddizioni delle testimonianza dei detenuti e delle guardie carcerarie, per la magistratura Niki si era ucciso. Punto e basta.
Eppure la magistratura inquirente aveva intravisto che dietro una semplice truffa telefonica (l’operazione giudiziaria era partita dalle denunce di alcuni truffati) c’era la criminalità organizzata, grandi compagnie telefoniche e rete di società off shore londinesi con l’aiuto di personaggi inquietanti. Ma non ha fatto nulla: ha messo in carcerazione preventiva un giovane ragazzo e lo ha lasciato solo, in trappola. L’operazione Premium è finita con un nulla di fatto, probabilmente archiviata, e i pezzi grossi coinvolti continuano a fare i loro affari di sempre. L’unico “risultato” ottenuto dalla Procura di Firenze è stata la morte, per noi omicidio, di Niki Aprile Gatti: chissà la “farfalla” dove si sarà posata quel tragico giorno.
Articolo pubblicato anche su "Gli Altri".
Foto: Christian Senger/Flickr
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